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Forest e la Gialappa creano un sovramondo di gag

Basta un sopracciglio alzato, un calembour del Mago Forest e un rimbalzo fuori campo della Gialappa e ci si trova catapultati nel più esilarante sovramondo televisivo del momento. Un circo demenziale, credibilissimo. Un vortice di cialtroni e balordi, molto più che verosimili. Un caravanserraglio di sciroccati, un calderone di squinternati, sui quali si scatena l’irrisione di Marco Santin e Giorgio Gherarducci (senza Carlo Taranto) che, spalleggiati da Michele Foresta, animano Gialappashow, migrato in questa stagione su Tv8 e SkyUno (lunedì, ore 21,30, share complessivo del 5,8% , un milione di telespettatori).

C’è Galeazzo Italo Mussolini (Stefano Rapone) nei panni del Vice portavoce aggiunto del governo, «il creativo, il Lapo della famiglia», che promuove il rinnovamento della scultura distribuendo il busto di Pino Insegno. C’è Ester Ascione (Brenda Lodigiani), il primo androide prodotto interamente in Italia che, ancora in fase di perfezionamento, ripete a tormentone le proprie generalità e abilità, confondendosi immancabilmente. C’è il fachiro Tandoori (Alessandro Betti) che propone stralunati esperimenti di meditazione. C’è la sit-com di Sensualità a corte con Jean-Claude (Marcello Cesena) e sua madre pronti a partire per Pechino Express. Poi ancora un’Orietta Berti (sempre la Lodigiani) disposta a promuovere qualsiasi cosa, le imitazioni di Ubaldo Pantani di Bruno Barbieri e Costantino della Gherardesca, la rubrica Cucinare guidando. Finiscono nel mirino gli eccessi dei format e di certi improbabili reality di dating della stessa Tv8, ma pure le interviste di Berve, nella parodia ancora da definire di Francesca Fagnani proposta da Valentina Barbieri. Altra partecipazione fissa di rilievo è quella dei Neri per caso, mentre le partner di Forest, domenica sera Melissa Satta («c’è chi prende la melissa per rilassarsi, a me la sua vicinanza fa l’effetto contrario»), cambieranno ogni puntata.

A ben vedere, al di là della galleria di dementi che affollano lo studio, l’originalità dello show è nell’alchimia tra i Gialappi superstiti e Forest, tutt’altro che spalla, vero perno di questo hellzapoppin travolgente, fatto apposta per spopolare in pillole sul Web. Pur senza nascondere l’orientamento di fondo, però dispensato in modica quantità, l’universale presa per i fondelli è così naturale e disinvolta da innescare un circolo contagioso, che risulta immune al politicamente corretto e privo di quelle pesantezze ideologiche che soffocano altri, più ambiziosi, tentativi di satira.

 

