Maggioni trasforma il Tg1 in Telecorona d’Inghilterra

Una classe di liceali romani ospiti del Tg1. È successo lunedì sera per la prima volta nella storia di un tiggì nazionale. Gli studenti, una trentina quasi tutti in camicia bianca, erano schierati al centro dello studio fresco di restyling e implementazione tecnologica. L’ospitata era la degna conclusione del pomeriggio del primo giorno di scuola trascorso nella redazione del notiziario. Abbandonato il tavolone per spostarsi tra i ragazzi, la conduttrice dell’edizione serale Elisa Anzaldo – quella che di peccati la Meloni «ne ha tanti altri» – li intratteneva sul ritorno tra i banchi senza mascherine e distanziamenti dopo due anni di restrizioni e, perché no, sull’impressione avuta dalla visita alla macchina così complessa ma ben oliata del telegiornalone.

Le novità della metamorfosi del Tg1 by Monica Maggioni sono parecchie, ma si può partire da questo episodio per raccontarne l’evoluzione. Il primo tg nazionale non è più solo un notiziario che punta a informare i telespettatori su ciò che è accaduto nella giornata. Vuole fare di più, accompagnare il pubblico che dev’essere per forza smarrito e stressato, diventando un contenitore, uno strumento, un vademecum per orientarsi nella giungla quotidiana. Insomma, un tg pedagogico. C’è all’ordine del giorno il tetto al prezzo del gas per contenere i costi delle bollette ma la Germania non ne vuole sapere? Si coinvolge il capo della redazione economia per illustrare la faccenda. L’Ucraina contrattacca sul fronte orientale e inizia a riconquistare i territori presi dai russi? Si chiama l’esperto di strategie militari per tratteggiare gli scenari futuri del conflitto. Il pubblico deve essere aiutato a capire e, dunque, si va di spiegoni. Uno dopo l’altro. Il tg pedagogico deve istruire i cittadini e renderli edotti, come se fossero candide vergini prive di fonti alternative.

L’eccesso di paternalismo, anzi di maternalismo dell’iperpresenzialista Maggioni è stato chiaro fin dall’insediamento. Le elezioni per il Quirinale, lo scoppio della guerra in Ucraina, la crisi di governo in luglio: ogni occasione è buona per allestire edizioni straordinarie inevitabilmente condotte da lei medesima. Perché raccontare la quotidianità dal punto di vista dei cittadini che pagano il canone e vorrebbero ascoltare le notizie di giornata, possibilmente in modo attendibile? Molto meglio prendere un fatto dell’agenda politica o economica o diplomatica e gonfiarlo fino a farne il perno della narrazione. La chiamano eventizzazione del tg. L’esempio più eclatante lo abbiamo avuto nelle prime settimane dell’invasione dell’Ucraina: aboliti i titoli e cancellata la scaletta, il Tg1 era diventato monografico, le altre notizie rase al suolo come l’ospedale di Mariupol.

Venerdì 8 settembre era stato programmato il varo della nuova grafica, loghi e sigla, e del nuovo studio multiplayer. Unendo quello degli speciali a quello delle edizioni quotidiane la scenografia è raddoppiata ed è attrezzata da nuovi ledwall touch screen, due tavoli, uno per il conduttore, e un altro dove possono accomodarsi altri colleghi. Costo dell’operazione, sembra solo 200.000 euro. L’8 settembre però è stato anche il giorno della morte di Elisabetta II regina d’Inghilterra. L’inaugurazione del nuovo studio poteva avvenire in un giorno migliore? Abito nero e braccia a compasso sul tavolone scintillante, Monica Maggioni era la regina dello Speciale. Collegata da Londra c’era Natalia Augias che, sorprendentemente, dal marzo scorso affianca il corrispondente Marco Varvello, nell’occasione presente in studio. Sempre un filo sopra le righe, Maggioni sollecitava gli interventi, chiamava in causa gli esperti, tra i quali il giornalista William Ward, peraltro protagonista di una gaffe che ha raggelato tutti, quando, pensando di non essere sentito, si è rivolto a qualcuno chiedendo: «Ma chi è la presentatrice?». Alla fine, tanto sforzo è valso un’audience di 2,3 milioni di telespettatori per un normalissimo 13,7% di share (senza tutta questa enfasi lo Speciale Tg5 si è difeso conquistando 1,8 milioni di spettatori con oltre il 10,7% di share). Ma il fatto andava cavalcato lo stesso. Oltre a rispedire all’istante Varvello a Buckingham Palace per seguire l’insediamento di Carlo III, Maggioni ha inviato Perla Dipoppa, Giuseppe Rizzo e la prediletta Giorgia Cardinaletti a coprire l’evento. Ora, sebbene in questi giorni succeda anche qualcos’altro, i notiziari traboccano dei servizi dei due corrispondenti, più quelli dei tre inviati. Sui costi di tanto spiegamento di forze finora nessuno è riuscito a eccepire. Ma alla vigilia delle elezioni chi può mettere dei paletti a una direttrice che vanta un filo diretto con Palazzo Chigi ed è stata presidente della Rai? L’interrogativo tratteggia scenari vagamente distopici. Ma tant’è, da qui al 19 settembre, giorno dei funerali di Stato di Elisabetta II, i tg e il daytime di Rai 1 saranno monarchici che neanche la Bbc. Resta da vedere se almeno i riscontri Auditel saranno di conforto.

Nel frattempo il valzer degli anchorman delle edizioni principali prosegue. Rimossi Francesco Giorgino (passato alla struttura della Direzione informativa), Emma D’Aquino (ora conduce Ribelli su Rai 3) e Laura Chimenti che si sono rifiutati di condurre la Rassegna stampa delle 6,30 del mattino, all’edizione delle 20 sono rimasti in tre: Alessio Zucchini, la Anzaldo e l’emergente Cardinaletti. Alle 13,30 invece sono in cinque: Roberto Chinzari, Sonia Sarno, Maria Soave, Valentina Bisti e la retrocessa Chimenti. In totale, nelle due edizioni principali, sei donne e due uomini.

 

La Verità, 14 settembre 2022