«Le chiese in lockdown mi hanno spinto in Africa»
Il 27 aprile 2020, piena era Covid, con un video di quattro minuti contestò la decisione dell’allora governo Conte di mantenere le chiese chiuse. Poi, nell’ottobre successivo, si dimise da vescovo di Ascoli Piceno e si ritirò in un monastero in Marocco: «In un momento difficile come questo in cui regna confusione e nella società c’è tanta paura, sento profondamente il bisogno di dedicarmi alla preghiera». Giovanni D’Ercole, già vescovo ausiliare a L’Aquila e poi pastore ad Ascoli Piceno, è un volto familiare non solo per i cattolici, ma per tanti altri essendo stato per 24 anni conduttore del programma di Rai 2 Prossimo tuo diventato poi Sulla via di Damasco. A tre anni da quella scelta ha accettato di rispondere alle domande della Verità.
Qual è il motivo del suo trasferimento nel monastero Nôtre Dame de l’Atlas a Midelt?
«Con la pandemia del Covid-19 perdurava la chiusura delle chiese senza la possibilità dei sacramenti. Come pastore non accettavo che si considerassero le chiese luogo del contagio più dei supermercati. Da qui quel video».
Come venne accolto?
«Mi dissero che rompevo la comunione tra noi vescovi non seguendo le indicazioni del governo».
Da chi le fu fatto osservare?
«Alcuni lasciarono capire che anche il Papa lo pensava. Così, per coerenza e per non creare inutili dissidi, decisi di dimettermi e il 29 ottobre 2020 lo feci».
Vedeva una gerarchia troppo acquiescente allo Stato?
«Si erano accettate le direttive del governo e, non volendo fare polemiche, ho scelto di ritirarmi in monastero. Tanta gente si sentiva abbandonata e l’ho portata in preghiera con me. Poi ho cominciato a sostenere spiritualmente diversi sacerdoti, ed è nato il gruppo “Verità e riconciliazione” il cui scopo è dalla sofferenza del Covid far nascere la speranza. Recentemente molti di “Verità e riconciliazione” hanno inviato una lettera ai giornali cattolici perché si faccia verità sui vaccini per cui tante persone si sono allontanate dalla Chiesa. Anche voi della Verità ne avete parlato».
Ha visto che in Italia la Commissione d’inchiesta sulla pandemia stenta a decollare?
«Ricercare la verità fa bene a tutti, anche perché c’è gente che soffre le conseguenze dei vaccini. Il comitato “Ascoltami” raccoglie più di 4.000 persone con gravi postumi dal siero e chiede aiuto. Al loro grido ha risposto un gruppetto di sacerdoti denominatosi “Chiesa in ascolto” per dare a chi soffre un segno di vicinanza della Chiesa. Anch’io ho aderito: parlando con malati a distanza avverto tanta paura e bisogno di ascolto».
Che risposte avete avuto?
«Ho visto tanta rabbia calmarsi quando ci si rende conto che qualcuno ascolta, almeno nella Chiesa».
Tre anni fa divenne in anticipo vescovo emerito di Ascoli Piceno: una scelta che poteva ricordare le dimissioni di Benedetto XVI nel 2013?
«Ho scelto di ritirarmi in preghiera; stando in monastero mi è stato proposto di restare in Marocco a sostegno dei sacerdoti e ringrazio l’arcivescovo di Rabat, il cardinale Cristóbal López Romero, che mi ha accolto. Da quasi tre anni sono al servizio della comunità cristiana composta da 40.000 fedeli in un popolo di 35 milioni di abitanti. Una Chiesa, secondo le parole del cardinale, “insignificante ma significativa”, in gran parte composta da giovani subsahariani».
Come si svolge la vita di preghiera?
«Dalle 3,45 alle 20,30 la giornata scorre tra silenzio, preghiera, lavoro, studio, con la Messa cuore di tutto. Spesso i tempi delle nostre preghiere coincidono con quelli delle preghiere islamiche, annunciate dal muezzin e quasi ogni giorno, al mattino, gli operai tutti musulmani preparano una colazione che chiamiamo “la seconda eucaristia”, un segno che unisce i monaci alla gente».
Il suo monastero ha accolto i superstiti dei trappisti di Tibhirine uccisi in Algeria nel 1996. In che modo ne proseguite l’eredità?
«Padre Jean Pierre Shoumacher, l’ultimo sopravvissuto, è morto il 21 novembre 2021 a Midelt dove si vive il carisma di Tibhirine che unisce alla vita dei trappisti il dialogo con l’islam».
Dopo quel martirio com’è possibile il dialogo in un Paese quasi totalmente musulmano?
«Non si meravigli se le dico che è possibile e anzi persino fruttuoso: è l’incontro di gente che prega e quindi tra credenti. A contatto con quest’islam ho riscoperto la mia fede cristiana, seguendo le orme di Charles de Foucauld e del suo discepolo padre Albert Peyriguère, sepolto in questo monastero».
Ammette che si tratta di un’esperienza singolare, considerato tutto quello che accade in Israele e la sequela di morti di innocenti in Europa?
«Tutto si complica quando si alimentano preconcetti e pregiudizi: il dialogo è invece possibile e papa Francesco sta facendo di tutto per implementarlo. Il dialogo è rispettare e accettare le differenze in cerca di ciò che ci unisce senza accentuare i contrasti. Il vero atout è conservare la propria identità e viverla in modo serio e visibile. Mi permetta di dirle che ascolto spesso musulmani affermare che noi cristiani europei ci vergogniamo della nostra fede. Ed io non so come fare per aiutare a capire che svendere la nostra fede per andare incontro ai musulmani è un grosso errore. Non bisogna aver paura, la violenza, quando c’è, è al di fuori della religione».