La Verità, 30 maggio 2023

L’anti talk show di Pif con i candidati premier

Scegliere per chi votare alle prossime elezioni è un po’ come scegliere il piatto sul menù al ristorante. L’assunto di partenza di Pif in Il candidato va alle elezioni è già in partenza il manifesto programmatico del suo nuovo programma su Tv8, la cifra della televisione che Pierfrancesco Diliberto ha sempre proposto con il marchio storico de Il Testimone (martedì, ore 21.15, share dell’1.3%). Il tono scanzonato, l’ironia, la curiosità che, senza prendersi sul serio, riesce a guidare con sagacia il telespettatore nella conoscenza degli interlocutori incontrati in modo informale, nelle trasferte in furgone, in treno, prima del comizio in piazza o al bar. Tante volte si sceglie il piatto sbagliato e si finisce per rovinarsi la cena. Bisognerebbe poter assaggiare tutti i piatti prima di fare la comanda. Per le elezioni Pif ha deciso d’incontrare tutti i candidati premier disposti a farsi assaggiare dalla sua telecamerina. Lo scopo è conoscere le persone, far capire chi sono coloro che si propongono come nostri governanti, senza impantanarsi nelle discussioni capziose e inconcludenti che traboccano da tutti i talk show. Si parte con Luigi Di Maio, candidato trentaduenne di M5s, perennemente in giacca e cravatta al quale Pif cerca di estorcere qualche trasgressione: canne, scuola marinata, multe per violazione del codice stradale. Niente da fare: «È la persona più difficile che abbia mai intervistato. Di solito, dopo un po’, la gente si rompe i c…i e viene fuori al naturale». «Ma io al naturale sono così». Il problema è proprio questo. Pif pensava che Di Maio fosse ingenuo, in realtà è abbastanza scafato. Morale: per uno che si candida premier non è del tutto negativo. Con Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, si va sul privato. Il compagno è di quattro anni più giovane e di sinistra: le discussioni su liberalizzazione delle droghe, gay e unioni civili sono animate… «Non si è posta il problema? Io me lo sarei posto», riflette Pif. «Perché voi di sinistra siete più settari», lo punge Meloni. Che si irrita quando viene provocata sul rapporto tra Fdi e Casa Pound. Con il candidato di Liberi e uguali Piero Grasso, palermitano, Pif gioca in casa. L’appuntamento è nella sede della città siciliana, a poca distanza da dove fu ucciso Piersanti Mattarella, fratello del presidente della Repubblica. Il trentacinquenne Grasso era il magistrato incaricato delle indagini. Quella volta la mafia aveva ucciso in pieno inverno e con lui Pif rinfodera gli artigli.

La Verità, 22 febbraio 2018

Sky conferma che Tv8 ha fatto vincere Licitra

A conferma di quanto scritto e pubblicato da La Verità il 16 dicembre e su Cavevisioni.it il 17 Sky ha fornito i dati di tutti gli otto live per fugare le tesi complottarde dei fan dei Maneskin. Si scopre così che la band romana è stata la più votata nel corso della seconda, terza, quinta e settima puntata, ma Licitra (che ha ottenuto un maggior numero dei voti solo nel primo e sesto live) è riuscito a scavalcarla proprio nella puntata finale, anche se con uno scarto minimo: 1.446.848 voti per il gruppo nell’ultima manche, e 1.615.665 per il cantante siciliano. Sommando i voti giunti per i due concorrenti nel corso dell’edizione si arriva a 7.479.630 voti per la band, e 7.070.939 per il tenore pop. È plausibile pensare che a consegnare la vittoria al concorrente della squadra di Mara Maionchi possa essere stato il pubblico che ha seguito la finale in chiaro su Tv8 e Cielo; un po’ come successe nel 2015, quando Giò Sada riuscì a vincere sugli Urban Strangers che invece nelle puntate precedenti erano risultati i favoriti dai telespettatori.

Non è Sanremo, ma X Factor in chiaro su Tv8

Il televoto di Tv8. Sembra un gioco di parole ed è l’arcano neanche tanto nascosto del risultato a sorpresa di X Factor 11: Lorenzo Licitra vincitore al posto dei super pronosticati Maneskin capeggiati da Damiano David. Un verdetto inaspettato, un laser che ha squarciato le certezze del Forum di Assago, spiazzando Alessandro Cattelan che doveva proclamarlo, Mara Maionchi, Manuel Agnelli, gli stessi artisti in attesa. Tutto pendeva dalla parte della sfrontatezza dei ragazzi di Monteverde, quartiere del Gianicolo dall’elevato profilo artistico. La fresca conquista del disco d’oro con l’inedito Chosen, mitragliato da tutte le radio. Le previsioni delle agenzie di scommesse. Il tifo del pubblico femminile più modaiolo, sedotto dalla fluidità del frontman che aveva acceso fenomeni d’isteria anche un filo over. La preferenza delle testate glamour, degli ambienti rock, del mondo fashion. Una vittoria annunciata. La gran voce tenorile e il sorriso aperto di Licitra non potevano bastare. Invece, il talent fa i cantanti, guida i percorsi, ma non i gusti dei telespettatori. Tanto più se, dopo aver lavorato al coperto, per la finale ti affacci sulle reti in chiaro. La smentita è in agguato. Il pubblico generalista è più pop, più tradizionale e allergico agli eccessi. Era accaduto, per lo stesso motivo, anche nel 2015 con Giosada che, a sorpresa, aveva superato i favoriti Urban Strangers. Stavolta si sottolinea che nella prova del medley Licitra è stato superiore all’avversario. In realtà il vantaggio dei Maneskin non poteva essere annullato da una sola esibizione. È il televoto a fare la differenza. «Come Sanremo. Il rock non può vincere», ha cinguettato Gino Castaldo su Twitter. Per anni, proprio al Festival di Sanremo i concorrenti di Amici di Maria De Filippi e dei talent hanno imperversato perché le community dei loro fan erano più attive al momento del televoto. A X Factor accade il contrario: al momento di scegliere il vincitore il pubblico di Tv8 e Cielo smentisce o almeno corregge il percorso sul canale criptato. Una smentita clamorosa, un colpo di coda anche sul dualismo tra scelte pop e mondo underground, tra la Maionchi e Agnelli.

