Tag Archivio per: Tg1

Altro che «vecchio», il Tg1 batte tutti sui social

Mica male la notizia. Il Tg1 è più social del Tg La7. E anche di una lunga sfilza di programmi della rete di proprietà di Urbano Cairo. Oltre che di Report di Rai 3 che, piazzandosi al secondo posto nella speciale classifica delle «interazioni», risulta la testata rivelazione. È il risultato sorprendente della Top 15 del mese di ottobre elaborata da Sensemakers per Primaonline.it. L’istituto monitora mese per mese le prestazioni di testate giornalistiche, talk show e programmi giornalistici sui diversi social network, testando in due specifiche classifiche il numero di interazioni (reazioni, commenti, condivisioni e like sulle cinque principali piattaforme) e quello di visualizzazioni dei contenuti video (sulle stesse piattaforme tranne TikTok). Ebbene, il tg diretto da Gian Marco Chiocci conquista nettamente la vetta in entrambi le graduatorie. Nella prima, puntando soprattutto su TikTok, totalizza 780.000 interazioni (a settembre erano state la metà) davanti aReport che si ferma a 738.000. Mentre il tg di Enrico Mentana, pur registrando un incremento del 18%rispetto a settembre, si assesta al terzo posto con 710.000 interazioni. Segue, in questa specifica classifica, una serie di programmi di La7, interrotta al nono posto dal Tg3 (193.000 interazioni) e, al dodicesimo, da Fuori dal coro di Mario Giordano (138.000).
Nella graduatoria delle «video views» il Tg1 raggiunge 26,8visualizzazioni distaccando notevolmente il Tg La7 che si aggiudica la seconda piazza con 17,4 milioni. Al terzo posto, In altre parole di Massimo Gramellini (12,6 milioni) che precede Pomeriggio 5 di Myrta Merlino (7,4). La performance del telegiornale della prima rete Rai è, dunque, completa e sorprendente, perché smentisce il luogo comune che lo dipinge come una testata rivolta a un pubblico anziano e passivo. In realtà, appurato che in ottobre partono tutti i programmi della stagione tv e che le varie testate elevano almassimo regime il funzionamento dell’attività destinata ai social media, va riconosciuta anche l’attenzione riservata dal tg di Chiocci agli spettacoli, al costume e allo sport, tutti contenuti destinati a una seconda vita social.

***

Lunedì sera intervista al premier Giorgia Meloni ha consentito a Quarta Repubblica di Nicola Porro su Rete 4 di superare il 6% di share (media di 900.000 telespettatori), distaccando sia La torre di Babele di Corrado Augias (La7: 4,6%, 818.000), sia Lo stato delle cose di Massimo Giletti (Rai 3: 4,2%, 700.000) nella sempre più affollata serata d’inizio settimana.

 

La Verità, 5 dicembre 2024

«La bellezza è visibile anche da chi non vede»

