Con Veleno la docufiction fa un salto di qualità

Raramente una docu-serie italiana ha applicato tanta cura, tanta perizia, tanta completezza nel rispetto dei diversi e contrapposti punti di vista. È il caso di Veleno, cinque episodi disponibili su Prime video, tratti dall’omonimo libro e successivo podcast realizzati da Pablo Trincia dopo anni di inchieste, colloqui, testimonianze e letture di documenti relativi alla storia dei «Diavoli della bassa modenese», un’indagine che alla fine degli anni Novanta ha tolto 16 bambini alle famiglie di origine, condannando i genitori per pedofilia e abusi ritualistici. Una storia molto controversa, con tanti lati tuttora oscuri, che si basa sul meccanismo del falso ricordo o del ricordo indotto dagli psicologi e assistenti sociali nei minori. Una storia che ha segnato in modo tragico la vita della comunità locale e che è stata il precedente del successivo e ancor più diffuso scandalo di Bibbiano. La regia della docu-serie è di Hugo Berkeley e la produzione di Fremantle.

La difficoltà degli autori era aggiungere i volti e le immagini ai testi del libro e del podcast, considerando la comprensibile riluttanza dei bambini e delle nuove famiglie adottive a collaborare con Trincia per non riaprire ferite difficilmente cicatrizzabili. Dalle prime confessioni sono passati oltre vent’anni e su quei fatti, veri o presunti, quei bambini, ora adulti, hanno costruito una nuova identità. Con una violenza fisica subita si può trovare, con grande sofferenza, il modo di convivere, dice a un certo punto Trincia. Ma con una violenza psicologica e presunta, forse è ancora più difficile trovare un equilibrio perché si ha a che fare con dei fantasmi. «È come quando dentro un bicchiere d’acqua si versano delle gocce d’inchiostro. Prima una poi un’altra, poco alla volta tutta l’acqua si colora e a quel punto è impossibile separarla dall’inchiostro».

Il pregio della docu-serie, che rappresenta uno scatto di qualità del genere, è la narrazione a spirale, fatta di testimonianze dei protagonisti e delle vittime, la cui vita è stata profondamente e irrimediabilmente segnata. C’è stato un suicidio e chi è morto di crepacuore. Documenti, filmati dai tg, brevi stralci recitati e interviste agli operatori sociali, autori di terapie molto discutibili, realizzano un racconto che avvince lo spettatore come fosse un legal thriller di finzione. Particolarmente efficaci gli ultimi due episodi, imperniati sul making of dell’inchiesta di Trincia che condivide con Alessia Rafanelli il lavoro, i dubbi sul loro operato e la preoccupazione di rispettare le sensibilità già provate dei protagonisti.

 

La Verità, 10 giugno 2021