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Sky conferma gli show e tenta di rinnovare le serie

La presentazione dei palinsesti di Sky Italia che alcuni, nell’italiese di una piattaforma globale che si rispetti, chiamano Upfront, è una carrellata di titoli alternata a veloci «clipponi» che fanno capire ciò di cui si parla. Sul palco del cinema Barberini di Roma sale Antonella D’Errico, executive vice president programming che definisce Sky Italia «un ecosistema produttivo» che per il 2024-25 ha investito 400 milioni, diritti sportivi esclusi. Il primo video si conclude con la certezza che «sarà una stagione perfetta» che parte dalle conferme degli show: da X-Factor a MasterChef, da Pechino-express ai vari giochi imperniati sulla gara di «quattro» (matrimoni, hotel, ristoranti eccetera). Nulla cambia perché «quando si trova un format che funziona hai trovato un tesoro che si rinnova al suo interno», assicura D’Errico. Il rinnovamento più profondo riguarda X-Factor dopo l’ultima annata un po’ così. Perciò ecco Giorgia alla conduzione («Mi piace molto condurre, mentre non saprei fare il giudice») e una giuria tutta inedita, con l’eccezione di Manuel Agnelli, composta da Paola Iezzi, Achille Lauro in giacca e cravatta, e Jack La Furia, il meno costruito del quartetto, con finale il 5 dicembre in piazza del Plebiscito a Napoli. Altro fiore all’occhiello, visibile sia in pay-tv che su Tv8, è GialappaShow, fucina di talenti comici che rinverdisce i fasti di Maidiregol e dei successivi spin-off.

Le nuove produzioni dei canali factual (Arte, Documentary, Nature e Crime) che sotto la direzione di Roberto Pisoni hanno registrato una crescita del 25% saranno Il caso Rostagno, Luciano Gaucci. Quando passa l’uragano, Marmolada. Madre roccia, Chem sex. La droga dello stupro.
Ma lo sforzo maggiore è concentrato sulle serie, nel tentativo di consolidare l’identità delle produzioni original e di allargare la proposta a un pubblico più «generalista». In questa direzione vanno titoli come Hanno ucciso l’uomo ragno. La leggendaria storia degli 883 e Piedone, con Salvatore Esposito che, affiancato da Silvia D’Amico, lascia il lato oscuro di Gomorra per richiamare quello più pop del commissario Rizzo di Bud Spencer. La «quota impegno» invece è assolta da M. Il figlio del secolo con Luca Marinelli, tratto dal romanzo di Antonio Scurati, che ancora non si sa se verrà presentato alla Mostra di Venezia. «Chiedete a loro, la conferenza stampa sarà tra pochi giorni», butta lì Nils Hartman, executive vice president Sky Studios, forse per tenere bassa l’attesa. Che c’è anche per le già annunciate L’arte della gioia di Valeria Golino, Dostoevskij dei fratelli D’Innocenzo e per la terza stagione di Petra con Paola Cortellesi, reduce dall’exploit di C’è ancora domani (produzione Vision) che, presentata come una di famiglia, ha mandato un video dal set. Altra novità sarà Il giorno dello sciacallo, ispirata al thriller di Frederick Forsyth già divenuto film di successo, mentre di Rosa elettrica, «thriller on the road relazionale» con Maria Chiara Giannetta, e di Ligas, con Luca Argentero nei panni di un controverso e geniale penalista milanese, stanno per iniziare le riprese.

 

La Verità, 21 giugno 2024

«Noi donne impariamo dai maschi a fare squadra»

Dove si trova, Diletta Leotta?

«A casa mia, a Catania. Circondata da nipotini, fratelli e sorelle».

Famiglia numerosa.

«Molto. E cresce ogni anno. C’è sempre un nuovo nipotino in arrivo. Siamo a quota sette, i miei fratelli si danno parecchio da fare».

E sono numerosi.

«Tre sorelle e un fratello. Io sono la più piccola, ma tra meno di un mese compirò trent’anni».

Quando sarà?

«Il 16 agosto, sotto il segno del Leone».

Da Capri alla Turchia, da Roma, per Top dieci su Rai 1, a Milano, dalla Sardegna a Catania, quest’estate ha girato come una trottola.

«E prima ho girato tanto per gli stadi, nonostante le restrizioni. Per questo adesso mi fermerò un po’. Anche per prepararmi alla ripresa del campionato».

Ha fatto il vaccino?

