«Invidio la capacità di fare squadra degli uomini»
Zero vacanze anche quest’anno, Nunzia De Girolamo?
«Sì, zero. Ma a me basta il fine settimana per recuperare. Il vero cruccio è stare senza mia figlia come l’estate scorsa. Perciò, le ho promesso che sarà l’ultima».
Dove sta sua figlia d’estate?
«Finita la scuola una settimana in Campania dai miei genitori, ma senza di me. Poi a Santa Severa, da dove farò avanti indietro. Poi andrà in Sardegna con il papà (Francesco Boccia, capogruppo al Senato del Pd ndr)».
Suo marito cosa dice del suo lavoro estivo?
«Niente. Lui è uno stakanovista, dopo una settimana di vacanza si sente già in colpa».
Nella vostra famiglia vige il patriarcato o il matriarcato?
«Sarei un’ipocrita se dicessi il patriarcato. Vengo da una famiglia matriarcale da generazioni».
E la sua attuale com’è?
«Abbastanza matriarcale. È un fatto che dipende dalla cultura nella quale si è cresciuti. Mia madre era una figura forte, come era fortissima quella di Francesco».
Mi fa un telegramma sull’esperienza di Avanti popolo?
«È stata molto formativa. Per la prima volta ho condotto per tre ore da sola affrontando temi delicatissimi. La prima puntata è coincisa con l’inizio della guerra in Medio Oriente. Poi mi sono occupata di femminicidi, di dipendenze, di politica… Ho imparato che nella vita bisogna preservarsi e dire di no quando si sente che un’idea non è giusta per te. Mi sono trovata di nuovo in una bufera mediatica come quando ero in politica».
Come si gestisce una bufera mediatica?
«Proprio perché mi ci ero già trovata la temevo. Sapevo che il momento storico mi avrebbe esposto a poca clemenza. Ma io non so fingere, non basta dire scialla! come si fa a Roma. Sono stati mesi di pressione che ho iniziato a smaltire una volta tornata al mio pubblico con Ciao maschio».
Che cosa l’ha ferita di più?
«L’attacco subito per l’intervista ad Asia, la ragazza di 19 anni violentata a Palermo da sette coetanei. Mi sono sempre battuta contro la violenza sessuale e in favore delle donne. Ho trovato molto ingiuste le accuse di scarsa sensibilità sapendo che ci avevo messo il cuore di donna e di madre. Continuo tuttora a sentire Asia, una ragazza fragile e abbandonata».
La morale è che una rete e un pubblico come quello di Rai 3 non si modellano a tavolino?
«Lo conferma il fatto che coloro che sono venuti dopo di me, professionisti ottimi ed esperti, non hanno ribaltato il risultato contro una concorrenza radicata».
Con la quarta stagione di Ciao maschio si è presa una rivincita?
«Sì. E, in un certo senso, ho avuto la conferma che non fosse solo mia responsabilità l’insuccesso di Avanti popolo. La mia è quella di aver accettato. Ma ognuno di noi non può essere uno, qualcuno e centomila… Bisogna rimanere sé stessi, senza andare a sfidare il pubblico di Rai 3 che è molto sensibile».
Tra i tanti ospiti chi è il maschio che l’ha colpita di più?
«Sono rimasta in contatto con quasi tutti i 150 che ho intervistato. Nino D’Angelo che da tanto tempo volevo venisse, mi ha invitato a un concerto e poi a casa sua. Leo Gullotta è una persona di grande eleganza d’animo, con il quale ci scambiamo messaggi e commenti. Tra tanti difetti ho il pregio dell’ascolto. Non un ascolto di circostanza, ma di curiosità vera. Così, l’uomo è più disposto a raccontarsi».
Giorgia Meloni, Elly Schlein, Paola Cortellesi: questo è stato l’anno delle donne. Quando si allontaneranno dall’orlo della crisi di nervi, titolo di un film di quasi 40 anni fa?
«Un pregio che invidio al mondo maschile è la sua capacità di fare squadra, di fare spogliatoio. Noi non siamo capaci, una donna è quasi sempre massacrata da un’altra donna».
La sorellanza è soprattutto una parola di moda?
«Dobbiamo lavorarci parecchio. Quando facevo politica il male mi è sempre arrivato dalle donne. In televisione è ancora presto per dire da dove arriva. La crisi di nervi viene anche da un sentimento di diffidenza verso l’altra donna».
Quindi non è causata solo dai soprusi degli uomini?
«Non solo. Nella definizione dei ruoli c’è ancora da lavorare, forse le nuove generazioni sono più avanti. Nella mia persiste una netta distinzione tra l’uomo e la donna sia nella gestione della casa che della vita quotidiana. Oggi le donne lavorano e se tutto ricade sulle loro spalle la crisi di nervi è inevitabile».
Gli spot pubblicitari pullulano di mammi.
«La rappresentazione della pubblicità guarda alle nuove generazioni. Quella precedente è nata e cresciuta con le mamme tuttofare e ora si trova a confrontarsi con le donne multitasking».
Le donne in crisi di nervi e gli uomini di identità?
«Forse sì. Si devono abituare a una figura femminile molto cambiata rispetto a quella materna».
Queste crisi psicologiche sono anche figlie di un’educazione troppo molle?
«Mio nonno mi diceva sempre che la mangiatoia dev’essere alta perché se è bassa il cavallo non si abitua al sacrificio. E quando mi viziava, concedendomi quello che i miei genitori mi negavano, sottolineava che non si può iniziare a guidare con la Ferrari perché se nella vita ti tocca la Cinquecento vai in crisi».
Lei e suo marito che genitori siete?