Sky Italia e FremantleMedia si godono i numeri da primato: 2,7 milioni di telespettatori, l’11.2% di share sommando Sky Uno, Tv8 e Cielo, in crescita del 22% rispetto alla finale del 2016. Si gode la qualità dello spettacolo e la macchina oliatissima che fa perno sull’inventiva del direttore artistico Luca Tommassini, sulla disinvoltura di Alessandro Cattelan e su un brand forte che si avvantaggia pure delle polemiche sul verdetto.

La Verità, 16 dicembre 2017

Cinque cose su questo inizio stagione di Sky

Upfront Pienone di star agli Arcimboldi di Milano per il lancio dei palinsesti. Poco più di un’ora tra speech, video e show. Un mix di comunicazione, divertimento, seduzione. Momento più emozionante della serata il frammento di E poi c’è Cattelan con l’intervista a Tim Roth. Peccato che, sopravvalutando l’inglese di tutti i presenti, Ale e Tim abbiano finito per confabulare tra loro. Stessa sensazione, ma la lingua non c’entra, per il dialogo con Ilaria D’Amico a proposito di un ballo, una festa, Costacurta… non s’è capito. E dire che l’hashtag era Together. Per il resto, grande serata.

Serie Tin Star promette non bene, benissimo. Roth ha il solito carisma quando fa personaggi malmostosi e borderline. Qui è uno sceriffo dalla doppia personalità che vuole resettare il passato di alcolista. Si trasferisce con famiglia da Londra al Canada, vicino Calgary: scenario mozzafiato di laghi, boschi e montagne. A rovinare tutto arriva la raffineria di petrolio e un contorno di malavitosi, difficili da tenere a bada. Come i dèmoni dello sceriffo.

X Factor e gli show Da monitorare anche l’undicesima edizione del talent musicale. La scommessa è sempre la stessa: riuscirà la nuova stagione a migliorare la precedente? Si parte sempre scettici. Poi… La giuria è per metà nuova. Al posto di Alvaro Soler, Levante, al posto di Arisa, Mara Maionchi. Confermati Fedez e Manuel Agnelli. Totale: meno internazionalità (andando indietro: Mika e Skunk Anansie) e giuria tutta italiana per valorizzare, a contrasto, i tanti concorrenti di etnie straniere. E forse più attenzione agli over trenta che ai teenagers. Momento topico, le scintille con Angelo, un concorrente segato, quando Levante gli ha detto: «Non hai incontrato il mio gusto», e Agnelli: «Il mio sì, ma l’hai preso a pugni». Risultato: 1.327.000 telespettatori medi (4.57% di share, +3% sul debutto 2016). Il resto dell’intrattenimento è un gigantesco Masterchef con i suoi spin off e gli chef che si moltiplicano in tutte le salse. Sky Arte ha sempre un’offerta poliedrica, attenta alla musica, al collezionismo e alle tendenze hipster e bobo.