«Venerdì farò la prima dose e la seconda subito dopo il compleanno. Appena avrò il green pass mi sentirò più tranquilla negli spostamenti».

Ha seguito e festeggiato le imprese della Nazionale?

«Certo, ho molto festeggiato. Ho girato anche un video durante i rigori, ma non è pubblicabile».

Perché?

«Perché è molto colorito e caldo».

Cosa vuol dire caldo?

«È un video molto sentito, eravamo tutti piuttosto in ansia».

Seguiva un rito per la visione delle partite?

«Con il mio manager Umberto Chiaramonte avevamo allestito un gruppo di ascolto, forse meglio dire una curva di tifosi. Ci trovavamo a casa sua, giropizza e birra, ed è sempre andata bene. Per la finale, però, lui non c’era e ci siamo trasferiti da me. Quando ho acceso la tv aveva appena segnato l’Inghilterra: vuoi vedere che… Invece poi anche casa mia ha portato bene».

Adesso seguirà le Olimpiadi?

«Altroché. Una delle mie migliori amiche è Rossella Fiamingo, argento nella spada a Rio de Janeiro. Gareggerà all’una e mezza di notte ora italiana. Ma anche per lei è pronto un altro gruppo di ascolto».

È sua conterranea, se non sbaglio.

«È catanese ed è anche mia coetanea. Ha compiuto trent’anni prima di partire per Tokio e ci siamo ripromesse di festeggiare insieme i compleanni al suo ritorno. Speriamo anche di gioire per una medaglia, ma questo non gliel’ho detto per scaramanzia».

Oltre alla scherma seguirà qualche altra disciplina?

«Sono appassionata di tutto e tifo Italia a 360 gradi. Cercherò di non perdere le gare di nuoto, avendolo praticato per tanti anni».

Ecco spiegati i suoi tuffi perfetti di quest’estate. È contenta che Paola Egonu sarà portabandiera olimpica?

«Sì certo. Come portabandiera italiana speravo scegliessero Rossella».

Il 21 agosto ripartirà la Serie A, che anno sarà per Dazn?

«Molto impegnativo, ma abbiamo costruito una grande squadra. In tre anni, Dazn si è affermata come una realtà forte e innovativa e ora si è consolidata con i nuovi acquisti. Siamo prontissimi».

Da padrona di casa della piattaforma, qual è la differenza principale rispetto alla proposta di Sky Italia?

«Un po’ la si è vista in questi tre anni: è un modo di raccontare il calcio più veloce e più giovane, con tanti approfondimenti. Il fulcro di tutto è lo stadio. L’arma vincente di Dazn è portare il telespettatore dentro l’evento, senza troppi filtri».

Da quest’anno, con l’esclusiva di tutto il campionato ci sarà un palinsesto più completo?

«Certamente. Non ci sarà solo l’evento live. Saranno potenziati i contenuti on demand, oltre a confermare quelli che già sono andati bene finora, come Linea Diletta che è stato prorogato per tre anni. Altri se ne aggiungeranno nel corso della stagione».

Approfondimenti e talk show in diretta?

«Sia on demand che in diretta. È stato ideato un nuovo spazio, The Square, una sorta di bar spogliatoio nel quale prenderanno vita i nostri programmi, le anticipazioni e gli approfondimenti relativi a tutto ciò che avviene nella Serie A».

Che cosa faranno Marco Cattaneo e Giorgia Rossi che arrivano da Sky e Mediaset?

«Anche loro presenteranno le partite, ne abbiamo tantissime. Marco lo conosco da quando ho lavorato in Sky, è una persona meravigliosa e uno straordinario giornalista, sono felice di averlo riabbracciato. Anche Giorgia è una bravissima giornalista. Sono sicura che ci completeremo e integreremo alla perfezione».

Parlando di squadra, si arricchisce anche il parterre di commentatori e seconde voci con l’innesto di Massimo Ambrosini, Andrea Barzagli, Riccardo Montolivo e altri.

«Andranno ad aggiungersi ai veterani. Come Federico Balzaretti, Roberto Cravero, Simone Tiribocchi e tutti gli altri, che sono stati e saranno le colonne portanti del nostro racconto. È un privilegio avere grandi campioni a commentare il campionato».

Per venire da voi Barzagli ha rinunciato ad affiancare Massimiliano Allegri alla Juventus.

