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Chi era l’uomo Mike dietro Mister televisione

Mica le sapevamo tutte queste cose su Michael Nicholas Salvatore Bongiorno, in arte Mike, e solo Mike anche nel titolo della serie che le rivela essendo tratta da La versione di Mike, scritta a quattro mani nel 2007 con il figlio Nicolò. Un’autobiografia-miniera che racconta dall’infanzia a New York con i genitori che si separano all’arrivo a Torino, poi i primi approcci al giornalismo quando ancora si chiamava Michael Bongiorno (interpretato da Elia Nuzzolo), lo scoppio della guerra e la scelta di entrare nella Resistenza non da comunista, come precisa, il carcere a San Vittore e il lager, il ritorno a New York e le prime corrispondenze per The Voice of America fino alla chiamata in Rai di Vittorio Veltroni che gli suggerisce di semplificare il nome in Mike (Rai 1, lunedì ore 20,40 i primi due episodi al 19,5% di share con 3,4 milioni di spettatori).

L’escamotage narrativo della miniserie è un’intervista dell’affermatissimo, ma schivo, presentatore di Rischiatutto (ora impersonato da Claudio Gioè) a Sebastiano Sampieri (Paolo Pierobon), unica figura di fantasia della storia. Il dialogo scava ben oltre l’immagine pubblica del personaggio pop del proverbiale «Allegria!», oggetto di una fenomenologia antipatizzante di Umberto Eco quando Mike calcava gli studi della Rai, nata nel 1954, da sette anni appena. Perciò, le due serate vanno in onda in un tripudio di anniversari: un secolo dalla nascita del protagonista (26 maggio 1924) e dal varo della radio, dove iniziò, e settant’anni dal debutto della Rai. Eppure, Mike Bongiorno non è solo Mister televisione, iniziatore sia del servizio pubblico che della tv commerciale (ricominciando da TeleMilano), ma un uomo con un’intensa vita privata che voleva preservare. «A me piace parlare del mio lavoro, non di me», dice a Daniela Zuccoli (Valentina Romani), futura moglie, spiegando la riluttanza a concedere quella famosa intervista. E ancora, a Sampieri: «Non esageriamo con il Bongiorno a cuore aperto».
Diretto da Giuseppe Bonito, con Tomas Arana nella parte del padre, e Clotilde Sabatino in quella della madre, il biopic si avvale dell’interpretazione imitativa di Gioè, molto credibile nel riproporre mimica e parlata cadenzata di Mike. Una scelta per farlo sentire più vicino al grande pubblico che l’ha seguito per tanti anni.

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Nella serata di prima programmazione su Sky Atlantic, il terzo e quarto episodio della serie a-ideologica Hanno ucciso l’uomo ragno hanno conquistato 603.000 telespettatori con un incremento del 30% assoluto rispetto ai primi due, già record di ascolti per le serie Sky degli ultimi otto anni.

 

La Verità, 23 ottobre 2024

Grillo torna comico, punge Conte e attacca Bongiorno

Dopo Patrick Zaki, Vincenzo De Luca ed Elly Schlein, ecco Beppe Grillo presentarsi davanti all’acquario di Che tempo che fa. Più ancora che il Parlamento, dove agiscono deputati e senatori dem e pentastellati, e le piazze, dove si sventolano bandiere e si urlano slogan per battere le destre, è la televisione il territorio più visibile dell’opposizione al governo Meloni. Grillo arriva per consolidare l’altalenante intesa intravista in piazza del Popolo a Roma, con Giuseppe Conte presente alla manifestazione Pd, circondato dai suoi colonnelli e dai pontieri di Schlein? È la domanda che sta sottotraccia all’ospitata del comico genovese nel programma del conduttore savonese. Una connessione anche geografica, non senza spinose interruzioni nascoste nel passato. Ma risposte non ne sono arrivate. Grillo entra e porge a Fabio Fazio una campanella: «Se esagero, mi fermi». Il conduttore lo aveva presentato con gli epiteti e gli insulti che lo precedono nei suoi show a teatro: Grillo è il peggiore. «Sono qui per capire chi sono. Sono davvero il peggiore? Voglio capire in base a quello che voi vedete in me», dice rivolto al pubblico in studio. Intanto ingrana la retromarcia dalla politica: «Non posso condurre e portare a buon fine un movimento politico. L’ultima intervista che ho fatto in tv abbiamo perso le elezioni e quelli che ho mandato affanculo adesso sono al governo». È l’ammissione di un fallimento. Il comico, l’uomo di spettacolo subentra al leader del M5s. Anche se sottolinea alcune cose buone fatte o suggerite sulla transizione ecologica. Salta da un argomento all’altro, «la televisione finta», «le statistiche finte», i giornali online «che sono peggio di quelli cartacei, c’è la foto di un bambino morto e poi subito a fianco Jennifer Lopez in mutande». Fazio tenta di arginarlo. L’idea di promuovere il campo largo non passa. Poi «ci sono alcuni personaggi inopportuni, come l’avvocato Giulia Bongiorno, che è presidente della commissione giustizia e fa dei comizietti davanti ai tribunali». Per inciso, è anche l’avvocato difensore della vittima di stupro nel processo che vede imputato suo figlio Ciro. Fortunatamente il conduttore lo ferma.