Piattaforma e tecnologia Sky fa sul serio anche in chiaro. Si crede molto in Tv8, partita bene con Guess my age di Enrico Papi. Imminente il lancio di Sky Q, nuovo decoder per vincolare ulteriormente il telespettatore offrendogli qualità e servizi che promettono di diventare irrinunciabili.

Strategia Si punta sulle serie, sia di produzione internazionale (Tin Star, Babylon Berlin, Britannia), che italiane (Gomorra 3, Il miracolo di Niccolò Ammaniti, in lavorazione Zero Zero Zero dal libro di Saviano e Django dal film di Franco Nero). Il messaggio è: recintiamo la serialità. Nonostante Suburra, Netflix non deve passare.

 

Enrico Papi e l’evoluzione del game show

È iniziato lunedì scorso il nuovo quiz di Tv8 condotto da Enrico Papi nell’orario di accesso alla prima serata. S’intitola Guess my age – Indovina l’età ed è l’adattamento di Magnolia di un format di Vivendi Entertainment già in onda in Francia, Germania, Austria e Ungheria. Il gioco è particolarmente semplice: i concorrenti che agiscono in coppia (moglie e marito, padre e figlio, due colleghi) devono difendere un patrimonio di partenza di 100.000 euro che si assottiglia progressivamente per gli errori nell’attribuzione dell’età corretta a sette persone sconosciute (lunedì-venerdì, ore 20.30, share del 2.5%). Più lo scarto tra l’età reale e quella percepita è ampio e più la dotazione si sgretola. I concorrenti sono aiutati da sei indizi: una canzone, un vip, un fatto di cronaca o un avvenimento del mondo dello spettacolo coevi del personaggio ignoto; un ricordo dello stesso e, infine, la possibilità di vederlo a distanza ravvicinata. Nella prova finale i concorrenti hanno a disposizione quattro risposte e altrettanti indizi per centrare l’età di un personaggio più enigmatico: ad ogni errore il montepremi si dimezza fino ad azzerarsi. Le abilità dei concorrenti consistono nelle capacità fisiognomiche, nella gestione degli indizi e in un minimo di calcolo mentale. Il pregio del nuovo game è proprio nella semplicità del percorso nel quale, a differenza dei Soliti ignoti di cui è un derivato, anche la suspense ha un tono scanzonato. In cerca di rilancio dopo l’uscita da Mediaset, Papi si mostra a proprio agio in questo format che consolida l’evoluzione del genere: oltre il semplice azzardo (Affari tuoi) e oltre l’enigmistica (Reazione a catena), ora al centro c’è l’identità della persona, indagata con l’aiuto della cultura dell’immagine (I soliti ignoti e, appunto, Indovina l’età).

 

La Verità, 30 agosto 2017

Sky ci prova, ma i David restano autoreferenziali

C’è qualcosa che non torna nel bilancio dei David di Donatello in versione Sky. C’è un divario, una discrepanza, tra l’impegno profuso, la visibilità sui media, i mezzi e le partecipazioni prestigiose, e il riscontro nei gusti e negli interessi dei telespettatori. Le considerazioni della critica non devono basarsi sull’indice di ascolto, ciò che conta è il prodotto, la qualità dello spettacolo proposto, il suo valore estetico. Per una volta, però, fa pensare l’1,2 per cento di share (307.000 telespettatori) conquistato da Tv 8, il canale in chiaro che, insieme a Sky Cinema Uno, Sky Uno e Sky Arte, ha trasmesso in diretta la serata della 61ª edizione (673.000 gli spettatori totali). Il pericolo maggiore in questi casi è quello dell’autocelebrazione, il complesso di superiorità dell’élite culturale rispetto alla massa. La consegna dei David di Donatello, gli Oscar del cinema italiano, è un appuntamento annuale che si espone fatalmente al rischio autoreferenziale, appagato anche dal ricevimento della comunità al Quirinale. Consapevoli di ciò, autori e produttori di Sky, che da due anni ha strappato l’esclusiva alla Rai, hanno tentato una formula ironica e scanzonata della cerimonia. Lo si era visto fin dai promo con Claudio Santamaria. Lo si è rivisto nell’insolito prologo con decalogo delle regole imprescindibili per conquistare il David, recitato da Valerio Mastandrea, Luca Argentero e Alessandro Cattelan. Conferma ulteriore è stata la scelta di Maccio Capatonda e Fabio Rovazzi, autori di una breve satira filmata per il premio al montaggio. Bersagli: la patina intellettuale e l’enfasi autoriale che circondano il dorato mondo.

