«In questa Ue i tecnici vogliono fare le leggi»

La maggioranza dei profili personali dei social è fuffa. Roba superflua. Poi ce n’è qualcuno di utile perché segnala notizie e offre angolazioni originali dei fatti. L’account X di Leonardo Panetta, corrispondente da Bruxelles dei tg e dei programmi Mediaset, è un piccolo controcanto del pensiero mainstream che domina nei media. Solo per citare qualcuno degli ultimi post, giorni fa ha diffuso la notizia del rimpatrio in Qatar di 22 migranti irregolari dalla Svezia, poi ha mostrato la cattedrale di Strasburgo con le luci spente per favorire il risparmio energetico.

Da quanto tempo sei a Bruxelles?
«Otto anni, dal settembre 2016».

Mese e anno di nascita della Verità.
«Potremmo festeggiare insieme i dieci anni».

Come ci sei arrivato?
«Fu una scelta dell’editore, che decise di coprire in modo più sistematico l’Europa. La Commissione era presieduta da Jean-Claude Juncker, un politico del Ppe che aveva il pugno duro verso l’Italia, per esempio, contro il governo gialloverde».

Copri tutte le testate Mediaset?
«Faccio capo alla struttura di Tgcom24 diretta da Andrea Pucci. E sono a disposizione di tutte le testate, tranne il Tg5, e di tutti i programmi di approfondimento e di prima serata, sito compreso».

Quello da Bruxelles è un giornalismo un po’ distante dalla vita della gente comune?
«A volte i temi in discussione richiedono un’informazione tecnica. Lavorando per le tv generaliste ho sempre cercato di semplificare gli argomenti. Con Paolo Liguori direttore, tenevo una rubrica intitolata “Cavoletti da Bruxelles”».

Per dire che da Bruxelles arrivano problemi?
«Diciamo che certe norme hanno una gestazione problematica. Qui i decisori si chiamano policy maker e forse lavorano su troppi fogli excel».

Su schemi rigidi.
«Si pianifica su cinque anni, ma poi ci si scontra con quello che accade nel mondo. Nessuno due anni fa, quando c’erano i trattori dei produttori agricoli che bloccavano le città, immaginava che Ursula von der Leyen avrebbe avviato un ripensamento politico. Dicendola sinteticamente, qui si vive l’eterno scontro tra tecnica e politica».

Cioè?
«I funzionari che definiscono le direttive sopportano con fastidio l’intervento della politica sulle leggi. Però la Commissione è espressione della politica».

La rigidità è più dei tecnici, quindi?
«C’è un concorso di colpa. Per esempio, il contestato green deal è condiviso anche dai suoi detrattori perché nessuno vuole un mondo inquinato. Ma tutto dipende da come lo si attua. I tecnici hanno favorito un’impostazione più rigida per metterlo al riparo del cambio di legislatura, prima delle ultime elezioni. Ma oggi la situazione si sta complicando».

Un certo dirigismo viene dai tecnici?
«Per rispondere a delle critiche sul mio profilo X ho spiegato che in tante zone della Germania l’exploit di Afd dipende più dalle normative green per le caldaie che dalle politiche sui migranti».

Come nasce il tuo profilo X, piccolo presidio di controinformazione?
«Leggendo molta stampa straniera posso dare notizie che altrove non ci sono. Mi sembra più contro l’informazione non darle, certe notizie».

In un post hai rilanciato quella dei 22 migranti restituiti dalla Svezia al Qatar nei giorni in cui in Italia si bocciavano Egitto e Bangladesh come Paesi sicuri.
«Parlo spesso della Svezia perché ho constatato che è un caso limite».

Perché?
«Per 50 anni è stata un Paese di accoglienza dei rifugiati politici dal Cile, la Siria, l’Iraq, la Somalia. Sia con i governi di centrosinistra che di centrodestra. Alle porte di Stoccolma si sono creati veri e propri ghetti. Poi c’è il caso di Malmö. Se ne parla poco, ma in questi anni è esplosa una guerra tra bande legate alla criminalità organizzata composte dai figli dei rifugiati. Le seconde e terze generazioni non si sono integrate. Invece di campare con i sussidi tanto decantati del modello Nordeuropeo preferiscono vivere guadagnando dieci volte con la criminalità organizzata».

Così la Svezia ha cominciato a rimpatriare chi non rispetta le leggi?
«Il nuovo governo di centrodestra ha iniziato a rimpatriare chi aveva asilo politico, ma collezionava condanne. Dall’ottobre 2023 Svezia, Danimarca, Finlandia e Norvegia hanno cominciato a prevedere questo tipo di rimpatri. Un altro esempio: quando c’era la guerra in Siria sono stati accolti molti profughi, ma cessata la guerra li fanno tornare».

E la magistratura scandinava ricorre contro le leggi dei governi?
«Le associazioni e le Ong ricorrono, ma i governi procedono. La decisione sui 22 qatarioti è stata applicata. Qui a Bruxelles si osserva l’andamento dell’accordo tra Italia e Albania. Anche in Danimarca si attende il pronunciamento della Corte di giustizia europea al ricorso della Procura di Bologna».

Che difficilmente sarà rapido.
«Nei governi dei Paesi scandinavi c’è la volontà di risolvere le problematiche sociali e di criminalità. I Paesi del Nordeuropa, dove non ci sono stati né il terrorismo né l’espansione della criminalità organizzata, guardano all’Italia come modello di contrasto al crimine e la magistratura è interessata a conoscere gli strumenti che abbiamo adottato».

