La nostra nouvelle vague deve ancora studiare

Assalto all’Olimpo respinto. Detronizzazione degli dei rinviata. E, a quanto si è visto sul centrale del Roland Garros, non di poco. Ieri era la giornata test del tennis italiano. I nostri talenti emergenti alla prova degli invincibili. Gli under 20 di belle speranze a confronto con i numeri uno. Lorenzo Musetti, 19 anni, al cospetto di re Novak Djokovic e Jannik Sinner, suo coetaneo, a misurarsi con sua maestà Rafa Nadal. Se per il talento di Carrara non si nutrivano particolari speranze considerando che si trattava di una serie di prime volte – primo slam, primo match contro il numero uno del mondo e sul campo centrale parigino – qualche ambizione in più era riposta sul martello di San Candido, in possesso di un pizzico di esperienza nei cosiddetti major e reduce da altre due sconfitte contro l’imperatore della terra rossa che potevano essergli servite da apprendistato. Potesse essere questa la volta buona. Invece no. È ancora presto. Abbiamo peccato di presunzione. Abbiamo cullato una dolce illusione. I nostri golden boy non sono ancora «pronti per la Rivoluzione francese». I diamanti vanno ancora raffinati. C’è da crescere e migliorare. C’è da lavorare sui punti deboli. Bisogna colmare delle lacune. Ognuno ha le proprie, diverse l’uno dall’altro, materia dei rispettivi coach. Simone Tartarini di Musetti e Riccardo Piatti di Sinner.

«Siamo noi la Next gen. Io, Rafa e Roger», aveva scherzato un paio di settimane fa al termine degli Internazionali di Roma Nole Djokovic. E per ammorbidire la battuta aveva aggiunto: «Anche il signor Pietrangeli è un Next gen». Ma al di là della boutade di un campione sempre ironico come il serbo, bisogna riconoscere che, da quanto visto ieri, probabilmente saranno altri giocatori a portare le prime insidie ai Big Three. Per esempio Stefanos Tsitsipas, se vincerà il tabù degli slam. O Daniil Medvedev, se riuscirà a controllare i suoi sbalzi temperamentali. Noi ci stiamo avvicinando. Mai come quest’anno abbiamo avuto una batteria di giocatori competitivi e legittimati a stare nei primi venti posti del ranking. Però, come detto, ci sono ancora un po’ di cesti da fare.

Ieri a deludere maggiormente le attese è stato Sinner. Dopo una partenza balbettante aveva infilato una serie di quattro giochi consecutivi. Il pallino era in mano a lui, sempre con i piedi vicino alla riga di fondo e Nadal a difendersi due metri più indietro. Sul 5 a 4, l’altoatesino ha servito per conquistare il primo set, ma lì qualcosa è successo. Il majorchino veniva da 32 set consecutivi vinti a Parigi e chissà, forse qualcosa è scattato nella testa di Jannik. Fatto sta che ha infilato una serie di errori gratuiti che hanno dato il là alla rimonta del suo rivale. Da 5 a 3 per lui fino allo 0 a 4 del secondo set, ha perso otto game consecutivi quasi non giocando. Poi poco alla volta ha ripreso a martellare con il rovescio e ad anticipare con il dritto, ma giunto a servire per il 4 pari ha ceduto nuovamente la battuta. Due cedimenti inaspettati di Sinner, sempre considerato un giocatore di grande equilibrio e forza mentale, in grado di giocare con lucidità nei momenti topici delle partite. Probabilmente, l’autorevolezza dell’avversario ha pesato, scoprendo una certa difficoltà a reggere la tensione, su cui sarà necessario lavorare. Come sarà necessario farlo sul gioco a rete, se si vuol puntare a posizioni di vertice assoluto.

Certamente più entusiasmante è stata la prova di Musetti, talento cristallino che dopo due splendidi set ha dovuto ritirarsi sullo 0 a 4 del quinto. Ma le prime due ore di partita avevano autorizzato a sognare. Perché Lorenzo metteva in mostra un tennis champagne, fatto di vincenti che riscuotevano anche l’applauso dell’avversario. Rovesci lungolinea lasciavano fermo Nole, smorzate, veroniche di tocco e dritti a tutto braccio. Sorprendeva l’assenza di emozione al primo match contro il numero uno del mondo. L’incoscienza del talento. O il talento dell’incoscienza. Di sicuro, un talento accompagnato da umiltà e sapienza tattica. «Creatività e costruzione insieme», come dice il suo coach Tartarini, perché la creatività da sola può generare confusione. Il secondo set era più o meno la copia del primo. La resistenza del grande campione, uscito tante volte indenne dall’inferno, e la rivelazione di un nuovo sicuro protagonista che fa della fantasia la cifra del suo tennis. Così si gioca in Paradiso, si dice in questi casi.

L’incantesimo però si rompeva. Non era immaginabile che Djokovic perdesse tre set a zero. Così com’era prevedibile che Musetti avesse un calo. In realtà, è stato un crollo verticale. Perché d’improvviso affioravano i 19 anni di Musetti e le tossine del lungo match vinto due giorni fa contro Marco Cecchinato al termine di altri cinque set molto lottati. Il terzo e il quarto finivano in un soffio. E a metà del quinto gettava la spugna. Ma le immagini dei primi due set il pubblico del Philippe-Chatrier le conserverà a lungo.

L’assalto all’Olimpo è rinviato. C’è ancora molto da lavorare… Domani tocca a Matteo Berrettini provarci con Djoker Nole.

 

La Verità, 8 giugno 2021