«Macché record, troppi catastrofismi senza senso»
Il meteo con le stellette. Con l’autorevolezza delle previsioni dell’Aeronautica militare. Niente eccessi, niente svolazzi, niente citazioni di fantasia. Quando il tenente colonnello Guido Guidi spunta sui canali della Rai per dirci che tempo ha fatto e che tempo farà ci si può fidare. La meteorologia è materia complessa, perciò conviene seguire formule e registrazioni verificate per rendere comprensibili le tante variabili in campo. Fin da ragazzo, Guidi ha desiderato fare il meteorologo, ha partecipato a una spedizione in Antartide, collabora con il sito Climatemonitor.it. Questa intervista è stata autorizzata dallo Stato maggiore dell’Aeronautica militare.
Tenente colonnello Guidi, siamo nell’estate più calda della storia dell’umanità come si legge da più parti?
«La risposta è no. Se prendiamo in considerazione l’andamento delle temperature nei secoli in una zona piccola come la nostra è oggettivamente impossibile dire una cosa del genere».
Però ogni settimana c’è un nuovo record di caldo e si leggono bollettini di morte dovuti all’aumento delle temperature.
«Record è un vocabolo che deriva da registrare. Nel nostro caso, la registrazione riguarda le temperature in un luogo preciso realizzate con tecniche parametrabili nel tempo. Se modifiche ci sono state, anche nella morfologia del territorio, devono essere documentate e tenute presente per rendere solide e affidabili le serie storiche di cui ci serviamo. Fatta questa premessa, negli ultimi decenni si registra un aumento della temperatura media della superficie del pianeta. Ma i record veri sono rari e infrequenti».
Nel mese di giugno ci lamentavamo per le troppe piogge e il troppo fresco.
«Questo ci fa comprendere quanto sia complesso il sistema climatico. Nell’Europa del Sud i mesi di maggio e giugno sono stati piovosi e relativamente più freschi degli ultimi anni, ma mediamente più caldi rispetto agli ultimi decenni. A inizio luglio siamo entrati in una fase calda importante. Questa evoluzione descrive una stagione molto diversa dall’estate 2022, in cui si è registrata una persistenza delle onde di calore da maggio a settembre».
Che cosa vuol dire?
«Che nessun anno è uguale all’altro e che ogni stagione registra fasi più fresche e più calde che ne diversificano il clima. Invece il trend di lungo periodo si misura in un arco di almeno trent’anni. Un aumento di temperature non impedisce trend di raffreddamento e un aumento di piovosità o umidità non impedisce fasi calde».
Che studi ha fatto per diventare meteorologo?
«Sono entrato in Aeronautica a vent’anni e ho acquisito le competenze in meteorologia all’interno delle Forze armate».
Perché le evoluzioni del tempo sono diventate la sua professione?
«Sono un componente dell’Aeronautica di terza generazione. Sia mio padre che mio nonno facevano parte della Forza armata. Ho sempre avuto la passione per la meteorologia, già a 13 anni ho partecipato a un corso promosso dall’Aeronautica. Mi sono arruolato con lo scopo di esercitare la professione di meteorologo».
È cresciuto alla scuola di qualche maestro?
«Dovrei fare tanti nomi, non uno solo».
Se le dico Edmondo Bernacca e Mario Giuliacci?
«Bernacca esercitava prima che mi arruolassi, Giuliacci lasciò l’Aeronautica che io ero ancora acerbo».
Immaginava che il tempo potesse diventare terreno di scontro politico e culturale?
«Oggettivamente no. La società nella quale viviamo è sempre stata condizionata dall’evoluzione del tempo, pensiamo agli effetti sull’agricoltura e i raccolti. Oggi ce ne accorgiamo di più perché ogni aspetto della vita ne è pervaso. Un giorno di maltempo in una grande città modifica il traffico. Una stagione positiva o negativa ha impatto sul turismo. Lo sviluppo delle energie rinnovabili condiziona i mercati».
«Bolla di fuoco sul Mediterraneo», «Anticiclone Caronte», «Caldo record, pianeta in ginocchio»: c’è troppo allarmismo nell’informazione sul clima?
«Ci sono iperboli spesso prive di significato. L’evoluzione climatica è raccontata con un’accezione tutta mediatica e per certi aspetti speculativa».
Cosa vuol dire?
«Accentuare i toni è mediaticamente pagante. Ma sono toni che noi come Aeronautica militare disconosciamo. Ci sono i termini per definire le cose ed è sufficiente usare quelli».
Per esempio?
«Adesso stiamo attraversando una fase che si definisce onda di calore. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale c’è un’onda di calore quando si registrano temperature massime oltre 35° per più di sei giorni. Non c’è un altro modo di definirla. È così per tutti i servizi meteorologici del mondo. Non c’è nessuna ragione per usare altre terminologie».
Però c’è il mestiere dei giornalisti.
«Nulla in contrario. Ma se lei lo chiede a me, a un altro membro dell’Aeronautica o a un altro meteorologo di professione, per definire questi eventi tutti useremo l’espressione onda di calore e non altri termini. Meno che mai biblici o mutuati dalla letteratura».
Concorda con chi dice che siamo di fronte a forme di meteo-terrorismo?