Vincenzo Mollica è un gigante con l’innocenza di un bambino. Con lui e sua moglie Rosa Maria, anche lei persona speciale, ho trascorso una bellissima mattinata nella loro casa in Val Seriana. Una casa immersa nel verde e allietata dal cinguettio degli uccelli. Non conoscevo Vincenzo, storico inviato di spettacoli del Tg1, premiato con il David di Donatello alla carriera. Ma dopo qualche telefonata ha accettato di soddisfare questa curiosità: cieco a causa di un grave glaucoma e affetto dal morbo di Parkinson – «du fiji de ’na mignotta» -, rimane sereno perché è buono come il pane o perché lo aiuta qualcos’altro? Oltre l’impossibilità di vedere, la fede gli dona un altro tipo di sguardo? «Non ho mai raccontato pubblicamente queste cose, ma stavolta lo faccio perché Cesare G. Romana, illustre collega del Giornale, mi aveva parlato di te», confida. A mia volta io ricordo quando, mentre si lavorava a una trasmissione televisiva, Claudia Mori e Adriano Celentano si gasavano: «Adesso dobbiamo chiamare Vincenzo». Una manciata d’anni dopo, eccomi a dialogare con lui di giornalismo, grandi artisti e bellezza.
Quali sono i segreti della tua carriera?
«La fatica, la curiosità e la passione. Il quarto segreto è l’idea di servizio pubblico imparata da Emilio Rossi, direttore del Tg1, e dal suo vice, Nuccio Fava. Per questo non ho mai cambiato casacca e sono sempre rimasto nella redazione cultura e spettacoli che ho contribuito a fondare con Gianni Raviele sotto la direzione di Albino Longhi».
Qual è stata la tua maggiore soddisfazione professionale?
«Sono state tante. Ho avuto la possibilità di essere testimone degli Oscar alla carriera di Federico Fellini e di Michelangelo Antonioni e degli Oscar a Roberto Benigni per La vita è bella. Ho potuto frequentare tanti artisti».
Ci sono gli amici nel mondo dello spettacolo?
«Ci sono come in tutte le situazioni della vita. Ho la fortuna di averne tanti e di continuare ad averne anche se non faccio più il mio lavoro. Lo sono stati Fellini, Hugo Pratt, Andrea Pazienza, Alda Merini, Franco Battiato, Daniele Del Giudice, Vincenzo Cerami. Lo sono Rosario Fiorello, Renato Zero, Paolo Conte, Francesco De Gregori, Milo Manara, Adriano Celentano. Persone con cui ho condiviso 40 anni di vita. Mina è un’altra persona cara, ho curato la raccolta di dvd sui suoi anni alla Rai».
Chi è il cronista, come ti definisci orgogliosamente?
«È un cercatore di storie, gli artisti hanno tante qualità da far conoscere. Come cronisti abbiamo il compito di trovare persone che riescono ad allargare il nostro sguardo sulla vita. Per me le opere d’arte non sono accessorie, ma sostanza. Se non avessi letto certi libri, visto certi film, ascoltato certe canzoni non sarei quello che sono oggi. A 71 anni ho ancora voglia di cercare e Mister Parkinson e Signora Cecità mi aiutano a farlo».
In che modo?
«Mi danno la voglia di capire ciò che mi sta succedendo, mi spronano a cercare l’essenza della vita. Quando hai due compagni così senti tutto in modo diverso, dai profumi dei fiori al canto degli uccelli. Il sapore del creato. A volte ci si sente abbandonati, altre volte si è contenti di sperimentare ciò che ci regala l’avventura umana».
Perché ti piace fare le interviste?
«Vinicius de Moraes diceva: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”. Così ho capito che durante le interviste la cosa più importante è ascoltare. Non ho mai usato le domande per esaltare il mio narcisismo e mostrarmi più colto di chi mi risponde. Solo così puoi trasmettere le informazioni e le emozioni di quell’incontro».
Ci vuole curiosità per le persone, per il mistero dell’uomo.
«Una volta Fellini mi disse che era la curiosità a farlo alzare la mattina. La curiosità alimenta la nostra vita. In particolare, le cose che ami, quelle che la condensano meglio. Come l’arte».
Ciò che conta è lo stupore?
«La vita ci sorprende continuamente. Viviamo momenti di dolore, di allegria, di solidarietà, di generosità. E tutto è concentrato in queste quattro lettere. Per spiegare la vita ci vorrebbe una biblioteca sconfinata. Ma anche se ci avviciniamo alla sua realtà non riusciamo ad afferrarla perché è irriducibile a una formula matematica».
Qual è l’incontro che ti ha dato di più?
«Quello con Federico Fellini. Quando uscivi con lui non sapevi mai a che ora saresti tornato a casa, ma sapevi che ci saresti tornato meglio di come eri uscito. Con la mia Uno rossa, di notte, ci perdevamo per Roma. Spesso voleva passare per piazza San Pietro, vedere il colonnato, assaporare la spiritualità che emanavano quei luoghi. Andavamo al ristorante a mangiare cibi semplici, ma lui riusciva a farti percepire la solita cosa in modo nuovo. “L’unico vero realista è il visionario”, diceva. Oppure, citando Leopardi: “Nulla si sa, tutto si immagina”. Me lo disse quand’ero vedente e ora questa frase continua a echeggiare nella mia testa».
Cos’hai pensato quando da bambino hai appreso che saresti diventato cieco?
«Sono felice di averlo saputo a 8 anni. Mia mamma si era accorta che dall’occhio sinistro non vedevo. Mi portarono da un oculista a Locri e dopo la visita mi pregarono di uscire dalla stanza. Ma la porta rimase socchiusa e gli sentii dire che sarei diventato cieco. Tornando a casa non ho cercato di capire cosa volesse dire, ma se coprivo l’occhio destro con la mano, non vedevo più nulla. Un oculista di Messina che mi visitava ogni sei mesi mi tranquillizzò: se avverrà, sarà da adulto, ma potrebbe anche non avvenire. Invece, è avvenuto».
Come ti sei preparato?
«Cercando di memorizzare quello che vedevo. Camminando, localizzavo la posizione delle pietre. Quando andavo al Festival di Cannes o alla Mostra di Venezia imparavo i percorsi a memoria. Avrei già potuto muovermi a occhi chiusi. Imparavo anche i libri e i fumetti che leggevo. Una volta chiesi ad Andrea Camilleri, anche lui colpito dal glaucoma, se esisteva l’arte di non vedere. Mi disse: “Vincenzino, non dimenticare mai la tavolozza dei colori che hai nella testa”. E mi raccontò che di notte faceva un esercizio particolare, proiettando mentalmente i quadri e le scene dei film che aveva amato, e che gli apparivano più vividi di come li aveva visti la prima volta: “Con il cervello, puoi trasformare il buio in un grande schermo”. Come in un fumetto».
Che cosa ti aiuta a non perdere la serenità?
«Ci sono persone che sono entrate in depressione. Io non ne ho mai sofferto, ho accettato questi due malanni che mi sono capitati. Ho la fortuna di avere un carattere paziente e ironico. Poi ci sono Rosa Maria, mia moglie, e Caterina, mia figlia, che mi accompagnano con pazienza e dolcezza».
Oltre a godere della loro vista, che cosa ti manca in particolare?
«Scrivere e disegnare a mano su fogli di carta. Non ho mai usato la tecnologia, pur essendo stato il primo giornalista Rai con un sito dedicato. Mi manca scarabocchiare sulla carta, le frasi che cancelli tornano buone per quello che scriverai dopo. Anche durante i collegamenti con il tg mi aiutavo con appunti su foglietti. E mi piaceva colorare…».
Sottolinei spesso che attingi al bicchiere mezzo pieno: che liquido contiene?
«Contiene il sostegno della mia famiglia e anche della fede. Sono credente. È un fatto intimo, personale. Considero la Bibbia un libro fondamentale e la figura di Gesù una fonte permanente di speranza».
Hai l’abitudine di pregare?
«Prego non per necessità o per chiedere qualcosa che vorrei mi accadesse. Ma per coltivare una dimensione spirituale che il tempo in cui viviamo ci induce a trascurare».
Ti aiuta a convivere con la tua condizione?
«Non c’è dubbio. Quassù, fino a qualche anno fa, c’era don Tarcisio, un sacerdote di grande delicatezza umana, con il quale facevo lunghe chiacchierate. Erano come momenti di preghiera. Sempre qui vicino c’è il santuario di Lantana, davanti a una vallata meravigliosa. Adesso, ogni tanto mi faccio accompagnare e con il trucco di imparare i paesaggi a memoria, rivedo tutto e mi viene voglia di pregare. E poi c’è un’altra cosa che mi piace. Giovannino Guareschi e il suo Peppone e don Camillo. Quel dialogo con Cristo in croce mi ha sempre affascinato. A volte leggevo qualche pagina del Breviario di don Camillo, pubblicato dalla Rizzoli».
La frase di Fellini sulla visionarietà del realista mi ha ricordato quello che dice la volpe nel Piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry: «Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi».
«C’è qualcosa di molto vero, l’essenziale passa dal cuore e lo fa pulsare. Quando ero ragazzo e muovevo i primi passi, Celentano cantava Pregherò, la prima canzone che parla di una persona cieca: “Non devi odiare il sole perché tu non puoi vederlo, ma c’è”. Poi in Santa Lucia De Gregori canta “per tutti quelli che hanno occhi e un cuore che non basta agli occhi”».
Vuoi dire qualcosa, per finire?
«Sì. Mi diverte Mr. Magoo, un personaggio dei cartoni animati che non vede nulla eppure riesce a superare seraficamente situazioni complicatissime. Mi ha fatto capire che si può contemplare il bello anche da ciechi».

