Baudo, l’uomo maggioranza chiamato televisione
L’altra sera, quando è arrivata la notizia della morte di Pippo Baudo, la programmazione di Rai 1 è stata doverosamente rivoluzionata. Mentre giungevano i messaggi di cordoglio di Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, Giorgia Cardinaletti ha preso le redini dell’edizione straordinaria del Tg1 e, con la successiva versione extralarge di Techetechetè, ha dato corpo a una lunga, interminabile, sfilata di amarcord di grandi firme dello spettacolo. Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo detto Pippo, da Militello, Catania, figlio unico di Giovanni, avvocato, e Enza, casalinga, è stato il più influente uomo della televisione italiana. Presentatore, conduttore, autore, regista sul palco dei programmi e degli eventi di cui era indiscusso mattatore. Ancora e soprattutto: grande scopritore di talenti. Creatore di carriere. Dispensatore di consigli per sfondare a generazioni di attori, comici, presentatori, showgirl e soubrette, spalle e comprimari. Un impresario, come si diceva una volta, in servizio permanente effettivo. Al punto che anche negli ultimi anni, quando si sentiva in forze prima che la malattia lo piegasse, lo si sapeva amareggiato perché non aveva la possibilità di realizzare le idee che ancora lo animavano.
Rai, madre e matrigna? Rai, unico grande amore. Passioni e amarezze a parte, nelle ore successive alla scomparsa, televisione e giornali si sono trasformati in un unico, gigantesco, «techetechetè». Un diario della nostalgia. Un almanacco della memoria. Le carriere di Lorella Cuccarini, Heather Parisi, Beppe Grillo, Anna Marchesini Tullio Solenghi Massimo Lopez, Milly Carlucci, Bianca Guaccero, Carlo Conti, Laura Pausini, Giorgia, e chissà quanti se ne dimenticano, sono l’album di famiglia della tv italiana. Persino Barbara D’Urso, una vita in Fininvest-Mediaset cominciando da TeleMilano, ha voluto iscriversi alla lunga lista citando il suo esordio in Rai nel 1980. Solo Rosario Fiorello, respinto a un primo provino, smentisce come un’eccezione la regola aurea dell’essere stati scoperti da Superpippo. Primo errore, nessuno è perfetto.
Pippo Baudo è stato un grande costruttore di programmi che, grazie alla cura e alla professionalità, diventavano evento in tempi in cui la parola non esisteva o non era ingiustificatamente inflazionata come oggi. Con lui, il sabato sera era un evento abituale. Per gli ospiti, per le invenzioni, per l’idea di indossare lo smoking e farlo indossare virtualmente anche al telespettatore dell’Italia di fine Novecento. Canzonissima e Fantastico, poi 13 edizioni di Domenica in come 13 sono i Festival di Sanremo, solo per citare i più importanti (ma ce ne sarebbero decine di significativi, dal primissimo Settevoci, estratto dal cassetto solo per tappare un buco di palinsesto e poi divenuto un successo a dispetto della bocciatura dei vertici, a Novecento, trasmesso su Rai 3).
Un uomo chiamato televisione. Più di Mike Bongiorno, un gigante anche lui ma forse meno presenzialista; più di Raimondo Vianello, raffinato gentiluomo dotato di eccelsa ironia; più di Corrado Mantoni, campione di eleganza e professionalità, Baudo ha talmente segnato la storia del piccolo schermo italiano da far dire che c’è una televisione con lui e una senza di lui. Quello spilungone intraprendente e magniloquente incarnava il buon senso comune, la medietà, il saper essere di famiglia con tutti. Rassicurante e moderno, conservatore e innovatore, protagonista e accentratore, direttore d’orchestra abile a concedere il giusto spazio ai solisti di cui si circondava. Un modo di essere, di stare, di catalizzare che è diventato il baudismo.
Da sempre democristiano, i suoi referenti sono Ciriaco De Mita e Giulio Andreotti. Soprattutto il primo, contemporaneamente capo del governo e segretario dc. Avellinese, come avellinese e democristiano è Biagio Agnes, potentissimo direttore generale in Viale Mazzini. Pippo Baudo è «il centro; culturale, politico, sociale», scrive di lui Edmondo Berselli. È il baricentro della Rai. In grado, in certi momenti, di reggere quasi da solo l’urto della concorrenza della tv commerciale. È «l’uomo maggioranza», quando le minoranze sono ancora tali. Oltre la sua, c’è la televisione alternativa. Quella di Renzo Arbore (anche se L’altra domenica va in onda su Rai 2 durante la Domenica in di Corrado), con Indietro tutta e Quelli della notte. E quella di Fabio Fazio (che con lui non ha mai lavorato). Ma siamo ancora nell’ambito di un pluralismo rispettoso. Violato da un eccesso di Beppe Grillo nel Fantastico del 1986, proprio mentre ascende la stella di Bettino Craxi. Commentando il viaggio della delegazione Psi in Cina, il comico spara: «Ma se lì sono tutti socialisti a chi rubano?». L’orizzonte si annuvola: accusato dal presidente Enrico Manca di mettere in scena uno spettacolo «nazionalpopolare», Baudo capisce che l’aria è cambiata. Maestro nel togliere il campione in forza all’avversario, Silvio Berlusconi lo seduce con un contratto da 50 miliardi di lire in cinque anni e il ruolo di direttore artistico delle sue reti. Secondo errore, il Biscione non è casa sua. Antonio Ricci e Maurizio Costanzo certo non si sperticano per farlo sentire a suo agio. Dura un anno, fin quando concorda con il Cavaliere l’interruzione anticipata del rapporto. L’esosa penale è la palazzina al Circo Massimo di Roma, dove verrà sistemata la redazione del Tg5 (Berlusconi aveva previsto tutto). Ritorna all’ovile e dopo un breve purgatorio su Rai 2, riparte dalla rete ammiraglia. Prima Fantastico e poi un altro Sanremo, dove deve fermare «Cavallo pazzo» (Mario Appignani) che minaccia di gettarsi dalla galleria dell’Ariston. Seguono alti e bassi, un Festival che non convince, il coinvolgimento in un’inchiesta sulle telepromozioni e, nel 1997, un’altra breve e infelice fuga a Mediaset. Recidivo. Dopo un paio di flop, torna alla casa madre. Conduce Giorno dopo giorno, un programma sui fatti del ventesimo secolo del pomeriggio di Rai 3. È il 2000 e il successo lo spinge in prima serata e poi addirittura su Rai 1, con il nuovo titolo di Novecento. È l’ultima, sorridente, rivincita. Farà ancora un paio di Festival, quello con Piero Chiambretti non sarà un successo. L’Italia è cambiata anche per l’uomo maggioranza. Ora le minoranze sconfinano e vogliono dettare i codici del bon ton di tutti. Nella primavera del 2021, quando imperversa la campagna per il ddl Zan e al Concertone del Primo maggio Fedez accusa di omofobia alcuni politici, Baudo dichiara che, se avesse condotto lui, avrebbe spento le telecamere.
I funerali si celebreranno mercoledì a Militello. Ieri molti artisti e volti noti, da Maria De Filippi a Beppe Grillo a Lorella Cuccarini, hanno sfilato al Campus Biomedico di Roma, dov’è morto. Lui aveva già salutato tutti. Sabato, in prima serata.
La Verità, 18 agosto 2025