C’è chi dice che invece la violenza sia insita nel Corano. Lei non crede che l’islam abbia ambizioni di conquista del mondo occidentale?
«Che i musulmani possano avere questa intenzione è possibile, è il proselitismo, ma il problema è che noi europei abbiamo abdicato alla nostra fede, diventando non più credenti e quindi assai fragili».
La nostra arrendevolezza facilita l’espansione dell’islam?
«Sicuramente, soprattutto se non viviamo più da cristiani perché il confronto deve essere tra “credenti”».
La invito a riflettere su alcuni fatti che sfuggono a questa lettura. In Francia nel 2016 padre Jacques Hamel è stato sgozzato a Rouen da due estremisti islamici, nell’agosto del 2021 padre Olivier Maire è stato ucciso in Vandea dall’uomo che un anno prima aveva appiccato l’incendio nella cattedrale di Nantes.
«Stiamo parlando dell’estremismo. È vero: esiste e le prime vittime sono gli stessi musulmani moderati. L’estremismo è una mina vagante, che riguarda una minima parte dell’islam. Per combatterlo si vive la fede cristiana “senza se e senza ma” e ci si allea strategicamente con quei musulmani che come noi credono in un Dio misericordioso. Ma una domanda va fatta: come si stanno accogliendo gli immigrati in gran parte islamici? La violenza potrebbe nascere proprio da come li trattiamo».
Molti segnali indicano che le seconde e le terze generazioni non vogliono integrarsi e vivono in zone metropolitane dove vigono leggi alternative a quelle dei Paesi ospitanti.
«È tutto vero: paghiamo il prezzo della politica dell’immigrazione che non ha puntato seriamente all’integrazione. Come cristiani poi non siamo spesso un esempio di Chiesa viva, e allora molti giovani musulmani sono sedotti dalla laicizzazione dilagante e dalla violenza come conseguenza di tanti fattori».
In Europa ammette che l’integrazione è fallita anche chi, come Angela Merkel, ci ha provato e creduto a lungo.
«Può essere, ma mi permetta di aggiungere che nessuno finora ha preso sul serio l’integrazione come valorizzazione delle differenze. Domina sempre la paura e la disistima verso il “diverso”. Don Tonino Bello sognava la “convivialità” e non lo scontro fra le culture».
Da lì come vede l’ondata migratoria verso l’Europa?
«È un’invasione inarrestabile di popoli sfruttati nell’epoca coloniale e oggi con il miraggio dell’eden europeo».
Miraggio è la parola corretta perché indica una realtà che appare, ma non si realizza.
«Si realizza nel senso che chi arriva in Europa è disposto a tutto perché ha capito, a differenza di molti giovani italiani, che bisogna faticare per costruirsi una situazione dignitosa. E ci riescono perché ne sono certi».
Per ora le conseguenze sono soprattutto delinquenza e criminalità.
«Il fenomeno della delinquenza non potrebbe essere utile politicamente a qualcuno?».
Che ruolo ha la Chiesa cattolica nella convivenza tra le diverse religioni?
«Papa Francesco invita al dialogo senza abdicare alla propria identità. Guai a diluire il vangelo perché chi debole si fa, finirà per perdere nel confronto«.
Perché le esortazioni alla pace di papa Francesco sono poco considerate?
«Molti ammirano papa Francesco per il suo desiderio di includere, ma mi capita di sentire gente che non lo vuole ascoltare. Allora dico loro: leggete quel che Francesco scrive nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium: “La gioia del vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. La pace, diceva Giovanni Paolo II, nasce solo da cuori pacificati e Cristo è la nostra pace».
Lei è anche un uomo di comunicazione: papa Francesco è ascoltato quanto merita o il moltiplicarsi degli interventi sull’attualità rischia di ridurne l’autorevolezza?
«Una regola basilare della comunicazione è che quanto più si parla, meno si è ascoltati. E questo riguarda tutti».
Ha apprezzato l’esortazione apostolica Laudate Deum?
« A mio avviso tutto è utile e interessante, ma oggi si deve andare all’essenziale perché nello sconquasso generale si ha urgente sete di verità: di Dio, come Francesco aveva annunciato attraverso il Giubileo straordinario della misericordia del 2015-2016».
Ha visto nella Laudate Deum un appiattimento sui temi dell’ambientalismo?
«Conservo sempre nel cuore quello che Francesco ha più volte ripetuto e cioè che la Chiesa non è una Ong che fa solo promozione umana».
Come ha vissuto il Sinodo sulla sinodalità?
«Il cardinale arcivescovo di Rabat è tornato entusiasta soprattutto per il clima di preghiera che l’ha guidato, mentre un vescovo africano era perplesso per le aperture che si stanno facendo».
Che cosa pensa della decisione di papa Francesco di sollevare dall’incarico il vescovo americano Joseph Strickland a causa delle sue posizioni tradizionaliste?
«Il Papa è il Papa e quello che fa ho imparato a non giudicarlo».
Da decenni c’è il calo di partecipazione ai sacramenti e la crisi delle vocazioni. Perché i giovani di oggi dovrebbero essere attratti dalla Chiesa se propone le stesse cose che propone il mondo?
«Ha ragione, ma c’è una grande novità all’orizzonte: è Gesù e i giovani oggi ne hanno sete. Non tradiamo le loro attese».
Le manca la vita attiva di pastore e pensa di tornare in Italia?
«Vivo intensamente la giornata con ampi spazi di preghiera e di ascolto della gente. Ringrazio Dio per tutto e farò in futuro quello che Lui vuole».
La Verità, 25 novembre 2023