 

Il Timone, Luglio-Agosto 2024

Fiorello: «Non risparmio nessuno, ma ficco poco»

È un Fiorello ecumenico, conciliante ma preciso, ovviamente divertente quello che è arrivato «come un ciclone» nella Sala degli Arazzi di Viale Mazzini per improvvisare la conferenza stampa di Viva Rai 2, da lunedì prossimo alle 7,15 sulla rete del titolo. Un Fiorello in ottima forma, pur con tutte le paturnie tipiche di un artista sensibile alla vigilia di un esordio impegnativo: sei mesi in onda all’alba su una rete generalista. Ad attenderlo nel palazzone di vetro con il cavallo simbolo, meta del tragitto in vespa e filmato in diretta dal Glass di Via Asiago, sede del programma, c’era tutto il vertice Rai pronto alla gara dell’elogio più sperticato. «Fiorello è un uomo del servizio pubblico che con questo programma regala a tutti gli italiani la possibilità d’iniziare la giornata con il buonumore» (Carlo Fuortes, amministratore delegato). «Fiorello è il numero uno europeo dell’intrattenimento perché ha capacità come nessuno di stupirsi delle piccole cose e trarne una grande creatività» (Stefano Coletta, direttore dell’Intrattenimento primetime). «Caro Fiorello, sappi che tutti i programmi del daytime sono aperti a qualsiasi incursione» (Simona Sala, direttrice Intrattenimento daytime). Un contesto tanto istituzionale e zuccheroso non poteva che innescare la modalità più conciliante dell’artista siciliano. Il quale ha subito smorzato potenziali polemiche: «Non c’è stato nessun dirottamento da Rai 1. Come si dice: quando si chiude una porta si apre un portone. Capisco che i giornalisti del Tg1 difendano il loro spazio. Poi c’è modo e modo di dire le cose. Ho trovato poco elegante quel comunicato, si poteva fare una telefonata. Io sono il migliore amico del Tg1… Anche se leggere la parola “sfregio” mi ha lasciato un po’ così».

L’idea di Rai 2 è stata immediata. In un primissimo momento, si era pensato addirittura a Rai 5. Poi però si è rimasti sulla rete generalista perché, rispetto all’Edicola Fiore di qualche anno fa su Sky, la differenza è proprio questa: vedere se il morning show imperniato sulle news attrae anche il pubblico della televisione generalista. E qui sono emersi i timori di Rosario perché, considerato il successo del rodaggio su Raiplay, «non vorrei che l’Aspettando… si rivelasse più divertente dell’aspettato… come quando senti le scarpe vecchie più comode di quelle nuove. E poi anche perché chiunque tocca Rai 2 muore. Però va bene così, a quell’ora fa l’1%, se faccio il 2 cresco del 100%, se arrivo al 4 divento ad della Rai e… chiamatemi Fiorellos». Se invece va male oggi in Rai non si sa chi chiamare perché il direttore non c’è più. «Questo fatto l’ho realizzato adesso. Una volta il direttore rispondeva, ma adesso chi risponde? Tu, per esempio, che fai?», ha scherzato rivolto al capo dell’Intrattenimento primetime Coletta, la cui presenza per un programma delle 7 del mattino poteva sembrare effettivamente pleonastica a fronte di quella contemporanea della collega del daytime.