«Certamente ha fatto una scelta non banale. Cito Antonio Conte che in un’intervista ha detto che a un suo amico non consiglierebbe mai di fare l’allenatore, ma piuttosto il commentatore televisivo perché è una professione gratificante. Poi certo, Conte ha fatto una carriera che l’ha gratificato ancora di più. Ma a volte si preferisce qualcosa di più calmo… Anche se l’adrenalina scorre pure quando si commenta una partita».

Cosa mi può dire di Lele Adani, al quale Sky non ha rinnovato il contratto, che si dà in arrivo a Dazn?

«Non ne so nulla, in Sicilia le notizie arrivano più lente. Comunque, anche a Lele con cui avevo un ottimo rapporto a Sky, auguro tutto il meglio».

Cambieranno molto le abitudini dei telespettatori da Sky a Dazn?

«Credo che negli ultimi tempi siano già iniziate a cambiare. Dazn ha già portato diversi elementi di innovazione. All’inizio i cambiamenti fanno sempre un po’ paura. Ma ora ci siamo abituati a Netflix o a Spotify nella musica e alle altre piattaforme digitali. Sarà facile abituarsi anche nel calcio».

Se dovesse sintetizzare il principale punto di forza di Dazn cosa direbbe?

«Sottolinerei la facilità e la velocità. Cioè la possibilità di sintonizzarsi con un click e un’app. Questo spirito smart favorisce un linguaggio più immediato, in grado di rompere certe barriere. Come si è potuto vedere per esempio nelle interviste a Cristiano Ronaldo o a Francesco Totti, chiacchierate tra amici».

Ha imparato qualcosa da giornaliste sportive come Alba Parietti, Simona Ventura, Ilaria D’Amico?

«Sì, molto. Anche da altre donne di televisione. Chi fa il mio lavoro è sempre influenzato da chi lo precede. Ilaria è stata la prima a raccontare il calcio in modo diverso. Prima ancora Alba Parietti. Alcune di loro sono delle icone. Un’altra che ha influenzato il nostro lavoro è certamente Raffaella Carrà. Provo a imparare da tutte, ma poi tocca a me fare una sintesi».

C’è qualcuna in particolare cui le piacerebbe somigliare nel modo di raccontare il calcio?

«No, credo che si debba far emergere la propria personalità. Con eleganza, il sorriso e molto studio».

Quanto è importante lo studio?

«Molto, lo metto al primo posto. Senza non potrei andare in onda».

Uno studio relativo alle squadre e al calcio, o che riguarda il modo di presentarsi, la dizione?

«Tutto. Sono allenata allo studio accademico, essendomi laureata in giurisprudenza. Preparare la diretta di una partita importante è un po’ come preparare un esame universitario. Questa conoscenza permette una conduzione rilassata perché sai che anche l’imprevisto puoi gestirlo».

Qualche tempo fa si era parlato di un flirt, poi di una collaborazione professionale con Zlatan Ibrahimovic: di cosa si trattava?

«Siamo soci in BuddyFit, un’app di fitness, nata durante il lockdown. Attraverso questa app ci si può tenere sempre in allenamento, ovunque».

In un’intervista a un settimanale Giorgia Rossi ha detto che non le invidia nulla, nemmeno il fidanzato, l’attore turco Can Yaman che, in realtà, tutto l’universo femminile le invidia.

(Ride) «Non l’ho letta, ma dubito che Giorgia si sia espressa così. A volte si riportano certe frasi decontestualizzate per creare rivalità inesistenti».

Perché secondo lei alcune giornaliste sportive asseriscono che la sua carriera sia dovuta alla sua avvenenza?

(Ride ancora) «Non lo so. So invece che nelle mie giornate c’è tanto studio. Poi è chiaro che in questo mestiere anche l’estetica conta. È qualcosa a cui tengo. Ma dietro l’involucro c’è molto studio. Non si può fare un’intervista a José Mourinho senza prepararsi a fondo».

Insisto, perché alcune sue colleghe tengono a ribadire che sia stata la bellezza la molla della sua carriera?

«Bisogna chiederlo a loro. Io sono convinta che con Giorgia Rossi e Federica Zille comporremo una squadra di donne molto forte. E mi auguro che sapremo sovvertire alcune vecchie dinamiche sulla continua competizione tra donne nel mondo del lavoro. Un luogo comune nel quale ci si adagia e per il quale alla fine dovrebbe restare solo una vincitrice. Credo che non debba essere così per forza. Nel calcio e altrove più donne possono coesistere. Le donne devono imparare a fare squadra. In questo, possono imparare dagli uomini, tra i quali non ci sono rivalità così accese».

