Non più antisistema, Joker riscopre l’amore

Musical, dramma carcerario, dramma giudiziario, con anche qualche inserto d’animazione. Per il sequel di Joker, kolossal del 2019 che sbancò a livello mondiale, oltre un miliardo di dollari d’incasso, il regista Todd Phillips sceglie di non lesinare su generi e linguaggi. E, soprattutto, sceglie di costruire un racconto centrato sul binomio ad alta intensità interpretativa composto da Joaquin Phoenix e Lady Gaga, quest’ultima fortissimamente voluta per fare da alter ego all’eroe del primo racconto. Joker: Folie à deux è, infatti, il titolo del seguito visto ieri in anteprima qui al Lido (sarà nei cinema italiani dal 2 ottobre). Trascorsi cinque anni dal successo in odore di populismo pre Covid e pre Capitol Hill, ad attendere il nuovo lavoro c’è lo scetticismo che abitualmente circonda i sequel, tanto più dopo il Leone d’oro conquistato qui a Venezia (oltre ai due premi Oscar all’attore protagonista e alla colonna sonora e una serie di altri riconoscimenti). Puntuali, ieri in sala stampa, alcune sopracciglia inarcate. «Abbiamo atteso a lungo per riprendere in mano la storia perché volevamo creare qualcosa di totalmente inaspettato anche se si trattava di un sequel», ha argomentato Phillips. «Io e Joaquin cantiamo perché è il modo di esprimere meglio quello che a parole non riusciamo a dirci», ha confidato Lady Gaga, in grado di reggere perfettamente il confronto con un attore carismatico come Phoenix. Che rivela: «Ci siamo divertiti ad adattare anche i classici di Frank Sinatra sui nostri personaggi per dirci quello che provavamo». Nemmeno lui, però, all’inizio era convinto della realizzazione di un nuovo capitolo, «ma ben presto ci siamo accorti che non stavamo facendo un sequel, bensì un film con una storia autonoma». Una storia più profonda, forse, che sfiora temi religiosi e l’attesa dell’iniziativa dell’angelo Gabriele.
Dopo Diva futura, il lungometraggio di Giulia Louise Steigerwalt sull’agenzia che lanciò Ilona Staller, Moana Pozzi ed Eva Henger, con Pietro Castellitto nelle scarpe di Riccardo Schicchi – visione problematica per l’audio infelice quanto la recitazione in romanesco, con dizioni frenetiche al limite dell’incomprensibile – Joker 2 sembra iniziare proprio là dove la storia sulle pornostar di successo termina. Vari preti rifiutano il funerale in chiesa di Schicchi fin quando il richiedente non mostra la corposa busta ripiena di banconote. Dentro l’Arkham state hospital di Gotham city, invece, dove adesso un Arthur Fleck-Joker più che mai scheletrico è recluso in attesa di giudizio, nella barzelletta che un secondino gli racconta, è un cane ad ambire alle esequie religiose. Ma il sacerdote cede solo quando il suo affezionato padrone gli parla di 2000 dollari: «Non mi avevi detto che il tuo cane era cattolico». Lo spettrale Arthur Fleck, però, non ride.
Del resto, Joker ha esaurito la vena clownesca con la quale divertiva le guardie che ora lo trattano con deferenza perché il processo, con annessa esposizione mediatica, è imminente. Su di lui è stato fatto anche un film che lo ha reso ancora più popolare di quanto già fosse prima dell’arresto per l’assassinio di cinque persone, ultimo dei quali un famoso anchorman (Robert De Niro), freddato in diretta. Allo scopo di tenerlo buono in vista del dibattimento in aula, Arthur-Joker viene inserito nel coro di un istituto frequentato anche da donne, dove incontra l’avvenente e devota Harley Quinn (Lady Gaga). Per conquistarlo, Harley gli racconta di esser cresciuta nel suo stesso quartiere, di aver subito la perdita del padre e le vessazioni della madre, e di aver visto decine di volte il suo magnifico film. La scintilla scocca, inevitabile. La coppia tenta anche una scenografica, ma velleitaria fuga. Tuttavia, l’accendersi della passione e la dedizione di Harley, commovente negli incontri ravvicinati dietro le sbarre, non possono che convincere Arthur a giocarsi la difesa al processo nella speranza di costruirsi un futuro. Ora non è più solo, «insieme costruiremo una montagna», è la promessa reciproca dei reietti innamorati. Ma visto che niente è come sembra, nella prima mezz’ora succedono più cose che in tutto Queer di Luca Guadagnino.
Più esistenziale e introspettivo, secondo quanto aveva promesso il regista quando aveva accettato l’invito di Warner Bros al sequel («scaveremo ancora di più nella psiche di Fleck»), questo nuovo lavoro abbandona gli eccessi della rivolta antipotere alimentata dal clown-giustiziere nel precedente. «Ma questo film non è una risposta alla critica di nichilismo rivolta al primo Joker», sottolinea Phillips. È un film che cammina da solo e contiene la presa di coscienza dell’eroe, la comprensione che serve l’amore di qualcun altro per essere sé stessi. Anche a costo di prendere le distanze da un progetto apparentemente buono e dalle migliori intenzioni dei suoi stessi seguaci. Insomma, dall’ideologia che non salva. Lo può fare un evento totalmente altro, che s’intuisce appena nell’ultima canzone del musical. Buona visione.

 

La Verità, 5 settembre 2024