«Ho usato “gnocca” contro i dogmi antifamiglia»
Insomma, che volgarità, Marco Rizzo.
«Purtroppo, oggi, per far capire certi concetti, bisogna ricorrere anche a qualche espressione colorita. Mi pare abbia funzionato, visto che ne stiamo parlando».
Riassumiamo brevemente per chi avesse perso l’antefatto.
«In un intervento di 18 minuti ho provato a spiegare come sta girando il mondo, dalla guerra allo schiacciamento della classe lavoratrice, dal cambiamento epocale nelle abitudini all’attacco alla famiglia, fino alle nuove ideologie che irrompono nella nostra vita. Per spiegare questo cambiamento ho intercalato una frase, pronunciata con grande serietà: “Mi piace la gnocca”. Sapevo che mi sarei scontrato con il totalitarismo del pensiero unico. Perché, un conto è essere contro ogni discriminazione di gusti sessuali, di razza e di ogni tipo, un altro è voler imporre i desideri e le preferenze di una minoranza a tutta la popolazione».
Marco Rizzo è un politico difficilmente classificabile. Un po’ novecentesco, molto pacifista, larvatamente complottista, trasversale agli schieramenti. Fino a qualche tempo fa era segretario del Partito comunista, di cui poi è divenuto presidente onorario. Adesso è candidato alle regionali in Umbria del 17 e 18 novembre con la lista Democrazia sovrana e popolare di cui è fondatore. Anche il suo linguaggio può risultare eccentrico: parla di classe lavoratrice e di operai. E non solo…
Ha usato un’espressione esecrabile, come le è stato fatto notare.
«Sono finito sulla prima pagina del Corriere della Sera, non avveniva da anni. Uno come Massimo Gramellini, a cui sono legato solo dalla fede calcistica – anche se lui va certamente in tribuna mentre io ai popolari – mi ha attaccato duramente per il linguaggio da taverna, addirittura scomodando la lingua italiana. Forse non sa che la parola gnocca si trova anche nella Treccani».
L’ha usata perché è a caccia di visibilità?
«No. Conosco i meccanismi della cosiddetta informazione italiana che ogni giorno tenta di turlupinare l’opinione pubblica. Faccio un esempio fra i tanti possibili: qualcuno pensa davvero che lo yacht affondato nel porto di Palermo sia stato vittima di un nubifragio?».
E di che cosa?
«Di una resa dei conti tra ricconi collegati ai servizi segreti».
Lo deciderà la magistratura.
«Sì, certo. Ma mica abbiamo l’anello al naso».
La prima pagina del Corriere della Sera comunque è un bel successo.
«Essere attaccati dal mainstream è sempre una medaglia».
Nel suo intervento contestava la dittatura delle minoranze, un argomento anche del generale Roberto Vannacci.
«Se piove io dico che piove, non vado a vedere chi lo sta dicendo. Premesso questo, ricordo di essere stato il primo a dire che Vannacci è stato attaccato per il suo libro perché aveva denunciato la morte dei soldati a causa dell’uranio impoverito. Un uomo controcorrente, rispetto al servilismo diffuso alla politica e all’establishment».
È diventato di moda prendersela con il politicamente corretto?
«Dire che è una moda è uno stratagemma per non affrontare l’argomento e nascondersi dietro un dito. Oggi la pratica mostruosa dell’utero in affitto e i laboratori nelle università pubbliche destinati ai bimbi trans dai 5 ai 14 anni come quello di sabato scorso presso l’università Roma 3 sono normalità. Così come lo è l’attacco costante e forsennato alla famiglia, che non è più quella descritta come prima cellula della società borghese da Friederich Engels 150 anni fa. Oggi senza le famiglie che svolgono la funzione dello Stato sociale avremmo 11 milioni di poveri in più. Questa è la normalità propugnata sempre dai soliti potenti».
Chi, per la precisione?
«I rappresentanti della grande finanza che ci vuole obbligare a mettere il cappotto termico alle case, che non vuole più farci girare con la nostra automobile, che sdogana la guerra nucleare. Ma che soprattutto continua a prenderci in giro dicendo queste cose in lussuosi convegni, dove arrivano a bordo di inquinantissimi jet ed elicotteri privati».
Il politicamente corretto è una forma di bon ton, un galateo o cos’altro?
«È un’ideologia. Le faccio un altro esempio. Ha mai provato ad andare in uno di quei negozi di abbigliamento di catene multinazionali? Provi a vedere che orientamento ha la maggioranza dei commessi. Anche quella è una politica di marketing, una forma di discriminazione al contrario verso gli eterosessuali. Dico di più: se si smembra la famiglia le grandi multinazionali ci guadagnano. Me l’ha spiegato un importante manager del food: una famiglia composta da due persone consuma per due, ma se queste due persone le dividi, compreranno due monoporzioni che costeranno 1,3 e i grandi marchi guadagneranno il 30%».
Le multinazionali ci vogliono single?
«Single, privi di relazioni sociali, di protagonismo, di libertà e spirito critico. Ma collegati al nostro cellulare con cui ordinare pessimo cibo e cattivi oggetti che ci verranno recapitati da schiavi in bicicletta».
Che basi ha l’ideologia politicamente corretta?
«Quelle che oggi interpreta alla perfezione il Pd. Basta vedere cos’era il Pci nel 1980, quando Enrico Berlinguer andava a parlare con gli operai di Mirafiori ai cancelli della Fiat. 44 anni dopo, con Elly Schlein il Pd balla sul carro del gay pride».
Gli operai non ci sono più.