Schlein, De Luca, Grillo: sul Nove il campo largo è una telerealtà certificata dal ritorno in televisione a quasi dieci anni dall’ultima volta, ospite di Bruno Vespa, del comico fondatore e ora garante del M5s. Era il 19 maggio 2014, praticamente un’altra era politica, quando Beppe Grillo si era accomodato sulla poltroncina bianca di Porta a Porta e aveva sparato la sua raffica contro l’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, definito «l’ebetino». E ancora più lontani sono i tempi in cui, febbraio 2013, annunciando che sarebbe andato a cantare al Festival di Sanremo quell’anno condotto da Fazio, il comico genovese definiva Che tempo che fa il «programma stuoino del Pdmenoelle». Ora il Pdl non c’è più, è rimasto solo «il Pdmenoelle», nel frattempo diventato alleato dei Cinque stelle prima nel governo giallorosso e, potenzialmente, ora all’opposizione. Perché, soprattutto, adesso c’è la destra al governo e, dunque, ecco la rimpatriata dei liguri Fazio e Grillo, tra Francesco Guccini e Bella ciao, l’immancabile Roberto Burioni e l’ideologo della compagnia, Michele Serra. Il quale, in apertura di serata, con un’acrobazia consentita ai saltimbanchi dell’ideologia, citando San Francesco e «sorella morte», ha appoggiato il primato della volontà di morte dei medici inglesi sul desiderio di vita dei genitori di Indi Gregory.

Poi ci avevano pensato le grandi firme del giornalone unico a preparare il terreno alla questione all’ordine del giorno. Il campo largo si avvicina o no? «La piazza c’è, l’alternativa non ancora» (Massimo Giannini), «Le persone ci sono, adesso bisogna vedere i leader cosa costruiscono, anche perché a questo governo fa bene l’opposizione» (Fiorenza Sarzanini).

Ma Grillo ha scombinato i piani e deluso le attese. La sua autocritica sembra sincera e diventa un torrente inarrestabile, fra transizione ecologica e attacchi sparsi. Fa un sondaggio col pubblico: ditemi cosa devo fare, il comico o il politico? Ma queste idee le dai a Conte?, prova a riportarlo sul binario della politica Fazio. «Luigi Di Maio era il politico più preparato che avevamo. Siamo stati noi a scegliere Conte. Non si può fare l’opposizione totale, sempre: anche un orologio fermo due volte al giorno segna l’ora giusta. Questo governo è una decalcomania, più gli sputi sopra più si appiccica. Adesso lasciamo che facciano da soli. Conte l’abbiamo scelto perché non potevo andare avanti sempre con il vaffanculo. È un bell’uomo, laureato, curriculum prestigioso, sapeva l’inglese, quando parlava si capiva poco perciò era perfetto per la politica, poi è migliorato. Adesso ci mette un po’ più di cuore, siamo stati un movimento evangelico, siamo nati il 4 ottobre, San Francesco. Questo governo fa quello che può. Non è tutta colpa di questo governo… Avete visto i giovani? Sono depressi, demotivati, non credono più a niente, neanche in Dio. La scomparsa di Dio è un fatto grave, io non sono credente, ma senza Dio è un problema, non ci sarebbe niente, non ci sarebbe più l’arte, c’è un algoritmo. Il cristianesimo ha fatto la nostra storia, la nostra cultura. Siete sorpresi? Lo capisco…».