«Metà e metà. La tentazione della mamma chioccia ce l’ho. Ma sprono sempre mia figlia e se si lamenta per l’atteggiamento sbagliato di un professore non mi schiero dalla sua parte, ma lascio che affronti la difficoltà anche di una situazione ostile».
E suo marito fa il papà amico?
«No. È un papà che ascolta, comprensivo e amorevole. Ma fa il padre».
Per il secondo anno fa coppia con Daniele Semprini a Estate in diretta su Rai 1.
«Essere affiatati non è scontato ed è una grande risorsa quando si co-conduce. Noi non abbiamo mai discusso, ci capiamo al volo in diretta. La televisione restituisce ogni piega… rispetto, complicità, empatia».
Quest’anno si è aggiunto anche Gigi Marzullo.
«A Ciao maschio ho usato alcune sue domande così, ora, è protagonista di un siparietto con gli ospiti con il suo libro Non ho capito la domanda».
Le dispiace che non ci sia stato il duello tv tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein?
«Molto, avevo già comprato i popcorn. Un peccato non aver visto il confronto tra due donne leader della destra e della sinistra. Infatti, l’avrei fatto sui social con un giornalista in diretta su Facebook o Instagram».
Chi l’avrebbe vinto?
«… La Meloni… Ha più esperienza. Anche se hanno molti tratti in comune. Le conosco entrambe, sono persone educate, leali, oneste e determinate».
Che cosa non ha fatto che dovrebbe fare il governo di Giorgia Meloni?
«La riforma della giustizia».
Ha fatto la separazione delle carriere, cosa manca?
«Va completata con la definizione, in alcuni casi, della certezza della pena e con lo snellimento di alcune procedure sia nel civile che nel penale. In generale, con interventi che riportino equilibrio tra i poteri dello Stato».
La magistratura ha troppo potere?
«Negli anni ne ha avuto tanto. Serve anche la riforma del Csm».
Con la nomina per sorteggio?
«Sarebbe una buona cosa. In questi anni il potere delle correnti e di alcune figure singole ha inciso in modo esagerato».
E l’opposizione di Elly Schlein cosa dovrebbe fare che non ha fatto?
«Dovrebbe proseguire con lo slogan con cui aveva iniziato: non mi hanno visto arrivare. Dovrebbe farlo anche dentro il Pd che è un partito radicato sul territorio e ha una forza diffusa. Ma dal giorno dopo le primarie le correnti iniziano a lavorare per distruggere la persona che hanno scelto».
I cacicchi.
«Se il risultato delle Europee glielo consentirà dovrà andare fino in fondo per cambiare davvero il partito».
Le è piaciuto C’è ancora domani di Paola Cortellesi?
«Molto. La prima a vederlo è stata mia figlia che ha 12 anni, che poi ha voluto rivederlo al cinema con me e con il papà. Guardiamo molti film e serie con lei, utilizzandoli per discure i temi che affrontano, anche quelli un po’ forti».
C’è il rischio di enfatizzare l’epoca delle nonne mettendo tra parentesi le battaglie delle mamme?
«Quel film è un manifesto, un documento storico per i nostri figli e figlie. È un film che avrei proiettato nelle scuole per mostrare un passato che non è un presente e che, comunque, non deve diventare futuro. C’è una donna che anziché scappare va a votare. È un bel messaggio, ma dobbiamo trasformare questo entusiasmo in dibattito, senza lasciarlo ai salotti».
Anche perché gruppi di presunte femministe mostrano un’intolleranza isterica come si è visto in più occasioni con il ministro Eugenia Roccella.
«Mi disturba molto l’idea che un pezzo di società detenga l’esclusiva su certi temi. È un atteggiamento che ho subito anch’io ad Avanti popolo quando ospitavo una donna che parlava di femminicidi, di violenza e patriarcato. Era uno spazio mal tollerato, come se solo alcuni fossero deputati a parlare di questi argomenti. Credo che il confronto con persone che la pensano diversamente arricchisca sempre. Nei giorni scorsi ho comprato due libri: Una famiglia radicale di Eugenia Roccella e Triste tigre di Neige Sinno, su una storia di violenza sessuale».
Sul caso Scurati si sarebbe comportata come Serena Bortone, sua collega del sabato sera di Rai 3?
«No. Non avrei fatto il post su Instagram. Forse avrei fatto un casino con i vertici, ma non quel post pubblico. Lo dico da amica di Serena».
In casa come avete vissuto la campagna elettorale?
«Francesco da una settimana è in giro per l’Italia. In Rai ho visto Giuseppe Conte, Elly Schlein e Giorgia Meloni, perché il nostro studio è accanto a quello di Bruno Vespa e quando io finisco lui inizia a registrare Porta a porta».
Un dettaglio rivelatore?
«No, sono tre abili comunicatori. Ho visto la frenesia e la cautela degli ultimi giorni».
In casa sua una cerca di convincere l’altro? Litigate?
«No, mai. Evitiamo igienicamente di discutere di politica perché abbiamo opinioni opposte. In questi giorni ha scritto in una chat di amici che lo diverte il fatto che molte donne di sinistra gli chiedono di me: <Perché non ci porti anche Nunzia la prossima volta?>. Lui abbozza: <Mi sembra difficile>».
Se tornasse alla vita politica che idea proporrebbe per l’Europa?
«Più Europa».
È il nome di un partito.
«Ci vorrebbero più condivisione e più progettualità e meno egoismi».
L’Europa che vediamo oggi è fatta soprattutto di veti e vincoli.
«Dovrebbe essere un’Europa diversa, non un’entità che aggiunge rigidità a un Paese già afflitto dalla burocrazia. Per questo parlo di condivisione e progettualità».
La Verità, 8 giugno 2024