Però, come detto, il clima era conciliante. Tanto più dopo la digressione sulla tragedia di Ischia, toccata anche durante la diretta su Instagram. «L’Italia va aggiustata, non rattoppata», ha detto quasi con un moto di ribellione. «Invece, dopo, diciamo sempre che si poteva evitare. È un discorso che riguarda destra, sinistra, tutti… C’è un po’ d’ipocrisia anche in noi, quando diciamo the show must go on. Io non so come si poteva evitare, sono solo un giullare». Sarà. Ma, con Aspettando Viva Rai 2, Rosario ha dato un po’ a tutti la linea del buon senso sui Mondiali del Qatar, sulla polemica riguardo la figlia di Giorgia Meloni offrendosi come «tato», su Enrico Letta che fa «numeri da Rai 2», su Ignazio La Russa che vorrebbe solo «canzoni del Ventennio». «Destra, sinistra, centro: non guardiamo in faccia nessuno. Ma sempre senza astio, la satira ficcante la fanno altri… Io ficco poco. Però una strada la troveremo…». La sfida è sempre innovare, trovare l’idea che ci porti più avanti. Come ha sempre fatto, cominciando da #Ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, il primo show in onda di lunedì che stupì Bibi Ballandi, per proseguire con l’Edicola Fiore sulla pay tv, fino a Viva Raiplay, per lanciare la piattaforma omonima. Tutte idee di «questo signore di 62 anni», ha concluso Claudio Fasulo, vice dell’Intrattenimento serale. Già, Fiorello ha cinque più del solito Coletta: «E io che ti ho sempre trattato come un uomo d’esperienza… Dev’essere il peso dei libri», ha gigioneggiato poco dopo avergli troncato una citazione del Fanciullino: «E su Giovanni Pascoli, il microfono venne tolto…».

Con la sua squadra, dall’ottantenne Ruggero al tiktoker Gabriele Vagnato, dal corpo di ballo di Luca Tomassini al maestro Cremonesi, quelli che lui chiama la pancia del Paese, qualcosa s’inventerà anche stavolta, Rosario. Un programma virale, una scia tra reti, anche nella notte di Rai 1 con qualcosa di creato ad hoc per i nottambuli, poi in radio e nei social. Ospite della prima puntata, Amadeus: «Non ho nemmeno avuto bisogno d’invitarlo. Annuncerà i cantanti in gara al Festival. Io a Sanremo? Ma ci sono stato già tre volte di fila. È un record…».

 

La Verità, 29 novembre 2022

 

 

Il Tg1 spinge Fiorello su Rai 2. Ma è vera vittoria?

Mentre ci si chiede se sia prevalente la responsabilità aziendale di Fiorello e dell’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes che, dopo la vibrata protesta dei giornalisti del Tg1 capeggiati dall’iperpresenzialista Monica Maggioni, hanno deciso di traslocare il nuovo programma su Rai 2 o se, piuttosto, in questa scelta covi un sanissimo istinto di vendetta sul telegiornalone che ha opposto resistenza, una cosa è certa: i vertici Rai hanno dimostrato la solita mancanza di visione e, soprattutto, di polso. Come si fa a trasmettere un programma di punta affidato all’artista italiano più popolare in una rete secondaria? Come si fa a cedere alle rimostranze miopi e corporative dei sindacalisti del tg? Trovare una risposta minimamente soddisfacente è davvero difficile. Sta di fatto che, nello scontro tra la Maggioni e Fiorello, ha vinto la signora. Tuttavia, sarà il tempo a dire se di vera vittoria si tratta.

Dopo l’inusitato braccio di ferro innescato dal Cdr del Tg1 contro la rassegna stampa comica condotta dall’artista siciliano, ieri l’ad di Viale Mazzini ha annunciato al Consiglio d’amministrazione che il programma andrà in onda su Rai 2 nella fascia tra le 7 e le 8,30 e s’intitolerà, appunto, Viva Rai2. L’esordio avverrà il 7 novembre su RaiPlay, il 5 dicembre sbarcherà sulla seconda rete e proseguirà fino a giugno per un totale di 135 puntate. «Ringrazio la Rai, soprattutto l’amministratore delegato Carlo Fuortes e Stefano Coletta (direttore dell’Intrattenimento del prime time ndr), per avermi dato la possibilità di tornare in Rai e di farlo su Rai 2», ha affermato lo showman. «È una scelta che mi rende felice, io amo le prime volte, anche se in realtà si tratta di un ritorno. Approdo al mattino presto di Rai 2 con un progetto a cui tengo molto, e che come fu con Viva Radio 2 e Viva RaiPlay, ha quel sapore gioioso di un nuovo inizio».