 

La Verità, 13 novembre 2023

«Famiglia naturale? Bella come una tribù che balla»

Tra virgolette. Lo ripete spesso, Antonella Elia, e vuol dire: le cose sono così, quasi. È innamoratissima di Pietro Delle Piane, ma per sposarsi è presto. Il rapporto con Mike Bongiorno era alla pari, più o meno. Le piacerebbe condurre un programma, ma dovrebbe essere speciale. Solo quando parla di sé e delle sue sofferenze, non poche, le virgolette spariscono. Sarebbe sbagliato vederla come una donna di contorno, una presenza decorativa. Trasmette fragilità, ma non le manca lo spirito della lotta. A BellaMa’ di Pierluigi Diaco ha fatto l’opinionista. A Citofonare Rai 2, condotto da Simona Ventura e Paola Perego, è inviata sul fronte dell’amore. Di recente, ospite di Oggi è un altro giorno su Rai 1, ha detto che «la famiglia tradizionale è bellissima».

È vero che quest’anno si sposa?

«Ehm… non credo, perché purtroppo ho paura. Per me il matrimonio è un vincolo sacro. Lo so che va di moda che se non funziona si divorzia. Ma, onestamente, io mi sposerei in chiesa e non posso considerare questa ipotesi. Se lo faccio dev’essere per tutta la vita».

Non è una bella prospettiva?

«Bellissima. Ma se considera la mia età e il fatto che ho vissuto tanto da sola nella savana…».

Bella metafora.

«Pietro potrebbe essere il compagno della vita, ma dovrei esserne certa. Quattro anni di fidanzamento forse non sono sufficienti per fare una scelta definitiva come il matrimonio».

I rodaggi lunghi servono ai ragazzi, quattro anni non bastano?

«Le statistiche dicono che più si diventa grandi più è difficile far durare le relazioni perché si è legati alle proprie abitudini. La convivenza è una scappatoia, consente una via d’uscita se qualcosa non funziona».

Scelta di comodo?

«Ha ragione, sono egoista e cagasotto».

E quindi niente vestito da sposa e confetti?

(Pausa) «È nell’aria, ma entro il 2023 rispondo maybe. Diciamo che non ho ancora organizzato nulla».

Non se la sente di rischiare?

«I rischi affettivi non mi sono congeniali, avendo avuto una serie di vicende… Però questo legame così saldo me lo tengo stretto. Anche mio papà e mia mamma ci hanno messo otto anni prima di sposarsi. Pensi il caso: si sposano, nasco io e dopo un anno e mezzo lei muore».

Poi è rimasta senza papà a 15 anni.

«Morì in un incidente stradale. L’idea di famiglia è sempre stata qualcosa di precario per me. Mio padre si è risposato con Paola quando avevo 9 anni. E poi anche la loro relazione è finita tragicamente».

Chi si è preso cura di lei?

«Paola, fino a quando ho avuto 18 anni e sono andata a vivere con un ragazzo».

Precoce.

«Dopo tre anni ho lasciato anche lui».

Com’è arrivata in televisione?

«Dopo aver studiato recitazione tre anni in una scuola privata di Torino, sono entrata al Teatro della Tosse di Genova. Ho fatto le prime tournée con Aldo Trionfo, recitando in Peccato che sia una sgualdrina di John Ford, e Tonino Conte. Poi ho partecipato ai provini della Corrida di Corrado».

E lui la chiamò.

«Lo facevo ridere perché ero goffa, mentre le altre erano belle e perfette».

La scelse perché con lei poteva giocare?

«Pensi che ero seduta a fianco di Michela Rocco di Torrepadula. Me ne stavo lì, ingobbita, perché mi sentivo fuori posto, come sempre del resto. E Corrado mi chiese proprio perché me ne stavo incurvata. “Perché mi vergogno”, dissi. Si mise a ridere e mi prese».

Qual era il suo tratto distintivo?

«La straordinaria umanità e la tenerezza verso le persone che lo circondavano, a partire da me fino all’ultimo tecnico dello studio».

Poi arrivò Raimondo Vianello.

«Mi aveva visto con Corrado e mi portò a Pressing».

Duetti favolosi.

