Maltese, una buona serie che poteva essere ottima
Chissà se nel 1976 per definire che una donna accogliente con un ospite si diceva che era stata «inclusiva». E chissà se, sempre all’epoca, le prostitute si nei bordelli si avvinghiavano al palo della lap dance. Sono interrogativi suscitati dalla visione di Maltese – Il romanzo del commissario, la nuova fiction in quattro episodi in onda su Rai 1 (lunedì e mercoledì, ore 21.30, share del 23,65% nel secondo episodio). Piccole imprecisioni, forse. Pignolerie. Perché, nel complesso, il meccanismo della serie realizzata dalla Palomar di Carlo Degli Esposti, «il produttore di Montalbano», funziona.
Dario Maltese, un credibile Kim Rossi Stuart, è un commissario che torna a Trapani, sua città natale, per partecipare al matrimonio del grande amico di gioventù. A Roma, dove si è trasferito, si è fatto una carriera e una vita. Che, però, è già piena di cicatrici: un matrimonio fallito e l’unica figlia che adesso lo chiama al telefono dall’America, dove vive con la madre; la morte traumatica del padre, anche lui commissario di polizia, impiccatosi a causa di un’inchiesta, non si sa quanto comprovata, che lo aveva incriminato per una relazione con una minorenne, coetanea di Dario stesso. La terza ferita si apre, invece, la vigilia del matrimonio dell’amico, pure lui poliziotto, assassinato sotto i suoi occhi insieme alla compagna incinta. Il ritorno a Trapani per indagare sull’assassinio diventa la porta spalancata su un passato da ricostruire e medicare. Compito non facile, però, perché il commissario s’imbatte nell’ostilità del Procuratore capo e nella diffidenza di alcuni dei poliziotti del comando. L’ostacolo principale, tuttavia, è il depistaggio architettato dai mandanti dell’omicidio.
Diretta da Gianluca Maria Tavarelli, la serie ha il suo maggior fascino nel personaggio di Kim Rossi Stuart, il commissario maltrattato dalla vita ma retto e che conosce il nome del bassista dei Weather Report. fascino al quale, piuttosto prevedibilmente, cede la fotografa tedesca (molto simile all’amica di Montalbano), chissà perché trapiantata in quest’angolo di Sicilia. Anche ambientazioni e costumi sono un discreto punto di forza. Dopo la città di Matera per Sorelle, la scelta di Trapani mostra la cura di Rai Fiction nel trasformare la location in una protagonista aggiunta delle storie. Dove, invece, sembra mancare un pizzico di attenzione è nell’intento eccessivamente didascalico di certi spiegoni che tolgono curiosità e mistero alla trama. E, a proposito di preoccupazioni didascaliche, sarebbero invece state certamente utili, e forse doverose per un servizio pubblico, delle brevi sottotitolazioni per rendere comprensibili anche nel resto del Paese alcuni dialoghi in siciliano stretto. Chissà se è dovuto a questa mancanza il considerevole calo di ascolti tra il primo e il secondo episodio.