L’agiografia laica di Hack è un santino didascalico
Con un titolo sognante, Margherita delle stelle, è andato in onda su Rai 1 il film tv su Margherita Hack, «la più grande astrofisica italiana del Novecento». Coprodotto con Rai Fiction, dalla Minerva production di Santo Versace, diretto da Giulio Base, interpretato da Cristiana Capotondi (già nei panni di Chiara Lubich), il biopic tratto da Sette vite come i gatti (scritto con Federico Taddia, autore principe in Rai), racconta la vita della protagonista dalla sua infanzia, maschiaccio tra bimbe vezzose, cresciuta ai valori liberali del padre Roberto (Cesare Bocci) di origine svizzera, vegetariano, disoccupato perché rifiutò la tessera fascista e poi dirigente della Società teosofica italiana.
Dopo un fugace approccio al cattolicesimo, la giovane si appassiona all’atletica leggera, s’impone nel salto in lungo e in alto e conquista una certa popolarità fino a leggere il giuramento al raduno dei Littoriali di Firenze. È una ragazza che sa quello che vuole, con la risposta sempre pronta e quella certa sicumera che accompagna i primi della classe. Il distacco dal regime avviene all’indomani delle leggi razziali che causano l’espulsione di una professoressa ebrea del liceo. Seguiamo Margherita negli studi alla facoltà di Fisica, nell’amicizia con Betty, nell’amore con Aldo De Rosa (Flavio Parenti), già compagno di giochi infantili, ritrovato dopo anni, poi marito fedele con il quale condivide la passione per le stelle e l’astronomia. All’università la vocazione s’impone e gli studi scorrono rapidi e soddisfacenti. Inizia la carriera accademica, arrivano il trasferimento all’Osservatorio di Merate, i convegni e le pubblicazioni internazionali fino alla consacrazione all’Osservatorio di Trieste, prima donna a dirigerlo. Il marito la accompagna nei viaggi e nelle attività, fin troppo collaborativo. Cattolico, ottiene il matrimonio religioso, ma quando lei riflette sull’origine dell’universo e sulle domande conseguenti, inibendone la risposta – «non dirmi che è Dio» – lui si limita a prendere appunti per scrivere un libro.
Albert Einstein diceva che «chi non ammette l’insondabile mistero non può essere neanche scienziato» (Scoppiò cinquant’anni fa la «rivoluzione» di Einstein; conversazione con Francesco Severi, Corriere della Sera, 20 aprile 1955). Ma, orgogliosamente atea, femminista, attivista dei diritti civili, favorevole all’eutanasia e vegetariana, Margherita Hack è figura pienamente rappresentativa del pantheon contemporaneo. C’è da accontentarsi che la sua commemorazione si sia limitata a questo didascalico film tv.
La Verità, 7 marzo 2024