Grazie a Sinner, campione nel quale riconoscersi
La pasta non è venuta perfetta. Bisognerà riprovarci. Dosare meglio gli ingredienti, il sale, i pomodorini, la cottura: secondo la metafora di Jannik Sinner. Si può ancora migliorare. Stasera c’è stato un po’ di appannamento fisico ed è mancata forse un pizzico di fiducia nel piano partita. Soprattutto nella prima parte, Novak Djokovic è parso un muro invalicabile. Con un doppio 6-3 il campione serbo si è laureato Maestro dell’anno per la settima volta. Questo genere di match bisogna essere abituati a giocarli. A Jannik è mancato il guizzo finale. Ma per il nostro giocatore, che ha disputato uno splendido torneo, il successo è solo rinviato. Un altro passo verso la vetta è stato fatto e se continuerà a lavorare con la determinazione dimostrata in quest’ultimo anno e mezzo, il vertice non potrà sfuggirgli. Il tempo, la serietà, l’applicazione e la qualità del team composto da Simone Vagnozzi, Darren Cahill e Umberto Ferrara sono dalla sua parte.
Che la finale sarebbe stata una partita diversa da quella di qualche giorno fa lo si era intuito dal modo in cui Djokovic aveva liquidato Carlos Alcaraz, concedendogli solo cinque games. Stavolta il numero 1 del mondo giocava davanti ai suoi bambini seduti in tribuna. Una motivazione in più, che lo ha aiutato a stare concentrato e a non lasciarsi andare a polemiche nei confronti del pubblico schierato con il beniamino di casa. A volte sono certi dettagli, che tali non sono, a fare la differenza. Il campione è sempre una persona. Lo ha detto anche Sinner di sé stesso. «Quello che faccio in campo dipende dalla persona che sono fuori dal campo». Parole consapevoli, che forse spiaceranno a qualcuno abituato a separare il fattore tecnico dal fattore umano.
Il match di ieri era particolarmente interessante perché per la prima volta Djoker il cannibale e Jannik Capel di carota si sfidavano in una finale. Due campioni che si assomigliano sia nel gioco che nel temperamento. Nel gioco: solidità da fondo campo, colpi di base senza punti deboli, ritmo, grandi qualità difensive, capacità di esprimersi in tutte le parti del campo, buona disposizione per le variazioni, doti tattiche. Nel temperamento: concentrazione, tenuta nei momenti difficili, autocontrollo e capacità di nascondere le emozioni (su questo Sinner è persino superiore, totalmente privo di tic e scaramanzie). Ecco perché, in un certo senso, quando si incontrano Novak e Jannik si assiste a un match allo specchio.
Parte a servire Djokovic e si ha subito la sensazione della partita a scacchi in cui ogni colpo è studiato per comandare lo scambio. Nei primi due giochi Djokovic scaglia quattro ace e da fondo non concede niente. Sinner sembra intimorito, meno brillante dei giorni scorsi e al quarto gioco subisce il break da 40-15 con un dritto sulla riga invece chiamato fuori (e Sinner non chiede la verifica). La differenza la fanno la percentuale di prime di servizio e il numero di ace: 7 a 3 per Novak. Il break subito in apertura del secondo set arriva quasi come una sentenza. Jannik rischia di subire anche il secondo, ma resta aggrappato al match, nella speranza che l’avversario abbia un calo, soprattutto nel servizio. L’occasione si presenta sul 15-40 del sesto gioco, servizio Djokovic, ma con tre prime palle il serbo si porta sul 4 a 2. Il settimo gioco è interminabile, Sinner prova soluzioni alternative, attacchi in contro tempo e palle corte. Anche Djokovic spreca qualche occasione a rete. Sembra esserci ancora una partita e sullo 0-30 arriva un’altra occasione per rientrare, ma Sinner mette in rete la risposta a una seconda di servizio. L’opportunità svanita è il tramonto della partita. La prossima volta la pasta verrà ancora meglio, ma già quella di questa settimana è di grandissima qualità.
Dobbiamo essere grati a questo ragazzo che gioca a tennis con la leggerezza dei suoi 22 anni, ma con la maturità e la disciplina di un veterano. Abbiamo un campione nel quale specchiarci. Jannik è un fuoriclasse formidabile. Un talento di tecnica, di concentrazione e forza mentale. Talento e regolatezza. Djokovic è il campione che conosciamo da tanti anni e non ha alcuna intenzione di cedere il trono. Appuntamento la prossima settimana alla Coppa Davis.