La realtà avvince più delle sceneggiature creative
C’è il capo della squadra omicidi di Copenaghen dagli occhi grandi e asimmetrici, soverchiato da un’indagine di grande complessità sulla scomparsa di una giornalista nelle acque del mar Baltico. C’è uno strano sommergibile affondato e poi rinvenuto dagli investigatori, di proprietà di un enigmatico inventore. Ci sono dei sommozzatori che devono scandagliare palmo a palmo i fondali marini per rinvenire il cadavere della giornalista e comprovare la versione del proprietario del sottomarino che asserisce di averla affidata agli abissi dopo che, colpita dal portellone dell’imbarcazione, è morta. Ci sono, infine, le due famiglie: quella dei genitori della giornalista, dilaniati dalla morte dell’unica figlia, e quella del capo della polizia, votato al lavoro per il quale, a sua volta, ha a lungo trascurato la sua figlia unica. È la trama di The Investigation, miniserie in sei episodi di 45 minuti di Hbo, in onda su Sky Atlantic e on demand. Solo che non è fiction, ma la ricostruzione dell’indagine sull’omicidio realmente avvenuto della giornalista svedese Kim Wall, collaboratrice di The Guardian, The New York Times, Vice, uccisa dall’inventore danese Peter Madsen nell’agosto del 2017. Una storia che i media scandinavi ribattezzarono rapidamente «il giallo del sottomarino».
Nella luce livida delle terre baltiche, già territorio fecondo di molta ottima serialità, Jens Møller (Søren Malling) sembra ipnotizzato dal caso che l’ha investito. Spesso inquadrato di spalle mentre cammina nei corridoi della stazione di polizia, rintuzza le richieste dei giornalisti e cerca di rispondere in qualche modo alle domande dei genitori della vittima. Quando lo si vede in faccia, il suo sguardo esprime un senso di sproporzione. Più passano i giorni e più la soluzione sembra allontanarsi. Serviranno la dedizione dei collaboratori, i cani da cadavere, le carte di un oceanografo studioso di correnti, l’abnegazione della squadra di sommozzatori, guidati da un capo comprensibilmente scettico.
Sembra un documentario e invece è una serie, magnetica forse proprio per la sua rarefazione, per i dialoghi essenziali, per le tante cose che non si vedono ma s’immaginano del racconto che procede per sottrazione. «Questo programma è consigliato ad un pubblico adulto», si avverte come spesso accade, all’inizio di ogni episodio. Ma vien da pensare che qui «adulto» stia per maturo. Non c’è bisogno di romanzare come in molte serie italiane, da Leonardo ai libri di Andrea Camilleri, per ruffianarsi un pubblico che evidentemente si ritiene acerbo. La realtà, ben raccontata, è già avvincente di suo.
La Verità, 30 marzo 2021