Un altro dei tuoi post ripreso dalla stampa è quello sulle luci della cattedrale di Strasburgo spente dopo le 23 per risparmio energetico.
«In Italia c’è una rappresentazione idilliaca del Nordeuropa. I Verdi sono stati al governo in molti Paesi, ma ora sono stati ridimensionati. Con l’ambientalismo si fanno battaglie epocali sulle aiuole, mentre a pochi metri esplode la criminalità. A Strasburgo la sindaca verde Jeanne Barghesian ha deciso di tagliare l’illuminazione della cattedrale. Me ne sono accorto andando a seguire le sedute del Parlamento europeo. La cattedrale cattolica svetta, è uno dei simboli della città, visitata anche la sera. Improvvisamente, non la vedevo più. Il risparmio per le casse del comune è di 5 euro al giorno».

La casa editrice Hachette vuole promuovere il libro di Jordan Bardella nelle stazioni, ma il sindacato dei ferrovieri minaccia ritorsioni. La pubblicità viene ritirata.
«La Hachette aveva fatto l’accordo con la società francese delle ferrovie, ma il sindacato può paralizzare il paese con gli scioperi. Così, si violano i criteri d’imparzialità perché altre biografie hanno avuto la loro promozione. Alla fine la limitazione ha avuto un effetto boomerang perché nelle tv francesi se n’è parlato parecchio».

Si diceva che la Germania avrebbe evitato la crisi dell’industria perché aveva investito nelle rinnovabili. Invece.
«Un paio d’anni fa ho visitato un grande laboratorio che sviluppava l’Intelligenza artificiale per le auto. Il primo paradosso era che era alimentato con il gas della Russia, il secondo che a 40 chilometri c’era una centrale nucleare francese, mentre la Germania le aveva chiuse perché prevedeva di diventare capofila delle rinnovabili. Salvo accorgersi che non riescono a rispondere alla richiesta energetica del sistema».

Era la locomotiva d’Europa.
«Questo governo socialista verde e liberale verrà ricordato per aver dovuto gestire la più grossa crisi energetica degli ultimi 20 anni. I tedeschi sono spaesati, non hanno capito che la crescita delle formazioni populiste come Afd è alimentata dalla crisi economica. Le elezioni del settembre 2025 saranno meno “noiose” perché potrebbero tenersi con gli operai in strada».

Quelli licenziati per le chiusure delle fabbriche Volkswagen che, però, non fanno ridiscutere lo stop ai motori tradizionali del 2035?
«Quell’obiettivo non viene ritoccato per perché la Germania deve ancora far dimenticare il dieselgate e perché sono stati fatti molti investimenti in quella direzione. A Bruxelles c’è lo stabilimento dell’Audi, gruppo Volkswagen, che produceva l’Audi 1. Due anni fa è stato convertito per la produzione della E-tron elettrica da 80-90.000 euro, e presentato come un progetto d’avanguardia perché decarbonizzato. Chiuderà a febbraio 2025 perché le auto non vendono e produrle costa troppo. L’ultima chicca simbolica è che la E-tron è l’auto blu delle istituzioni europee».

Un buon navigatore direbbe: «ricalcolo».
«E senza aspettare il 2035. Già l’anno prossimo le case automobilistiche dovranno pagare una multa per non aver venduto il numero di auto elettriche previste dall’agenda green. Situazione curiosa: in America le auto elettriche si vendono perché sono uno status symbol. È giusto cominciare così per poi estenderne l’uso gradualmente. Dire che dobbiamo usarla tutti è frutto di una miscela di socialismo e dirigismo. L’idea di chiudere le fabbriche e intervenire con i sussidi mi ricorda la politica dei sussidi distribuiti dopo la chiusura delle miniere e delle acciaierie in Vallonia, ora zona depressa. Invito a venire qui e nel Nord della Francia, non a caso serbatoio del Rn di Marine Le Pen».

Facciamo un salto in America. Hai scritto che, a un passo dal voto, la campagna elettorale si concentra sulla domanda: Trump è fascista o no?
«È un cambio di rotta innescato dalle parole di John Kelly, suo ex capo di gabinetto, secondo cui Trump aveva simpatie per i generali di Hitler. Se anche in America si parla di Trump fascista forse vuol dire che scarseggiano gli argomenti contro il tycoon».

Con i suoi soldi Elon Musk sta sovvertendo le elezioni americane?
«Gli imprenditori digitali hanno sempre finanziato la campagna democratica. L’endorsement di Musk a Trump ha stravolto una consuetudine, poi la lotteria ha alimentato il finanziamento. Ora anche Jeff Bezos ha impedito al Washington Post l’endorsement a Kamala Harris. Finché erano tutti dalla parte dei democratici non c’era scandalo. Two tier, dicono gli inglesi, due pesi…».

Riporti la notizia di un quotidiano italiano: la linea M5 della metropolitana di Milano ostaggio della baby gang: rubati telefonini, bracciali, tessere Atm. E scrivi: «Completiamo il titolo: baby gang composta da nordafricani, tra i 18 e 21 anni, senza fissa dimora e con altri precedenti penali».
«Mi sono occupato di cronaca nera, e ricordo la regola delle 5 W. Bisogna dire dove, come, quando, ma anche chi. Noto che nelle vicende che riguardano gli stranieri le loro origini non si mettono nel titolo ma solo in fondo al pezzo. Si danno tutti i dettagli della vittima, si stemperano quelli degli autori della violenza. Invece, voglio sapere da chi è composta la baby gang, se sono ragazzi della Milano bene o nordafricani senza fissa dimora. È una questione di correttezza professionale, di completezza dell’informazione, non di razzismo».

 

La Verità 2 novembre 2024