Anche se chi gli sta vicino lo dava dispiaciuto e contrariato, Fiorello, uno che andrebbe tutelato come patrimonio del divertimento, non si è perso d’animo per l’ostracismo architettato dalla signora del tg, preoccupata che l’avvento del nuovo programma palesasse la differenza di audience con la sua creatura. Dovunque era stato accolto con stupore il comunicato vergato dai membri del Cdr Roberto Chinzari, Leonardo Metalli e Virginia Lozito (uno dei quali fino a poco prima corteggiava lo showman perché lo facesse collaborare) in cui si lamentava «lo sfregio al nostro impegno quotidiano». Il varo della rassegna stampa rompeva il giocattolo: «Noi come Cdr della redazione del Tg1 sottolineiamo la battaglia fatta per ottenere quegli spazi e lo sforzo enorme compiuto da tutti noi sul mattino, impegnandoci su un lavoro di ripensamento e valorizzazione di quella fascia», si leggeva nel comunicato. Peccato che lo «sforzo enorme» e il «lavoro di ripensamento» non stavano portando i risultati sperati, tanto che, proprio in quella fascia oraria, la concorrenza di Canale 5 si aggiudicava regolarmente la gara dell’audience. Chissà, dev’esser stato per questo che i vertici aziendali avevano pensato alla striscia quotidiana affidata alla verve del comico siciliano. Ma nella ridotta di Saxa Rubra i giornalisti del Tg1 reagivano come i cittadini di Piombino davanti al rigassificatore.

«Come si può pensare di interrompere il flusso informativo con un programma satirico, generando confusione nel pubblico a casa?». Già, visto comparire Fiorello al posto dei mezzibusti del Tg1-Mattina, i telespettatori si sarebbero subito lamentati per l’interruzione del «flusso informativo» e la «confusione» ingenerata. Dopo l’esecrazione universale prodotta dalle loro stesse parole, i sindacalisti avevano tentato un’imbarazzante retromarcia con una lettera all’artista autore dello «sfregio» nella quale, dopo un untuoso «Caro Fiore», assicuravano che il Tg1 «nutre grande stima per il tuo lavoro e si diverte come tutti, da sempre, con le tue invenzioni televisive». La colpa dello scontro, ovviamente, era di chi aveva riportato la notizia. «Il Tg1 non è in guerra con nessuno, come scrivono i giornali, tantomeno con un artista del quale continuamente racconta le mirabili imprese televisive». Insomma, tutto falso, tutto inventato. A sorpresa, dimostrando poca compattezza e molto autolesionismo, i vertici aziendali – non si afferra bene perché comprendano in questa vicenda anche il direttore dell’Intrattenimento prime time – avevano nel frattempo già deciso lo spostamento su Rai 2. E così, tutti contenti per la vittoria, i sindacalisti del tg ammiraglio avevano rinfoderato la protesta e cancellato l’assemblea di redazione. «Ringrazio i giornalisti del Tg1 per le parole di stima nei miei confronti, contenute nella lettera pubblicata ieri, e auguro loro di trovare le risposte e le soluzioni per lavorare al meglio», ha concluso Fiorello spruzzando un po’ di veleno nella coda.

Ora non resta che attendere la partenza della sua rassegna stampa. A quell’ora Rai 2 fa ascolti da monoscopio, mentre Rai 1 galleggia tra il 10 e il 13% di share, sempre inferiore a quella di Canale 5. Chissà se quando debutterà Viva Rai2, al Tg1 resterà ancora il buon umore.

 

La Verità, 21 ottobre 2022

E l’overdose di Telecorona finì per cancellare il Tg

Improvvisamente, tutti sudditi di Sua Maestà. Era dall’8 settembre, giorno della morte della regina Elisabetta II d’Inghilterra, che il Tg1 si preparava. Ma quello a cui abbiamo assistito ieri è stato un piccolo contrappasso: lo speciale Elisabetta II, l’addio, immancabilmente condotto da Monica Maggioni, ha fagocitato il Tg1, ridotto a tre minuti di titoli telegrafici con i quali la povera Laura Chimenti ha sintetizzato i fatti di giornata. È stata la prevedibile conclusione di un martellamento di dieci giorni di tg della sera e di mezzodì farciti di servizi di corrispondenti e inviati, con le altre notizie ridotte in pillole. Per non essere fraintesi va detto che ieri l’evento c’era tutto. Alle solenni esequie della regina del Commonwealth partecipavano oltre 200 presidenti (esclusi i rappresentanti della Federazione russa, non invitati) e 500 dignitari provenienti da tutto il mondo. La tradizione, la solennità, la scenografia trasudavano di un’austerità e di un rispetto dell’autorità di altri tempi. E difatti, oltre allo Speciale Tg1, anche il TgLa7 con Enrico Mentana (Dario Fabbri ed Enrica Roddolo del Corriere della Sera) e Canale 5 con Silvia Toffanin (Cesara Buonamici e Francesco Rutelli) hanno trasmesso in diretta il lungo addio. Quelli che stonano sono l’enfasi, la retorica e l’afflato condito da centinaia di aggettivi. Alle 14 Mentana ha ceduto la linea al telegiornale per dare le notizie di giornata, mentre sulla Rai 1 del presunto servizio pubblico si è andati avanti imperterriti con Telecorona. Bisognava seguire la cerimonia minuto per minuto senza perdere un battito di ciglia di Carlo III di Windsor e della consorte Camilla Shand, di Harry e William e delle loro mogli. O privarsi di un’inquadratura del percorso del feretro dopo la liturgia nell’Abbazia di Westminster, prima a piedi per le vie di Londra e poi in auto fino al Castello di Windsor, illustrato persino su Google maps. Così la cronaca in stile Downton Abbey si è dipanata per tutto il giorno. «In un’epoca in cui succedono milioni di cose in un istante», si è accorata Maggioni, «ci sono 4,5 miliardi di persone a guardare il rito lento e solenne di saluto alla regina». A sostenere l’imperversante direttrice c’erano i corrispondenti Marco Varvello e Natalia Augias, la scrittrice Simonetta Agnello Hornby, il docente di Letteratura inglese alla Sapienza Andrea Peghinelli. Tutti hanno sottolineato le ali di folla sul percorso del corteo funebre perché «il popolo era affezionato alla regina, la narrazione dei populisti che divide il popolo dall’élite è sbagliata». Siamo tutti sudditi di Sua Maestà.