«Sfruttava la mia goffaggine e la mia comicità involontaria».

Un flash su Raimondo?

«Era il re dell’autoironia. Trasformava ogni situazione in una presa in giro. Quando, la domenica, ci si trovava a vedere le partite e io mi annoiavo a morte, mi diceva: “Si faccia le unghie, Antonella”. Poi in trasmissione si appoggiava sulla mia ignoranza per inventare le gag».

Mike Bongiorno?

«Dopo 3 anni di Pressing, feci La ruota della fortuna, poi Viva Mozart… Fu il mio ultimo anno di tv prima di tornare a teatro, altro errore…».

Ne aveva soggezione?

«Mica tanto. Era un rapporto più alla pari, tra virgolette. A Corrado e Raimondo davo del lei. Mike era affettuoso, protettivo e accudente. Anche se a volte s’incavolava, ma questo è risaputo».

Quasi amici?

«Sì, anche amici. Quando andammo a Vienna per Viva Mozart, mi portò a visitare i mercatini, ad assaggiare la Sacher torte in una pasticceria bellissima…».

Si trovava bene vicino a figure autorevoli perché cercava il padre perso presto?

«Mi era di conforto che mi mostrassero affetto e apprezzamento. Non ho abbastanza autostima, da sola non mi sento mai ok».

Quando ha partecipato all’Isola dei famosi è parsa tutt’altro che insicura.

«Perché ho un caratterino mica da ridere. Quando combatto, combatto all’estremo. E i reality sono terreno di combattimento».

Letteralmente, cone nella rissa nel fango con Aida Yespica rimasta nella storia della tv.

«Era nella sabbia, altrimenti sarebbe stato wrestling. Ho carattere e volontà, sennò mica sarei arrivata dove sono. L’Isola è come la vita di strada, tutti contro tutti. Sono stata abituata a lottare fin da piccola per le perdite e gli abbandoni… Quindi, tra virgolette, vengo dalla strada, l’ho vista subito brutta. Il reality è vita non arte, non c’entra il talento, non ci sono copioni, porti te stessa con le tue bassezze e grandezze. Oddio, grandezze se ne vedono poche».

Parlando di strada, cosa pensa degli studenti che protestano in tenda contro il caro affitti?

«Che da Seregno a Milano si può ben fare la pendolare. E che la realizzazione di sé stessi non è un fatto di privilegi, ma di fatica, sudore e sacrificio. Poi, riguardo al caro affitti, per carità, è giusto intervenire, non si può pesare solo sui genitori, non si può sfruttare così la gente. Ma prendere il treno non è la fine del mondo».

Lei ne ha presi molti?

«Quando ero modella facevo la spola Torino Milano. A 24 o 25 anni, quando speravo di diventare attrice, prendevo la cuccetta da Torino a Roma. Viaggiavo tutta la notte, mi truccavo nel bagno del treno, scendevo a Termini e pigliavo i mezzi per andare al provino davanti a registi importanti. Finito, me ne tornavo a Torino. Durante le prime tournée ho dormito su brandine sfondate. Il treno e la vita da pendolare è una materia su cui sono preparata».

I provini come andavano?

(Sospiro) «Insomma… Mario Monicelli mi fece andare quattro volte per la parte di Il male oscuro, una produzione italo francese, che poi andò a Emmanuel Seigner, moglie di Roman Polanski. Feci un provino anche per Massimo Troisi, ma non mi scelse. Invece, Salvatore Nocita mi prese per I promessi sposi della Rai».

Quest’anno ha fatto l’inviata per Simona Ventura e Paola Perego e l’opinionista di BellaMa’. È soddisfatta o vorrebbe un programma suo?

«Mi diverto sia come inviata che racconta storie d’amore sia con Diaco con il quale c’è empatia… Forse sarebbe il momento di una conduzione, ma dovrebbe trattarsi di un programma un po’ fuori dai canoni. Io funziono di più in coppia, da sola probabilmente non mi divertirei».

Parteciperebbe ancora a qualche reality, magari meno estremo dell’Isola?

«No no, a me piace L’Isola perché è proprio l’avventura. Una tentazione irresistibile».

Qualcosa che invece non rifarebbe?

«Il Grande Fratello. Troppo claustrofobico, la convivenza forzata con altri non fa per me. All’Isola vai a nuotare o a camminare e torni dopo due ore. Lì mi chiudevo nella sauna e sudavo sette camicie».

