Anche gli spot di Sinner sono da numero uno
Certi spot pubblicitari sono piccoli gioielli. Capolavori di comunicazione che si rivedono senza stancarsi. Perché il protagonista è una persona gradevole. Perché il messaggio è chiaro e leggero. Perché contengono un filo di autoironia che non guasta. E, infine, perché ci dicono qualcosa di chi li interpreta. Prendiamo la campagna promozionale per la rete wifi di un’importante piattaforma digitale: Alessandro Del Piero sembra un attore consumato. «Passa, passa…», incoraggia l’amico che balza sul pallone in cortile. Sdlang. La finestra va in frantumi. «Passa a Sky che è meglio». Stesso effetto comico per un altro episodio della serie: «Ragazzi, domani ci sono. Partitona». Suona il campanello e Alessandro apre la porta in tenuta da calcio per il match con la playstation: «Ma come vi siete vestiti?». «Ma come ti sei vestito tu?».
Gli annunci più divertenti del momento sono quelli che hanno protagonista Jannik Sinner. Una quantità spropositata che rimbalza spesso tra le sue azioni in diretta nei tornei e che possono provocare un moto di rigetto. Infatti, qualche moralista in servizio permanente ha storto il naso. In realtà, sono uno più bello dell’altro. Soprattutto perché dicono qualcosa del mondo del campione, del quale siamo curiosi. Fino a qualche settimana fa ce n’era uno che reclamizzava i servizi di un grande istituto bancario. Sulle note di Requiem for a trumpet, un bambino si accingeva a iniziare la partita di doppio con molta titubanza perché non c’era traccia del suo compagno fin quando Jannik spuntava alle sue spalle. Rinfrancato, inalberava la racchetta più grande di lui: «È bello avere quello che ti serve quando ti serve». Oppure, promuovendo il marchio di una pasta, Jannik spiega: «Il tennis è uno sport semplice, basta buttare la pallina dall’altra parte; la differenza la fa il come». Concetti all’insegna dell’understatement. Ma il messaggio che svela il tratto tipico del numero 1 è quello di un importante marca di caffè. Siamo nel backstage dello spot stesso e la pignoleria del protagonista esaspera lo staff. Si prova e riprova, «Espresso, espresso perfetto…». Jannik scioglie le spalle, improvvisando un training. «Espresso a modo mio». La regista annuisce, soddisfatta. «Buona!», annuncia un cameraman. Lui scuote la testa. «Possiamo rifarla?». La regista, nella quale ci rivediamo, allarga le braccia, estenuata. Intanto, Jannik ruota la tazzina di 15 gradi perché il marchio sia ben visibile. I dettagli fanno la differenza. Chiamatelo perfezionismo maniacale. Quello che guida il nostro campione negli allenamenti con il team e che lo ha portato in cima al mondo. Certo, Jannik, rifacciamola.
La Verità, 13 luglio 2025