«Sono forme d’imprecisione ingiustificata. Ci sono le parole per definire questi fenomeni. Le ragioni per cui si vogliono usarne altre non le conosco. Esiste un programma che coinvolge tutti i servizi meteorologici europei che si chiama “Storm naming”, denominazione delle tempeste. In base a questo programma, secondo regole precise, quando ci sono previsioni di eventi molto intensi come le tempeste, assegniamo un nome proprio e quel nome viene utilizzato in tutte le comunicazioni concernenti quell’evento. In questo programma non è previsto che si assegnino nomi alle onde di calore».
Perché?
«Non sono ritenute eventi con requisiti per una denominazione specifica. Basta definirli appunto onde di calore».
E Caronte e Lucifero?
«Sono termini che non provengono da fonti d’informazione istituzionali come l’Aeronautica o la Protezione civile».
Qualche giorno fa un quotidiano ha titolato: «Afa, allarme globale: nel sud Europa il clima del Sahara». È possibile?
«Non concordo. Nel Mediterraneo le onde di calore stanno aumentando come frequenza e durata. Ma il Sahara è il Sahara e il Mediterraneo è il Mediterraneo. Sicuramente non ci siamo ancora scambiati il clima».
Nell’autunno scorso un importante articolo del New York Times, da lei ripreso sul sito Climatemonitor.it, aveva smontato le tesi catastrofiste, poi cos’è successo?
«Si va nella direzione di quello che stiamo dicendo. Ovvero: è giusto prestare attenzione a questa evoluzione, senza esacerbare l’informazione con approcci millenaristici o catastrofisti controproducenti».
Riguardo a cosa?
«La spettacolarizzazione mediatica relativa a eventi tutti uguali che si ripetono rischia di annullare o relativizzare l’informazione stessa. Tutte catastrofi, nessuna catastrofe. Invece, il riscaldamento globale va affrontato con molta serietà».
La causa principale è l’uomo?
«Questo è quanto risulta allo stato dell’arte della ricerca scientifica che, però, è sempre in divenire. La maggior parte degli studiosi attribuisce del tutto o quasi del tutto il riscaldamento globale a cause antropiche. Ma questo dato può consolidarsi o ridimensionarsi nel tempo perché così funziona la scienza».
Come incide nell’aumento delle temperature il ritorno del Niño?
«Anche questo fenomeno evidenzia la complessità del sistema. L’aumento ciclico delle temperature dell’Oceano Pacifico intertropicale riguarda un’area molto vasta del globo che produce un passaggio di calore tra le acque, l’atmosfera e la superficie del pianeta. È un aumento delle temperature compensato dal fenomeno opposto della Niña, che ciclicamente produce una fase di mitigazione».
I geologi che hanno una prospettiva plurisecolare dicono che i cicli del clima si sviluppano in un arco di 400 anni.
«La geologia ha una prospettiva storica diversa dalla meteorologia e dalla climatologia. Non conosco questa ciclicità di quattro secoli. La storia del pianeta ha cicli anche millenari che possono coesistere per esempio con quelli del Niño che, invece, ha periodicità di qualche anno».
Secondo questi rilevamenti il Medioevo è stato molto caldo, poi si è verificato un calo delle temperature fino al 1680 quando hanno ripreso a innalzarsi, ben prima della Rivoluzione industriale e delle emissioni di Co2.
«Senza confermare né smentire queste ciclicità, nulla esclude che a un certo punto si sia aggiunto un contributo importante di natura antropica. Le diverse cause possono sommarsi».
Si potrebbe pensare che i meteorologi, che hanno una prospettiva più breve, siano più allarmisti. Invece lei, Mario Giuliacci e Paolo Sottocorona siete più pragmatici di quanto sia la narrazione prevalente?
«I meteorologi hanno un approccio pragmatico perché vedono quotidianamente la complessità del sistema previsionale. Questo ci rende più prudenti nel descrivere i fenomeni reali».
Nei tg rimbalzano continuamente espressioni come riscaldamento globale, emergenza climatica…
«In questo caso non ci troviamo nella meteorologia, ma nella sociologia. Come si diceva, quando tutto viene dipinto come anormale più nulla lo è. L’onda di calore di questi giorni è stata un fenomeno importante, ma non inedito. Un evento che andava comunicato con toni oggettivi, non con i toni dell’apocalisse, sul ricorso ai quali non mi pronuncio».
Cosa pensa del fatto che qualche politico, in base al dibattito di questi giorni, vuole proporre il reato di negazionismo climatico?
«I reati fanno riferimento a valutazioni oggettive, la scienza procede per confutazioni e verifiche. Quindi non mi sembra un ambito nel quale si possano introdurre elementi di natura penale».
L’Organizzazione metereologica mondiale è un ente affidabile?
«Assolutamente sì. È un ente emanazione delle Nazioni unite. Vi partecipano tutti i servizi meteorologici dei Paesi membri. Il capo del Servizio meteorologico dell’Aeronautica militare è rappresentante permanente nell’Omm, la collaborazione è totale».
Perché il presidente dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), anch’essa emanazione delle Nazioni unite, è un economista, il sudcoreano Hoesung Lee?
«Perché i temi climatici non riguardano solo la scienza del clima, ma anche quello dello sviluppo, i temi energetici ed economici. Quindi, ci sta che a presiedere un ente così non sia necessariamente un climatologo».
Personalmente, come si difende dall’onda di calore?
«Fa caldo, ma è luglio: se posso vado al mare. Non ho adottato contromisure di particolare significato meteorologico».
La Verità, 22 luglio 2023