In «Tutto può succedere» una famiglia italiana

C’è una serie trasmessa un po’ in sordina da Rai 1 sulla quale val la pena soffermarsi per tre buone ragioni. La prima è che, salvo qualche show estivo-balneare, si tratta dell’unico prodotto non in replica messo in campo in queste settimane da Rai 1. La seconda è che, come documentano gli ascolti, è una valida alternativa al palinsesto unico dei Mondiali di calcio. L’ultima, e forse più importante ragione, è che rappresenta un’eccezione alla narrazione proposta dagli autori più gettonati (Una grande famiglia, Romanzo famigliare), secondo i quali la famiglia italiana è sempre più politicamente corretta. La serie s’intitola Tutto può succedere, è giunta alla terza stagione sebbene già dopo la prima se ne ventilava la chiusura, è prodotta da Cattleya ed è diretta da Lucio Pellegrini e Alessandro Casale (lunedì, ore 21.30, share sopra il 15%).

Protagonisti della storia sono i Ferraro, esuberante clan che vive alle porte di Roma. L’incursione dei ladri nella casa patriarcale dove vivono i nonni Ettore (Giorgio Colangeli) ed Emma (Licia Maglietta), dove sono cresciuti i quattro figli e tuttora ci si ritrova per grandi tavolate, ha minato la serenità di Emma che persegue di nascosto il progetto di cambiare casa. A scoprirlo è il figlio minore Carlo (Alessandro Tiberi) che, coalizzandosi con la sorella Sara (Maya Sansa), organizza l’opposizione. Il primogenito Alessandro (Pietro Sermonti), invece, lui così abituato ad «aggiustare le persone», è distratto dalla responsabilità dell’azienda che ha preso in mano su richiesta del fidanzato della figlia rimasto orfano, e finisce per trascurare la moglie Cristina (Camilla Filippi). Anche il matrimonio tra la secondogenita Giulia (Ana Caterina Morariu) e Luca (Fabio Ghidoni) è in pericolo… Infine ci sono i nipoti Ambra (Matilda De Angelis), Federica (Benedetta Porcaroli), Denis (Tobia De Angelis) e Max (Roberto Nocchi) che cercano di trovare ognuno la propria strada tra i primi amori e le prime intuizioni su cosa fare da grandi. Se le onde dei sentimenti e della quotidianità mettono sull’altalena i cuori e le giornate di tutti, alla fine c’è sempre quella tavolata capace di metabolizzare gli avvenimenti.

Ispirata all’americana Parenthood, Tutto può succedere non avrà l’ambizione di rivoluzionare il linguaggio della serialità moderna né, per una volta, l’obiettivo di anticipare la famiglia al tempo del gender, ma di sicuro ha il merito di fotografare con grazia lo spirito della famiglia italiana contemporanea, con le sue caotiche e fantasiose risorse di schiettezza e umanità.

La Verità, 27 giugno 2018