 

La Verità, 20 settembre 2022

Notizie alla rinfusa nel tg emozionale ma in trincea

I titoli sono scomparsi. Al loro posto c’è la copertina. Un fotoreporter che si aggira tra le macerie, una colonna di fumo che esce da un palazzo, i vigili del fuoco che intervengono… Non si capisce dove siamo, né chi sia l’autore del servizio, che però vediamo in faccia mentre si autoinquadra col telefonino. Benvenuti al Tg1, la testata più emozionale del bigoncio atlantista. Tocca al conduttore in studio rendere edotti i telespettatori del contesto delle immagini di apertura. Ma ora via alla sequenza delle notizie: una frase motivazionale del presidente Sergio Mattarella, l’uccisione dei cameraman di Fox News, Volodymir Zelensky che ammette che l’Ucraina non può entrare nella Nato, l’annuncio da Bruxelles del prossimo vertice dei capi di Stato occidentali, la repressione della giornalista che ha contestato l’informazione del telegiornale russo con relativo commento in studio del corrispondente da Mosca Sergio Paini (a proposito, news sul titolare dell’ufficio Marc Innaro, mentre tutte le altre testate hanno ripreso a trasmettere dalla capitale russa?).

È l’inizio di un’edizione delle 20,30 del telegiornale diretto da Monica Maggioni. Non c’è gerarchia delle notizie, non c’è ordine; come quello che per esempio darebbe la lettura dei titoli. Dopo dieci minuti di notizie alla rinfusa, tra servizi «dal fronte» di inviati-corrispondenti-fotoreporter-giornalisti arruolati per l’occasione, collegamenti dalle capitali europee o con qualche esperto al quale fare una sbrigativa e generica domanda, nonostante il conduttore si affanni a dare una logica alla «narrazione», il telespettatore disorientato ha pure bisogno di sedare il capogiro. Fortuna che si chiude soavemente, con una poesia o un brano musicale… È il tg con l’elmetto nella variante sentimentale del coro. Problemi non ce ne sono, la linea va seguita senza tentennamenti anche se rispetto alle idi di marzo del 2021, gli ascolti dell’edizione serale calano di 600.000 unità. La neodirettrice ha deciso di talkizzare il tg con l’atlantismo più agguerrito (rinforzando sorprendentemente l’ufficio londinese con Natalia Augias). Lo riprovano gli speciali Tg1 che occupano lo spazio di Unomattina. Nel talk, Maggioni anima lo show contornata da schermi, grafici e ospiti ai quali, con gestualità magniloquente e indaffarata dà alternativamente la parola. «Vediamo la linea ferroviaria che è stata bombardata e che rappresenta un po’ la via di comunicazione in Ucraina, non è vero Sergio?». Chissà, alla fine, forse la faccenda è tutta qui. Nella differenza tra la rappresentazione e l’essere.

 

La Verità, 17 marzo 2021

L’info emergenziale, nuovo format del Tg1

Belle le vacanze nei posti remoti. Ma se la tv riceve solo i tg Rai, insomma. Certo, si può resistere. Siamo passati per un inusitato confinamento fisico, che sarà mai un pizzico di libertà vigilata informativa? Di esclusiva del Tg1 – nel senso che si vede solo quello? Perché, anche se in qualche arcipelago sperduto o a un metro dal confine alpino il primo pensiero non è l’informazione, tuttavia il tambureggiamento giallorosso, con annessa campagna della paura, un tantino infastidisce. L’infodemia non si porta bene sulle infradito o sulle scarpe da trekking. Almeno in spiaggia o in rifugio si vorrebbe rilassarsi un filo e staccare dal tam tam emergenziale, nuovo format dei tg Rai.

