Strepitosi gli highlander, Fedez sempre infantile
Le pagelle della seconda serata del 73° Festival di Sanremo
Al Bano, Ranieri, Morandi highlander. Voto: 9
Un pezzo di storia della musica italiana. Finora il loro medley è il momento top del Festival. Più popolari dei tre tenori, più intonati dei Pooh della sera prima, molto più trascinanti dei Black Eyed Peas. Uno su mille ce la fa, Perdere l’amore, Nel sole, tanto per limitarsi nelle citazioni, sono must assoluti che hanno galvanizzato il pubblico dell’Ariston, tutto in piedi a cantare e ballare.
Francesca Fagnani, carta vincente. Voto: 8
Una che sa stare al mondo. Ha indossato l’Ariston come un guanto. Giusta nei tempi e nei toni. Dove la metti fa il suo, quando deve presentare i cantanti, quando deve cazzeggiare con Ama e Gianni, quando arriva il monologo che gestisce con sagacia, misura e pieno controllo dei contenuti. Il dialogo con i ragazzi del carcere minorile di Nisida e l’esortazione ad accendere i riflettori sul rapporto tra la scuola e gli adolescenti marginali lasciano il segno.
Fedez, il moccioso che non cresce. Voto: 2
Passa il tempo, cambia il mondo, lui resta tristemente immobile nel suo infantilismo. Canta «Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse è meglio il viceministro vestito da Hitler», prima di stracciare la foto del sottosegretario Galeazzo Bignami a una manifestazione giovanile di cui si è già più volte scusato. Poi provoca per l’ennesima volta il Codacons. Ha il merito di essersi assunto la responsabilità delle sue azioni. Non dovrebbero mancargli i fondi per pagare le querele.
Pegah Moshir Pour e Drusilla Foer. Voto: 8
Più che giusto ricordare i diritti negati in Iran. Parlare di persone in carcere, donne violate e impossibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero dopo l’elogio dell’articolo 21 della Costituzione era doveroso. Lo hanno fatto le persone giuste e con i toni giusti. Abbiamo ancora nella memoria gli eccessi e i livori di Rula Jebreal; Pegah e Drusilla lo hanno fatto con garbo, eleganza e senza retorica. Doti che giovano alla causa.
Rosa Chemical, Achille Lauro de noantri. Voto: 4
Il voto è la media tra testo, musica e look. Il rapper si presenta con occhiali da sole, bustino in pelle e piercing a volontà. La sua Made in Italy cita Vasco, Celentano e Leonardo. Canta il poliamore: «Ti piace/ Che sono perverso e non mi giudichi/ Se metterò il rossetto in ufficio lunedì/ Da due passiamo a tre/ Più siamo e meglio è». Il ritornello orecchiabile e ben ritmato diventerà un tormentone. Copia sbiadita di Achille Lauro.
Angelo (troppo) Duro per l’Ariston. Voto: 5
Lo stand up più caustico e il teatro più mainstream sono mondi troppo lontani per incontrarsi. Si sapeva che era spietato e divisivo. Il contesto fa il testo. Lui fa sold out in teatri dove il pubblico sa chi va a vedere. Amadeus lo fa uscire all’una meno dieci dopo aver invitato i telespettatori a cambiare canale. Ha rivendicato il primato della trasgressione: non ha tatuaggi, è astemio e sta con una donna da 14 anni. I matrimoni «salvati» dalle puttane sono uno di quei paradossi da sbandata sul ciglio del precipizio.