Amici e amiche nel mondo dello spettacolo?

«Non ho molte frequentazioni… Sento spesso Adriana Volpe e Laura Freddi, ma non ci vediamo molto per i troppi impegni. Diaco lo considero un amico. Simona e Paola cercano di aumentare la mia autostima. Per le prime 15 puntate di Citofonare Rai 2, Paola mi mandava dei vocali d’incoraggiamento. Anche Simona è molto affettuosa».

Qual è la dote che apprezza di più nel suo compagno?

«L’energia. E poi è profondamente buono, innocente. Pietro è innocente».

Qualche giorno fa Laura Chiatti è stata sommersa di critiche perché ha detto che l’uomo che lava i piatti le fa calare la libido. Capita anche a lei?

(Ride) «Pietro lo trovo sexy quando carica la lavastoviglie. Quando cucina per me è come se distribuisse amore. Lo fa perché non vuole che lo faccia io e questo è bellissimo».

Le ho sentito dire che «la famiglia tradizionale è bellissima»: che cosa le piace?

«Mi piace il nucleo. È come una tribù che balla. La famiglia di Pietro è enorme, fatta di legami profondi di amore tra fratelli, zii, cugini. Le mie zie, quando è morto mio padre, sono sparite nel nulla, non mi hanno più filato. Non ho mai veramente vissuto in una famiglia. Sono rimasta sola come un cane randagio, perché nessuno dei parenti, che sicuramente ho, mi ha più cercato».

C’è qualcosa nella vita che non rifarebbe?

«L’ho detto anche da Serena Bortone: mi sono pentita di aver abortito».

Perché?

«Avevo un essere vivente, in embrione, dentro di me. Era una vita a cui non ho dato modo di esistere. Una vita che era parte di me, un essere a cui avrei fatto da madre».

In quell’occasione ha parlato di peccato: è credente?

«Sì, ma la mia amarezza non deriva dal fatto che credo in Dio. O forse sì… Ho capito di aver commesso un peccato contro un altro essere vivente. So che Dio mi perdona, sono io che non mi perdono».

Non l’aiuta insistere sull’irreparabilità dell’azione, il Padreterno perdona.

«Certo. Ma se ti tagli una mano non ricresce. Forse potrei espiare, compiendo azioni meritevoli per recuperare il rispetto di me stessa che, per quello specifico atto, non ho. Se quando morirò Dio mi dirà che mi ha perdonato sarò felice. Ne ho parlato con un prete e mi sono vergognata. Se non l’avessi fatto oggi ci sarebbe un ragazzo di 26 anni, chissà perché penso che sarebbe stato un maschio…».

Che cosa pensa della maternità surrogata?

«Dell’utero in affitto? Non lo so, è una questione delicatissima. Ho amici omosessuali che sono padri meravigliosi e crescono bambini sereni. I figli sono nati da una donna in California, non una donna povera. Lo so, in questi casi si parla di compravendita, ma io non mi sento né di accusare né di giudicare».

Con tutto quello che ha vissuto, come fa a essere sempre sorridente?

«Provo a trasmettere gioia, a mettere in evidenza la felicità che ho dentro di me, assieme al dolore. Che però non mi piace raccontare perché mi fa sentire patetica. A volte capita che riveli anche le mie tristezze, ma solo in qualche intervista».

 

