Bortone copia Che tempo che fa e si disintegra

Promo di film e di libri, ospiti mainstream, intermezzi pro-diritti in salsa antigovernativa, la sigla da Made in Italy di Rosa Chemical e il gioco è fatto. C’è persino lo spazio di analisi dell’attualità affidata a giornalisti e scrittori che la conduttrice chiama carinamente «la nostra koinè». Insomma, sembra di vedere il lato B di Che tempo che fa, invece è Chesarà, il magazine di Rai 3 condotto dalla frenetica Serena Bortone, tornata nella rete di partenza dopo la promozione a Rai 1 in quota Stefano Coletta, attuale direttore dei palinsesti – dopo esserlo stato della terza e della prima rete e dell’Intrattenimento – che in Rai è, appunto, una quota ben precisa. La speranza di Bortone è che la scia colettiana, con toccata di passaggio a Stasera c’è Cattelan su Rai 2, la consacri ai fasti di Fabio Fazio, intanto migrato sul Nove (Discovery) seguendo, beato lui, la scia del portafoglio. Per ora la sentenza dell’audience (la media non si schioda dal 3%) non sembra suffragare il progetto, ma chissà, considerata la bonomia dei vertici attuali e continuando a martellare, è possibile che il piano s’inveri.

Come il primo Che tempo che fa (e prima del nuovo spacchettamento), il programma di Bortone occupa le due serate del fine settimana, in una versione più estesa il sabato e più concentrata la domenica, quando si confronta proprio con il primogenito, uscendone distrutto. Quanto Fazio è suadente nell’impartire la lezioncina di galateo progressista ai ceti medi riflessivi, tanto la conduttrice di Chesarà, che dà del tu a tutti, compresa l’aristocratica Simonetta Agnello Hornby, è sbracata nel porgere gli argomenti: «E fatela una proclamazione pubblica di antifascismo, fa bene alla salute!», scandisce riferendosi all’assessore del comune di Lucca proclamatosi solo «non fascista» dopo aver contestato la proposta d’intitolare una piazza a Sandro Pertini perché andò a omaggiare Tito, mandante delle foibe (figurarsi se qualcuno tra gli ospiti osserva che agli esponenti di sinistra non si chiede con altrettanta insistenza la patente di anticomunismo).

Se poi, nell’impresa di rimpolpare gli ascolti anemici, capita che la scaletta sia troppo farcita, allora la conduzione ridanciana di Bortone diventa ansiogena e prevaricante. Anziché lasciare spazio agli ospiti per rispondere – ne sa qualcosa il direttore del Pronto soccorso di Bari – si fa prima a imbeccarli nella domanda («Ci dai un consiglio per affermarsi nella vita? Che non significa avere successo, ma essere sé stessi, così la penso io», dice a Justine Triet, regista vincitrice della Palma d’oro a Cannes).

Stia serena, Serena: serve tempo per copiare bene Che tempo che fa. Poi sarà quel Chesarà.

 

La Verità, 24 ottobre 2023