Come spiega quella fra donne?

«È un vecchio retaggio duro a morire. A me piace lanciare messaggi di squadra e di forza comune».

Le capita mai, mentre intervista uno sportivo, di accorgersi che subisce la sua presenza, il suo fascino? Cosa pensa in quel momento?

(Altra risata) «Questa è una domanda da psicologo».

È una domanda realista.

«Non mi capita, perché faccio di tutto per mettere a loro agio i miei interlocutori. Voglio far sentire tutti in un contesto amico. In un’ora di intervista devi rompere il ghiaccio e creare un’empatia. Perciò mi presento giocosa e sorridente. Credo che questo superi certi cliché».

Cosa vuol dire il titolo del suo libro Scegli di sorridere?

«È la mia filosofia di vita».

Vuol dire non alimentare le polemiche?

«Esatto».

È favorevole al ritorno del pubblico negli stadi con il green pass?

«Non vedo l’ora. È stato faticoso in questi due anni riempire quel silenzio. Aspetto di risentire presto le voci del pubblico».

Che cosa si augura per la nuova stagione di Dazn?

«Di riuscire a raccontare in modo divertente il campionato degli allenatori».

Per il ritorno contemporaneo di Allegri, Sarri e Mourinho?

«Se li immagina i titoli per il derby tra Mourinho e Sarri».

 

La Verità, 24 luglio 2021

Quei Diavoli che stanno in cima alla globalizzazione

La forza di Diavoli, la nuova serie in onda su Sky Atlantic, è nell’equilibrio. Nell’ampiezza della prospettiva e nella contemporanea capacità di tessere e mantenere tesi i fili del racconto. Tratta da I diavoli (Rizzoli) di Guido Maria Brera, un passato nel trading della finanza, un presente da scrittore e fondatore di La nave di Teseo, ben recitata da Patrick Dempsey, Alessandro Borghi, Kasia Smutniak, Lars Mikkelsen e il resto del cast, prodotta da Sky Italia e Lux Vide, in collaborazione con Orange studios e Ocs, diretta da Nick Hurran e Jan Maria Michelini (cinque episodi a testa), Diavoli ha l’ambizione di riscrivere l’estetica e il linguaggio della serialità, non solo di Sky, degli ultimi anni. Non una storia locale, seppur potente, un microcosmo emblematico che approda alla ribalta internazionale come abbiamo visto da Gomorra in poi, passando per Suburra per la produzione italiana, oppure da The Bridge a Fortitude per quella nordica, fino alla stessa Casa di carta per quella latina. Ma una vicenda che nasce proprio nel cuore della globalizzazione. Vuole rappresentarla e interpretarla. Dipanandosi tra Londra, New York e le capitali dell’alta finanza, con precise contestualizzazioni nella storia vera, l’arresto di Dominique Strauss-Kahn, la guerra libica e l’uccisione di Gheddafi, lo sprofondo della Grecia.

Siamo a Londra nel 2011 e al comando della New York London Investment Bank c’è l’ambiguo Dominic Morgan (Dempsey) che sta per scegliere il suo vice. Il candidato più accreditato è Massimo Ruggero (Borghi), talentuoso broker che ha anticipato l’evoluzione della crisi greca. Quando il suo rivale muore, apparentemente suicida, precipitando dall’ultimo piano nella hall della Nyl e i sospetti ricadono su di lui, la stella di Ruggero si offusca e l’intreccio narrativo decolla. Tutti i diavoli sono guerrieri o monaci votati al successo, con un lato oscuro. La novità della serie sta nel respiro del racconto che non perde mai compattezza tra i suoi fulcri narrativi. Il primo è il focus logistico: l’ammaliante sede della Nyl, il posto del potere, il quartier generale finanziario da dove si controlla il mondo, che ha nell’organizzazione anarchica Subterranea il suo antagonista. Il secondo è il thriller legato alle indagini sulla morte del rivale di Ruggero. Il terzo focus è quello sentimentale: le storie del cuore, che comprendono l’origine umile e il bisogno di riscatto di alcuni dei protagonisti. Tutto narrato con linguaggio internazionale, nella luce abbagliante della city. L’unico snodo che non si scioglie sono i complicati meccanismi delle borse. Ma qui siamo dalle parti dell’impossibile.

 

La Verità, 24 aprile 2020