La Verità, 20 maggio 2023

Quel «Rischiatutto» che poteva essere un grande show

Riecco Rischiatutto, dopo le puntate spot di aprile su Rai 1. Rieccolo su Rai 3, nonostante i messaggi subliminali di Fabio Fazio che avrebbe preferito la rete ammiraglia. Ma Campo Dall’Orto l’ha promesso a Daria Bignardi e difficilmente tornerà sulla sua decisione. Però, questo è il punto. Rischiatutto ci può stare, come si dice, su Rai 3, ma probabilmente è troppo e tende a debordare perché è alieno rispetto alla cornice che lo ospita. Ha una ritualità, un linguaggio, una grammatica istituzionale che travalica la scrittura informale della terza rete (giovedì, ore 21.15, share del 13,8 per cento). Anche Fazio in doppiopetto – pazienza per la cravatta marrone – ci mette del suo. Rai 3 è informazione, inchieste, cronaca, talk show. Quiz no, varietà ancora meno. Messo così, è una citazione, tv vintage con qualche piccolo aggiornamento e l’invenzione nazionalpopolare della materia vivente, che l’altra sera era Carlo Verdone, pretesto per tuffarsi nella storia del cinema e nella carriera dell’attore-regista. Dell’annunciata versione 2.0 non s’è vista traccia se si eccettua una domanda dal web, cui si può rispondere tramite pc. Per il resto, ciò che manca davvero è il contorno, il contesto, decisivo affinché un programma si trasformi in evento. Non si può certo pretendere che quarant’anni dopo la stagione d’oro di Mike Bongiorno l’Italia si fermi come allora. Però un pizzico di pathos e di show in più: questo sì. Doppiopetto a parte, si capisce che Fazio gioca anche lui, pur mantenendo un aplomb formale. Si capisce la sua scelta di restare fedele al format originale, una scelta filologica, con le frasi di Mike («faccia bene i suoi conti», «faccio partire il tempo e le leggo le domande una alla volta», «ci pensi bene»), la stessa tendenza a stuzzicare i concorrenti, il distacco professionale, il ruolo del Signor No, il mitico Ludovico Peregrini, che Fazio vuol trasformare in personaggio. Ma forse proprio questa è, oltre che la forza, la debolezza dell’impostazione. Fazio è troppo «dentro» il progetto. E, alla fine, la cornice trasmette all’operazione un’aria dimessa e malinconicheggiante. Come se la Rai non ci avesse creduto fino in fondo per farne un grande appuntamento. La lettura dei quiz dal tabellone delle materie che all’epoca era un macchinario di meraviglie, oggi appare pedissequa. Oltre alla suspense manca lo show. Bastava sceneggiare qualche quesito, oppure renderlo più social, più tecnologico, e tutto sarebbe risultato più attuale. Per proclamarsi fedeli all’origine, c’è già Rischiatutto storia, l’appendice con i concorrenti di allora, gli aneddoti sentimentali di Peregrini («dopo la serata andavamo a cena al Santa Lucia») e, tra le cose migliori, Fiorello che legge brani da La versione di Mike (Mondadori).

La Verità, 29 ottobre 2016

I cinque motivi del boom di Rischiatutto (2.0)

Non c’erano dubbi che Rischiatutto avrebbe fatto il botto (oltre 30 per cento di share e 7,5 milioni di telespettatori). Bastava non inventare troppo, non stravolgere il format originale di Mike Bongiorno aggiornandolo solo un po’, con un tocco d’ironia e di scanzonatura, la sfumatura che Fabio Fazio indossa meglio di questi tempi. Fatta questa premessa, i motivi del successo della serata d’esordio del Rischiatutto 2.0 sono molteplici.

  1. La forza del format. Intanto: del 2.0, inteso come aggiornato ai tempi del web, non c’è traccia. Niente televoto, niente social network e cinguettii vari in tempo reale. Il quiz classico, tradizionale, senza spezie virtuali e internettose, il padre di tutti i telequiz è più che sufficiente ad attrarre il grande pubblico.
  2. Il retrogusto vintage. Indovinata l’idea di mantenere studio, cabine, tabellone, grafica e musiche originali, e tutti i piccoli riti inventati da Mike, la prova pulsante, le buste, la chiusura delle cabine, le gag con il Signor No, Ludovico Peregrini, soddisfacendo il feticismo dei cultori. Indovinata anche l’idea di partire con il bianco e nero per poi colorare l’ambiente. Nostalgia stuzzicata nelle giuste dosi, senza eccessi e indugi compiaciuti. Il vintage funziona, come insegna la Tipo di Montalbano. Fazio sa come surfare su queste onde, Anima mia docet.
  3. Il format largoRischiatutto fu campione di ascolti nei primi anni ’70, quando Christian De Sica era giovane, Fabrizio Frizzi adolescente, Lorella Cuccarini, Fabio De Luigi e Maria De Filippi bambini. I ragazzi di adesso, invece, ne hanno sentito parlare da genitori e nonni e un pizzico di curiosità ce l’hanno. Mike riusciva a trasformare i concorrenti in caratteristi e a imprimerli così nell’immaginario, motivo per cui i telespettatori dell’epoca erano curiosi di rivedere la mitica signora Longari e il bizzarro Andrea Fabbricatore cinquant’anni dopo. La traversalità generazionale era uno degli obiettivi di Fazio. Missione compiuta.
  4. Il generalismo della Rai. La televisione cresce e si impone sfruttando la televisione. Il tuffo nel passato è stato un tuffo in un’epoca in cui la Rai rappresentava tutto il Paese. La scelta di ospiti-concorrenti molto generalista paga. Christian De Sica e i volti rappresentativi della storia e del presente della Rai come Frizzi e Cuccarini avevano voglia di giocare. Importante anche la presenza di Maria De Filippi. Rischiatutto e quella Rai sono come la Nazionale e quando gioca la Nazionale tutti remano nella stessa direzione. Anche le materie dei concorrenti di stasera (musica sinfonica, storia della Juventus e Marylin Monroe) sono passioni di massa.
  5. Le novità riuscite. La materia vivente interpretata da Alberto Tomba (stasera toccherà a Fiorello), scelto con il criterio di cui sopra, la massima popolarità, funziona. Come funziona l’innesto di Nino Frassica, già collaudato a Che fuori tempo che fa. Matilde Gioli ha gli occhi e il sorriso giusti per interpretare il ruolo di valletta, ironica e dolce ad un tempo.