La conduzione a tutta velocità di Alessandro Cattelan

La conduzione a tutta velocità di Alessandro Cattelan

Anche la conduzione a velocità vertiginosa di Cattelan era pensata allo scopo. Tutto giusto, tutto studiato. Salvo il pericolo di scivolare sul lato opposto del crinale. Ovvero, perdersi un pizzico di magia e la lingua sognante tipiche del cinema. Ritrovate per un attimo con Roberto Benigni e la sua poetica dedica del David alla carriera a Nicoletta Braschi. Oppure, nello sconclusionato ed esilarante ringraziamento della miglior attrice Carla Bruni Tedeschi. Insomma, l’appuntamento c’era e lo spettacolo anche. I telespettatori sono anche cinespettatori e tutto concorreva al successo. Ma il grande evento non c’è stato. Forse, tra i candidati, mancava un grande film. Oppure un grandissimo interprete che potesse far uscire il cinema dal suo recinto, trasformando una serata autoreferenziale in un evento popolare. C’è di che riflettere: la strada è giusta, ma sembra ancora lunga.

La Verità, 29 marzo 2017

Fiorello antidepressivo c’inonda di buonumore

Travolgente. Trascinante. Tracimante. Come un’onda. Come l’ondata di buonumore che investe lo spettatore di Sky Uno e Tv8. È tornato Fiorello con Edicola Fiore, il programma cult del mattino e non poteva scegliere data migliore della Giornata della felicità che si festeggiava proprio ieri (alle 7.30 sul canale satellitare, alle 8 in chiaro e di nuovo su Sky Uno alle 20.30, in replica allungata). Edicola Fiore è il programma scaccia crisi. Lo show scaccia lamenti. L’antidepressivo del mattino. Ospite dell’anteprima il sindaco di Roma Virginia Raggi: «Bello, con i permessi è tutto a posto?». Attimo di panico sul volto dello showman. Poi: «Sì, tutto a posto». La seconda stagione del morning show – «noi siamo come le serie, andiamo a stagioni» – registra alcune novità rispetto alla prima. Intanto, il nuovo bar nel quartiere Vigna Clara, dove Fiorello arriva a bordo di un’Ape car rossa, inseguito da Stefano Meloccaro, lasciato a piedi per punirlo per l’eliminazione da Celebrity Masterchef. Poi una serie di nuovi personaggi, il fiorista indiano, il cameriere dell’Hilton, il rapper Danti in collegamento da Milano, il sacerdote della parrocchia Santa Chiara che impartisce la benedizione. Anche la sigla è cambiata, Jovanotti canta Edicola Fiore ci porta il buonumore in inglese dalle colline toscane, accompagnato da due rapper con lunghi dread. Se possibile, il ritmo è ancora più indiavolato della prima edizione. Forse persino troppo, tanto che Fiorello ammette qualche amnesia. Anche il cazzeggio è ancora più frenetico, con l’aiuto di Gabriella Germani che imita Angela Merkel innescando l’angolo delle cancelliere, l’ex ministro Annamaria Cancellieri (Fiorello stesso) e la giornalista del Tg3 Rosanna Cancellieri (ancora la Germani). I giornali e le notizie sono solo il pretesto per rompere la diga e provocare l’alluvione del buonumore. E poi gli ospiti, via skype o presenti in loco: Nicola Savino, Roberto Mancini, Sergio Castellitto, Benji e Fede… Un’altra trovata è l’inizio della stagione «dalla seconda puntata» perché, si sa, le prime sono sempre tutte uguali, formali e prevedibili, e poi mettono ansia. Sembra un dettaglio, ma è la chiave di tante cose, a cominciare dall’understatement televisivo di Fiore. Niente vincoli, niente stress da audience, niente competizioni esasperate. Ricordate quando diceva che gli piaceva la radio perché si può andare in onda senza farsi la barba. Fiorello, lo showman informale, l’entertainer casual, anarcoide, autoironico (lo stesso degli spot per il noto marchio di telefonia). Diverte perché si diverte lui per primo. La libertà di fare televisione senza pressioni sembra un solido motivo del suo buonumore contagioso. Difficile che il direttore di Rai 1, Andrea Fabiano, in missione per convincerlo a presentare il prossimo Sanremo, riesca a convincerlo.

