Il pubblico tv vede arrivare la Schlein… E scappa
Anche i telespettatori non l’hanno vista arrivare. Anzi sì, e sono scappati. L’ospitata di Elly Schlein a Cartabianca dell’altra sera è stata un flop su tutta linea. Come o addirittura peggio delle ultime amministrative, nelle quali la sinistra ha vinto solo dove non ha partecipato alla campagna elettorale. In televisione, «Elly Nein», come l’ha rinominata il direttore Maurizio Belpietro, fa lo stesso effetto di un break pubblicitario. Uno smottamento di ascolti. Una frana di audience. Un precipizio dello share. Come quelli delle urne – dopo i quali Schlein ha invitato i suoi detrattori tramite un video su Instagram a mettersi comodi perché lei è arrivata per restare – anche questi sono numeri incontrovertibili. Cifre inconfutabili anche a colpi di supercazzola.
Con il derby dei talk show tutto interno alla sinistra, la tenera Elly su Rai 3 e Pier Luigi Bersani su La7, la serata di martedì 6 giugno è un ulteriore colpo di maglio sull’autostima della segretaria multigender e multipassaporto. Nel segmento del programma di Bianca Berlinguer aperto dal ping pong con Mauro Corona si è registrato il picco di 1,65 milioni di telespettatori, share dell’8,4%. Ma quando è comparsa Schlein la colonnina dell’Auditel è precipitata al 5,5% con un’emorragia di mezzo milione di persone, quasi un terzo della platea, prima di inabissarsi a 950.000 ascoltatori (700.000 in meno). Insomma, un esodo. Entra lei ed esce il pubblico. Arriva Elly, fuga da Rai 3. Il dato risulta particolarmente significativo perché fotografa il comportamento di un bacino di telespettatori già orientati a sinistra.
La platea della Terza rete Rai che ascolta più volentieri lo scrittore montanaro, privo di armocromista, della leader del Pd fa venire in mente la campagna pubblicitaria di quel marchio di telefonia che invita a evitare le consulenze dei Vip – sportivi, rockstar, attori delle soap, persino una regina – e a fidarsi invece della persona comune che il prodotto in questione già lo usa. È una questione di credibilità, di attendibilità. Giusto quella che inizia a difettare alla tenera Elly da quando ha concesso la sua prima intervista a Vogue. Non tanto per l’inciampo dell’armocromista enfatizzato dai critici, quanto per la scelta stessa della testata. Se nella tua prima intervista pubblica ti rivolgi ai lettori di una patinatissima rivista di moda e design, con quale credibilità, poi, puoi parlare di salario minimo e di battaglie ugualitarie? Domande legittime che forse gli elettori e i telespettatori di riferimento cominciano a porsi. Per restare all’esibizione televisiva dell’altra sera, legittimo è anche il confronto ravvicinato con i numeri dell’intervista a Giorgia Meloni, il giorno prima ospite di Quarta Repubblica su Rete 4, che ha portato il programma di Nicola Porro dal 3,2 (del break pubblicitario) al picco dell’8,9% di share. Insomma, il percorso contrario.
Per quanto si sforzi, e rafforzi il suo burocratese con quella mimica manuale molto convessa, la neosegretaria dem non riesce a bucare la nebbia di un linguaggio da agenda della globalizzazione, farcito di «conversione ecologica», «trasformazione digitale», riduzione «delle diseguaglianze sociali, territoriali e di genere». Il confronto con le metafore di Pier Luigi Bersani, ospite a Dimartedì, è risultato impietoso non solo per l’originalità espositiva («togliere le intermediazioni come i giornalisti per rivolgersi direttamente al popolo è come voler prendere l’acqua con le mani»), ma pure in termini numerici. La sovrapposizione tra Schlein e Bersani è durata solo pochi minuti, subito dopo le 22. Ma a quell’ora l’ex segretario e più volte ministro, esponente di una sinistra riconoscibile pur se ormai d’antan, parlava a 1,7 milioni di spettatori (9% di share), picco del talk di Giovanni Floris e audience quasi doppia di quella della povera Elly. Per la cronaca, va precisato che Dimartedì supera abitualmente di un paio di punti di share Cartabianca. Perciò è il caso di dire che l’avvento della segretaria multigender non ha portato aria nuova nella ripartizione delle platee dei talk show, anzi. Tuttavia, la sua disfatta si fa ancora più rotonda per la sconfitta a distanza con l’imitazione di lei stessa proposta da Paolo Kessissoglu (6%) che la dipinge incerta, stralunata e alla perenne ricerca di pause rigeneranti dalla stressante vita di segretaria. Anche Berlinguer ha provato a metterla a suo agio, evitandole le domande ch’ella aveva già espunto da precedenti interviste su maternità surrogata, diritti Lgbtqia+ e la compagna Paola, nonostante fosse appena esploso il caso del ritiro del patrocinio della Regione Lazio al Roma Pride. Ma Schlein è parsa ugualmente in affanno, protesa nello sforzo di risultare persuasiva. Il suo è già diventato un cammino in salita e ogni giorno di più dà l’impressione di essere capitata in un gioco più grande di lei. Per questo i più feroci detrattori sostengono che sia già finita. Forse dobbiamo ascoltare il suo consiglio e metterci comodi e attendere che anche lei se ne accorga.
La Verità, 8 giugno 2023