Stasera si bissa. Resta da vedere se la gara con i concorrenti sconosciuti avrà la stessa presa di quella con i volti noti. E in autunno si vedrà se il Rischiatutto (2.0) resterà su Raitre o verrà promosso sulla prima rete, Daria Bignardi permettendo.

Rischiatutto resta su Rai3 e slitta in autunno

Rischiatutto non ce l’ha fatta a conquistare Raiuno e sarà trasmesso da Raitre. Era il programma più atteso della stagione. Un grande ritorno, un marchio storico della Rai dei momenti di gloria, correvano gli anni ’70. Da tempo Fabio Fazio lavora al progetto di una nuova edizione del principe dei telequiz, annunciato alla presentazione dei palinsesti del luglio scorso come l’asso della stagione 2016 e il sogno accarezzato della promozione su Raiuno. Invece no, quello che, guidato da Mike Bongiorno il giovedì sera, inchiodava davanti al video l’Italia intera (la media fu di 22 milioni di telespettatori, con punte di oltre 31, non c’erano ancora la tv commerciale e tantomeno l’Auditel) non ce l’ha fatta ad approdare sul “programma nazionale” come si diceva un tempo, e resterà su Raitre. Non solo. La seconda notizia è che il quiz slitta in autunno.

Chissà. Avrà puntato i piedi il direttore Andrea Vianello volendo difendere il lavoro di Fazio e della sua squadra… Oppure si sarà considerato di sostenere la sua rete che non scoppia di audience… Sarà stata una decisione della nuova dirigenza Rai per partire bene l’anno prossimo… Fatto sta che calendario e palinsesto hanno subito diversi aggiustamenti. Dopo il Festival di Sanremo, su Raitre andrà in onda una striscia quotidiana dal lunedì al venerdì con il casting dei concorrenti, un po’ in stile reality. L’orario previsto è quello attualmente occupato da Sconosciuti. Sarà certamente una strategia per alimentare l’attesa, in verità già lunga, e fidelizzare il pubblico più giovane che di Rischiatutto ha sentito parlare dai nonni. In primavera Raiuno trasmetterà un’unica puntata, rinviando al prossimo autunno quando, nella tradizionale serata del giovedì, il nuovo Rischiatutto diventerà appuntamento fisso di Raitre.

Con l’eccezione della regia di Duccio Forzano, non si sa ancora molto del cast. Se Fazio si contornerà dei suoi collaboratori abituali, da Luciana Littizzetto a Filippa Lagerbak. O se, come qualcuno ipotizza, coinvolgerà anche Nino Frassica, protagonista tutti i sabati a Che fuori tempo che fa, di una delle gag più esilaranti in circolazione quando mette in scena una demenziale sfida tra due concorrenti improvvisati del futuro telequiz.

Ai tempi di Mike Rischiatutto andava in onda su Raidue (Raitre non esisteva) per approdare sulla “rete ammiraglia” solo in occasione delle puntate finali. Fu ugualmente un successo storico.