Da giorni il coro dei media cavalcava la nuova intesa tra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti per le elezioni comunali del 2021 (Virginia Raggi a parte). Alleanza strategica, accordo foriero di un futuro radioso per l’Italia tutta, era la ola delle redazioni. E pazienza se per il M5s trattasi di tradimento della ragione sociale anticasta battezzata col Vaffa. L’establishment e Virginio Bettini tifano per la saldatura e dunque: testa nella sabbia e avanti con la fanfara. L’altra inversione a u è la rottura del tabù dei due mandati. Ci pensa il Tg1 diretto da Giuseppe Carboni a condire l’apostasia come «evoluzione», il rinnegamento come «svolta di maturità». Così Di Maio e Zingaretti veleggiano verso un avvenire d’armonia e tutti contenti, o quasi. Alla coppia Conte Casalino a un certo punto devono essere girati i cabasisi per l’eccesso di miele sul capo della Farnesina e il segretario Pd proposti spesso in garrula abbinata, il primo dichiarante su Facebook il secondo mascherinato tra i collaboratori. Così quella sera, prendendo la rincorsa, Emma D’Aquino annunciava che il premier si era pronunciato su alleanze, economia, Covid, scuola, Libia, Libano e per dessert macedonia con panna. Mentre il giornalista distillava il Contepensiero, eccolo in persona personalmente avanzare spedito con lo staff, seduto alla scrivania, incedere con pochette nei saloni di Palazzo Chigi, intravisto nello studio dalla porta socchiusa, parlare a una convention con microfonino ad archetto, digitare sulla tastiera, dialogare con le folle e camminare sulle acque… Confrontati, i cinegiornali dell’Istituto Luce sono satira corrosiva. Oppure la fonte ispirativa potrebbe essere la tv del Fatto quotidiano. Il quale proprio quella mattina, aveva pubblicato, in versione cartacea, l’intervistona a Giuseppi bisfirmata da Marco Travaglio e Salvatore Cannavò. Non è una bella sintonia tra il tg ammiraglio e il foglio cacciatorpediniere?

Del resto, il Tg1 (meno di 4 milioni di spettatori, share attorno al 24%) è pronto scattante malleabile. Se i giornaloni sono i portali del pensiero unico, il telegiornalone va dritto sull’indottrinamento. La giusta stigmatizzazione dei furbetti dei 600 euro che siedono in Parlamento serve per lanciare la campagna per il referendum sul taglio di deputati e senatori. E, fatto che non guasta, ad assestare un colpetto alla Lega (non pervenute le inchieste sugli onorevoli d’Italia viva e Pd che hanno richiesto il bonus). Anche dell’avviso di garanzia al premier e ad altri sei ministri spiccato dalla Procura della Repubblica di Roma non si hanno notizie. Quel giorno cascano i due anni dal crollo del ponte Morandi e quindi spazio alla commemorazione della tragedia, impreziosita dalla passerella genovese del premier. In totale, sei servizi sei. Poi ci sono i già citati resoconti sulla «maturazione» e il «cambio di passo» del M5s. E quindi non c’è spazio per altre notizie. Né quella di mezzo governo indagato. Né quelle relative al caos scuole (disaccordi tra il ministro Lucia Azzolina e il Cts, presidi in rivolta, distanziamenti sì no ni, mascherine obbligatorie facoltative inutili) che già agitano famiglie e insegnanti. Siamo alla vigilia di Ferragosto, perdiana. È tempo di escursioni, alpinisti, vacanze ecologiche, maghi, diete… Il 16 agosto invece è il giorno della chiusura delle discoteche. Dal Manzanarre al Reno, dagli Appennini alle Ande, il virus impazza ovunque. La seconda ondata è imminente, colpa dei giovani indisciplinati, scoperti una volta doppiato il Ferragosto. Evidentemente, prima tutti immaginavano che nelle discoteche i ragazzi stessero distanziati. Nulla da dire invece sui sistemi di controllo al rientro dai Paesi a rischio e sui focolai creati dai centri di accoglienza immigrati. Non pervenuti servizi sulla caserma Serena fuori Treviso, 230 positivi al coronavirus.

L’innovazione del Tg1 giallorosso è l’informazione ibrida come le Toyota. Il notiziario va con la benzina dell’indottrinamento governativo e con l’alimentazione elettrica dell’evasione e dell’ambientalismo all’acqua di rose. Il comun denominatore è il verbo emergenziale che richiede uno o più salvatori: il premier in primis, e a ruota i nuovi sacerdoti della pandemia, gli ecoallarmisti, le Grete varie. Dal 15 al 25 agosto l’ossessione da Covid non conquista l’apertura del tg solo il giorno del ritrovamento dei resti del povero Gioele Parisi, il figlioletto della dj Viviana trovata morta in Sicilia, nell’anniversario del crollo del ponte di Genova e in quello del terremoto di Amatrice. Ma in questi ultimi due casi c’è di mezzo la sfilata del premier che va a rincuorare, confortare, massaggiare. Altrimenti domina la campagna della paura di cui la politica dell’emergenza è diretta emanazione. Come lo è la gestione delle scuole: quante volte abbiamo visto i due dirigenti che tendono il metro tra i banchi? La bionda Laura Chimenti tambureggia cifre e allarmi Covid con aria accigliata. La curva dei contagi non fa che impennarsi, le terapie intensive in calo o stabili vengono taciute. Potrebbero anche saltare le prossime elezioni regionali, ma per ora meglio non scoprire le carte. Se qualcuno osserva che l’indice del contagio diminuisce in rapporto ai tamponi «potrebbe essere un numero sottostimato perché calcolato solo sui sintomatici». Viviamo nell’incubo dell’imminente «bomba virale». Giusto il tempo per rifiatare con gli esteri, utili a mostrare che fuori dall’Italia felix imperversano loschi figuri da Donald Trump a Jair Bolsonaro da Vladimir Putin ad Aleksandr Lukashenko, e si torna a parlare di Covid nel mondo e, con la cronaca, nelle discoteche, negli aeroporti, nel porto di Civitavecchia, non in quello di Lampedusa però. Per «alleggerire» il terrore da contagio in molti servizi si sposa l’evasione con la nuova sensibilità green. Ma il risultato è tra il comico involontario e il pittoresco: il lago di Massaciuccoli è minacciato da una pericolosa pianta acquatica, ci sono due oranghi da curare nel Borneo, l’azienda avellinese che produce componenti per sonde spaziali non ha la connessione internet, rinasce la fattoria dei cavalli degli zar, ritorna Winnie the pooh, nelle acque dell’Alaska è ricomparsa l’orca bianca, l’orso M49 è scappato di nuovo, il parto del panda di una mamma anziana ha avuto un «boom di visualizzazioni», Laura e Marco sono «uragani paralleli». Nell’annunciarli, D’Aquino, Chimenti e Francesco Giorgino sono seri. Per il 2021 si consiglia agriturismo con tv satellitare.