 

Dove va la nuova Sky in sei mosse

Seratona al Teatro degli Arcimboldi di Milano per la presentazione dei palinsesti Sky, loro li chiamano Upfront… Red carpet con star e talent della casa e ragazzini vocianti a caccia di autografi da Del Piero a Ilaria D’Amico, da Claudio Bisio ad Alessandro Cattelan. L’esordio è all’insegna della grandeur, ma anche dell’autoironia. Mix non facile. Sulle note della colonna sonora di Star Wars, Cattelan plana sul palco su uno skate alla maniera di James Bond e annuncia: “Umiltà! È questa la parola chiave della serata…”. Per scaldare ancora l’ambiente l’orchestra esegue la sigla del Festival di Sanremo e poi si corregge con quella della Champions League (a proposito, in contemporanea la Juve esordiva su Premium e chissà se Sky ha piazzato il suo galà in contemporanea per rubarle visibilità). Altro esempio di grandeur autoironica. Al momento di The Young Pope, Cattelan compare nell’abito bianco indossato da Jude Law – papa Pio XIII° mentre una voce dall’alto lo rampogna: “Stavolta avete davvero esagerato… Però, siccome sono un fan, mi procurate due biglietti per la prima di X Factor?”. Dunque, grande spettacolo e parterre. Insomma, sarà perché l’anno scorso non c’ero e la differenza salta di più all’occhio, fatto sta che davanti a questa profusione di energie e risorse, vien da chiedersi dove va Sky? cosa vuol essere o diventare?

 

Fiorello con Meloccaro all'Edicola, dal 10 ottobre su Tv8

Fiorello con Meloccaro all’Edicola, dal 10 ottobre su Tv8

  • Sempre meno pay tv. Dimenticato il conteggio degli abbonati (in lieve calo), la tv di News Corp gioca su più tavoli e piattaforme. Molto spazio ai canali in chiaro. Tv8 in particolare con la crescita della “rete generalista” (+ 14 per cento), ma anche il posizionamento di SkyTg24 (0,8 per cento). Più incerte identità e audience di Cielo.
  • Televisione giovane. Sky lavora sulla ricerca e il lancio di giovani talenti. Dopo Cattelan, che dalla prossima stagione condurrà quotidianamente il suo EPCC avvicinando ulteriormente l’inavvicinabile Dave Letterman, ora il nuovo astro nascente è Lodovica Comello, già apprezzata per immediatezza e simpatia in Singing in the car su Tv8.
  • Televisione delle eccellenze. Tra i momenti più divertenti della serata il collegamento con Fiorello, solita forza della natura, con la squadra dell’Edicola (dal 10 ottobre su Tv8): “Semprini e Mika se ne sono andati in Rai… Vabbé, se vogliono guadagnare di meno…”. Sky vuole mantenere e ampliare firme e brand. Oltre Fiorello, Paolo Sorrentino, Gomorra, X-Factor e le collaborazioni con HBO e Showtime.
  • Si lavora per addizione. La tv si allarga in orizzontale senza perdere in penetrazione. L’esempio è il lancio di una serie di 18 documentari sotto il titolo Il Racconto del reale, in programmazione su Sky Atlantic, il canale delle storie. Tra gli autori ci sono Giancarlo De Cataldo, Mimmo Calopresti, Beatrice Borromeo, il gruppo di 42° Parallelo, Michele Bongiorno.
  • Innovazione tecnologica. Forse la novità più forte: è stato annunciato l’avvento del sistema AdSmart attivo sui decoder My Sky, che consentirà agli investitori di mirare per target e area geografica le campagne pubblicitarie, indirizzando spot diversi a diversi abbonati, con annunci affini ai gusti e alle preferenze degli spettatori.
  • Tv più italiana. Forse il processo più interessante. Con le serie esportate all’estero, con i talent e le nuove produzioni, con l’acquisizione di nuovi artisti, Sky si propone come soggetto editoriale più italiano. L’origine australiano-americana si stempera progressivamente. Con il nuovo claimSiamo le vostre storie – reso da un bellissimo video, Sky vuole stabilire un meccanismo di identificazione anche emotiva con il suo pubblico. Siamo la stessa cosa…