«C’è un ceto medio fatto di commercianti, artigiani e partite Iva che precipita verso il basso e che, in un certo senso, si proletarizza. Per questo bisogna sviluppare il sovranismo popolare».
Ci arriviamo. Una volta si diceva parla come mangi, adesso ci insegnano la neolingua preconizzata da George Orwell?
«L’élite che ha in mano la comunicazione riserva privilegi per sé e costrizioni per noi. Così sentiamo parlare di “flessibilità in uscita” invece che di licenziamenti, di “peace-keeping” invece che di guerra, di carenza di integrazione, invece che di delinquenza. Ci siamo rotti le palle».
Perché si candida governatore della regione Umbria?
«Per un motivo: vogliamo cominciare ad assaltare i fortini di questo partito unico che sono la destra e la sinistra, due facce della stessa medaglia, iniziando dal luogo dove la sovranità viene cancellata per prima: le regioni. E vogliamo cominciare dalla sanità pubblica che, nelle mani di politici incapaci e corrotti, nega il diritto alla salute del nostro popolo. Marco Rizzo in Umbria e Francesco Toscano in Liguria vogliono fare la stessa cosa che Afd (Alternative für Deutschland ndr) e Sahra Wagenknecht (leader del Bsw, il partito omonimo ndr) hanno fatto alle elezioni della Turingia e della Sassonia».
Lei che è torinese doc in Umbria?
«Il cognome è calabrese, del quadrisavolo che venne al Nord con i garibaldini. Mio padre era piemontese e mia madre romagnola. Adesso vivo a Rovereto, prima ho vissuto a Torino e a Roma».
Democrazia sovrana e popolare è una denominazione tautologica?
«Vi è racchiusa la sostanza della nostra Costituzione, tanto bella quanto disattesa».
«La sovranità appartiene al popolo» occorre ribadirlo?
«Sì, perché la sovranità può essere del re o del popolo. Io propendo per la seconda idea, visto che oggi il re è rappresentato da Bill Gates, così come, in Italia, dagli Elkann e dai Benetton. Mentre il popolo è incarnato dall’operaio della Stellantis e dal ristoratore di Piazza Augusto Imperatore nel centro di Roma che rischia di essere sfrattato proprio dai Benetton. Sto dicendo un fatto reale».
Democrazia sovrana e popolare è una sigla da elezioni amministrative o da movimento di opinione?
«Ha una forza intrinseca. Pensi che con queste elezioni lanciamo la proposta che la sanità venga riaffidata ai medici e ai cittadini».
Come?
«Tornando ad avere le Usl invece delle Aziende sanitarie locali, per ricostruire l’universalismo della prestazione sanitaria, togliendone il governo alle regioni, il cui bilancio è costituito all’80% proprio dalla sanità, mal gestita».
L’approvazione dell’autonomia differenziata migliorerebbe la situazione?
«Ne dubito. Questa autonomia è la stessa che voleva Massimo D’Alema con la riforma del titolo V studiata da Franco Bassanini. Favorirebbe il moltiplicarsi dei centri di potere di cui faremmo volentieri a meno. Il Pd la contesta solo perché non se la intestano loro».
Fino a qualche anno fa sanità, scuola e lavoro erano al centro della politica, perché non lo sono più?
«Perché la lotta di classe l’hanno vinta i super ricchi. Non è un caso che il Pd sia il partito della Ztl e che Maurizio Landini, leader della Cgil, si fa mettere la mano sulla spalla dal banchiere Mario Draghi».
Quelle priorità sono scalate nella classifica a vantaggio di che cosa?
«Basta guardare la lista degli investimenti del Pnrr e si troverà la sanità all’ultimo posto. Scavalcata dagli investimenti per le politiche in favore della teoria gender. Cose da pazzi. Al primo posto delle priorità c’è la digitalizzazione e al secondo il pessimo green».
Sono le priorità dell’Unione europea.
«Infatti, siamo l’unica forza politica che non ha alcuna remora ad affermare che vogliamo l’uscita dall’Ue, dall’euro, dalla Nato e anche dall’Oms, una struttura privata che fa gli interessi delle multinazionali del farmaco».
Scuola, lavoro e sanità erano temi prioritari della sinistra: che fine ha fatto il suo vecchio Partito comunista?
«Oggi, se ci fosse Antonio Gramsci starebbe con noi. Per quanto riguarda la sinistra ricordo che negli anni Sessanta e Settanta hanno provato a batterla con Gladio, con la strategia della tensione e le stragi. Poi si sono accorti che era più facile conquistarla dall’interno con gli Achille Occhetto, i Massimo D’Alema, i Walter Veltroni e i Piero Fassino».
L’alleanza con Gianni Alemanno?
«In realtà, non c’è mai stata. Insieme abbiamo dato vita a un’iniziativa importante contro la guerra e sarei pronto a ripeterla. Così come, viste le sue recenti parole sull’argomento, mi piacerebbe animare un confronto con Roberto Vannacci su come contrastare la guerra».
Lavoro, scuola e sanità possono essere il programma del campo largo?
«Il campo largo andrebbe arato da persone che almeno sanno usare la zappa, ma questi leader della sedicente sinistra non saprebbero da che parte impugnarla».
Che impressione le fa Elly Schlein che canta con gli Articolo 31?
«Mi dà l’idea di un partito finito, almeno rispetto alle motivazioni sociali e di passione che dovrebbe avere. Non sarà un caso se il Pd, invece di scegliere un segretario al suo interno, ha preso una passante dell’alta borghesia».
La Verità, 12 ottobre 2024