 

La Verità, 26 agosto 2020

I laici citano sant’Agostino, il Papa Fabio Fazio

Apro il Tg1 delle 13.30 e trovo come prima notizia l’intervista di Francesco a Repubblica. In bella evidenza copia del quotidiano e il sorprendente endorsement papale a Fabio Fazio. In fondo, è pur sempre un conduttore di Mamma Rai. Cambio canale, perplesso. Ma il tg di La7, di proprietà di Urbano Cairo, editore del Corriere della Sera, la ignora. Sarà mica che Bergoglio è finito dentro il gioco dei media e dei poteri forti?

Un Papa nonno non me l’aspettavo. Soprattutto, mi aspettavo di più da un Papa. Da papa Francesco. Lo dico con dolore. Con rammarico e delusione, purtroppo. In mezzo a tanti guru da quarantena che imperversano ovunque, sui giornaloni, sui social e in tv, da Bergoglio mi aspettavo parole ultime. Parole che vanno all’essenziale. Siamo messi faccia a faccia con la morte. Con il destino. Non alla rinuncia all’apericena sui Navigli. Siamo a confronto con il pericolo massimo che si fa prossimo, in modo imprendibile come raramente capitato dalla fine della Seconda guerra mondiale. C’è una pandemia, uno scenario dai risvolti drammatici che coinvolge l’intero pianeta.

Ci era andato vicino domenica scorsa Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, scrivendo che «torna la voglia di parole vere». E, non a caso, aveva citato proprio Bergoglio che, sempre domenica, con un gesto commeovente era andato a piedi a pregare nella chiesa di Santa Maria Maggiore davanti all’icona della Vergine «Salus populi romani». Un pellegrinaggio, meglio di tante parole. Per questo, in mezzo alla selva di consigli, decaloghi e omelie di tanti telepredicatori, da Francesco ci aspettavamo qualcosa più di un paterno buffetto sulla guancia. «Dobbiamo ritrovare la concretezza delle piccole cose, delle piccole attenzioni da avere verso chi ci sta vicino, famigliari, amici. Capire che nelle piccole cose c’è il nostro tesoro». Fin dalle prime righe sembrava di sentir parlare Fazio. Lui. Possibile? Ma di fronte a questa situazione un Papa non dovrebbe parlarci del Salvatore? Di un Tizio che è morto in croce per riscattarci dalla fragilità, dalla provvisorietà? Antonio Scurati agli albori dell’epidemia ha scritto che dobbiamo ricostruire «una coscienza collettiva della nostra finitudine». Se non è questo il cristianesimo che cosa lo è? Se non lo dice la massima autorità mondiale, il Vicario di Cristo, chi lo fa? Avete presente, qui ci vorrebbe l’emoticon con il faccino interrogativo e il pollice e l’indice attorno al mento.

Immerso nelle perplessità ho proseguito la lettura fino all’epifania. «Mi ha molto colpito l’articolo scritto su Repubblica da Fabio Fazio…». Ma dai? «Che cosa in particolare?» gli ha chiesto il giornalista. «Tanti passaggi, ma in generale il fatto che i nostri comportamenti influiscono sempre sulla vita degli altri». E poi, «quando dice: “È diventato evidente che chi non paga le tasse non commette solo un reato ma un delitto: se mancano posti letto e respiratori è anche colpa sua”. Questo passaggio mi ha molto colpito». Papale.

Ora questa faccenda si presta ad alcune considerazioni. La prima è una domanda. Davvero Francesco aveva letto Fabio Fazio del giorno prima? O qualcuno gliel’ha segnalato? E davvero il Papa ha confessato questa impressione senza che magari il suo confidente abituale a Repubblica incoraggiasse, diciamo così, la conversazione di ieri? E se così fosse, a che situazione saremmo di fronte? Sono solo domande, eh.

Il secondo quesito è nel merito. Stiamo sempre parlando del custode della cristianità o di un ministro del Tesoro italiano che stigmatizza le conseguenze, pur nefaste, dei comportamenti degli evasori?

La terza è una considerazione. Gli psichiatri e gli intellettuali laici in questo momento tanto drammatico citano Le confessioni di Sant’Agostino, per dire, e il pontefice eleva Fazio a nouveau philosophe.

’Namo bene, direbbero a Roma.