 

 

 

Il futurista Top Gear reinventa Meda e Bastianich

È un programmino piccolo, un’ora scarsa, per la nicchia dei fan di motori e ciò che gli ruota attorno. Eppure, con quel caratterino già definito, ha le carte per essere la rivelazione della stagione. Anzi, già lo è. Il programmino in questione è Top Gear, factual di successo della Bbc che l’ha esportato in 212 Paesi facendone lo show delle due, quattro e più ruote, più trasmesso al mondo (350 milioni di spettatori). È a forte prevalenza maschile, ma virato in gioco di costume, grazie alla breve durata può trattenere anche qualche femminuccia. La versione italiana trasmessa su SkyUno (martedì, ore 21,10) accentua il carattere ironico del gioco, merito dei tre conduttori-concorrenti: Guido Meda, Joe Bastianich e Davide Valsecchi (cui si aggiunge l’impenetrabile Stig, pilota vero, celato dentro tuta e casco bianchi).  In ogni puntata c’è un ospite – Cristiana Capotondi, Max Gazzè – che racconta il proprio rapporto con le auto e la guida più o meno spericolata, e si cimenta in un giro di pista cronometrato. Dalle sfide più balzane si passa allo studio con il pubblico, dosando adrenalina, cazzeggio e info motoristiche (divertente la recensione dell’avveniristica BMW i8) in un mix che Meda gestisce con sagacia. Non bisogna fare i sofisti su testi e dialoghi, volutamente improntati al registro goliardicamente virile (Bastianich rispondendo ai clacson di protesta: “Vai a suonare tra le cosce di tua moglie, che c’è molto traffico…”) e alla provocazione più o meno bassa…

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L’altra sera i tre soci si sfidavano a Roma, tra buche e varchi attivi, in un percorso dalla Salaria al Colosseo, con mezzi scelti senza lesinare sulla fantasia: un’auto di lusso decapottabile per Bastianich, una superbike per Valsecchi, e un quad per Meda. Il quale, ad un certo punto, scartato un gregge è entrato nel Tevere e, rientrando le ruote nei parafanghi, ha trasformato il veicolo in una moto d’acqua. L’immagine del fiume placido, violato da un mezzo rombante e scabroso, aveva echi futuristi. Quarto e ultimo concorrente, nella sua mise da Formula Uno, Stig doveva utilizzare i mezzi pubblici. Invece di togliere mordente alla competizione, l’ironia funziona da additivo e l’eccentricità della situazione tiene lo spettatore incollato fino alla fine.

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Un altro dei punti di forza è la reinvenzione dei protagonisti. Soprattutto Meda, più personaggio che mai: dai tormentoni della MotoGp con Valentino Rossi a questo show sfrenato e gigione. Stesso discorso per Bastianich: il ristoratore di Masterchef si trasforma in un navigatore da rally (“È possibile che io vomito”) e si mette al volante di una McLaren da 330 km orari o di una Rolls. La televisione modifica il profilo dei suoi attori e cresce su se stessa. Qualcosa mi dice che presto o tardi Top Gear Italia lo vedremo sul Tv8 del digitale terrestre.