Nella Sicilia dell’Ottocento più leonesse che leoni
Bisognava sfrondare parecchio la lussureggiante trama dei Leoni di Sicilia di Stefania Auci per trasformarlo (dopo il passaggio in streaming su Disney+) in una serie per il grande pubblico di Rai 1 (otto episodi in quattro serate, la prima ha conquistato uno share del 15,2%, con 2,5 milioni di telespettatori). Il regista Paolo Genovese ha semplificato il racconto centrandolo sui due fratelli Florio, la famiglia siciliana che, dopo il terremoto del 1802 a Bagnara calabra, migra a Palermo diventando in un decennio la più potente dell’isola. Il dispotico Paolo (Vinicio Marchioni) impone il cambiamento radicale al mite fratello Ignazio (Paolo Briguglia) e a Giuseppina, la propria recalcitrante moglie (Ester Pantano), che l’ha sposato solo per obbedienza. Il progetto è aprire una grande drogheria, ma il terzetto trova ad accoglierli una città inospitale e l’ostilità dei commercianti locali. Poco alla volta, però, investendo sul ricercatissimo cortice, un estratto efficace nel contrasto all’epidemia di febbre che affligge la popolazione, i fratelli cominciano a imporsi suscitando le invidie dei potenti. Sono pur sempre dei mercanti e i signori dell’aristocrazia, sebbene in declino, non mancano di sottolinearne le umili origini. Anche Giuseppina non aiuta a rasserenare il clima, cercando aiuto per abortire il secondogenito in arrivo, salvo ripensarci all’ultimo, prima di perderlo in seguito a un litigio con Paolo. Il quale, colpito da tubercolosi, poco dopo muore, lasciando alla cura del fratello minore sia il negozio che la crescita dell’unico figlio Vincenzo (Michele Riondino). Ma soprattutto lascia via libera al sentimento, finora tenuto a freno, che lega la moglie e il fratello stesso. Intanto, frequentando un commerciante inglese (Guy Oliver Watts), Vincenzo dà corpo alle sue ambizioni. Respinto dalla madre di una contessina proprio a causa della mancanza di blasone, Vincenzo incontra la misteriosa Giulia (Miriam Leone). La saga dei Florio deve ancora fare i conti con il destino.
Ricostruita con i colori caldi dell’epoca, una cura minuziosa dei costumi e delle scenografie e accompagnata da una colonna sonora di musica contemporanea (dai Muse a Laura Pausini), la versione dei Leoni di Sicilia di Genovese e degli sceneggiatori Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo concede allo spirito indipendente delle figure femminili il primo piano rispetto al conflitto di classe tra aristocrazia terriera e ceti popolari dei mercanti, dando a tutta la storia una sfumatura protofemminista.
La Verità, 12 settembre 2024