Fiorello fuoriclasse, Zoro e Damilano cartellino rosso
Il peggio e il meglio di un anno vissuto televisivamente. Senza troppe fisime e sicuramente con tante lacune.
Fiorello 10 (Rai 2)
Fuoriclasse. Animale da show. Direttore che fa orchestra. Vedi l’invenzione di Ruggero «pancia del Paese», la reinvenzione di Fabrizio Biggio, ex solito idiota, il coinvolgimento di Manuela Moreno del Tg2 Post. Gli altri, tutti pronti a passare dal Glass di Via Asiago (con qualche disagio dei residenti). Il capolavoro è la viralità: cura ricostituente per l’intera Rai, partendo da Raiplay e Rai 2 (portata dall’1 al 14%) e sconfinando nei tg, su Rai 1, su Radio Rai. Benefattore.
Alberto Angela 9 (Rai 1)
Master in divulgazione. Si tratti dei tesori di Milano o delle meraviglie di Mont Saint-Michel e di Lisbona, il figlio d’arte incarna lo spirito della tv generalista. La bellezza è attorno a noi, ci circonda e ci precede. Per accorgersene basta lo stupore, la dote dei bambini, e non ci sono target che tengano. Narratore rigenerante, saliscendi sulle scale del racconto alto e basso. Antistress.
Tutto chiede salvezza 8 (Netflix)
Può una serie ambientata nel reparto psichiatrico di un ospedale avvincere come un thriller? Sì, se al centro ci sono le nostre domande fondamentali e le nostre fragilità. E se ci sono buona scrittura e ottima regia, Qualcuno volò sul nido del cuculo insegna. La base è l’autobiografico diario della settimana di Trattamento sanitario obbligatorio di Daniele Mencarelli, la resa cinematografica di Francesco Bruni, uno che ha sempre lavorato con i giovani. Profonda.
Una squadra 8 (Sky)
Docu-serie rivelazione dell’anno, 46 anni dopo la vittoria della Coppa Davis a Santiago del Cile, squaderna aneddoti e retroscena in quantità industriale, alternati a curiosi brani d’archivio. Protagonisti Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti, Tonino Zugarelli: attori naturali loro e sceneggiatura naturale la loro storia. Gli anni Settanta non erano solo di piombo ma anche di terra: rossa come la famosa maglietta dei doppisti. Epica.
Amadeus a Sanremo 7 (Rai 1)
Premio alla professionalità, nell’ultimo Festival ha saputo emanciparsi da Fiorello senza pagare in ascolti e qualità. Il Sanremo tuttifrutti con Achille Lauro, Roberto Saviano e Checco Zalone era perfetto per il governo di quasi unità nazionale. Quando si ha un ventaglio così largo il successo di ascolti è garantito. Da rivedere l’orchestra affidata a «direttori» come Francesca Michielin e il feeling con qualche donna fiera, come Sabrina Ferilli. Medioman.
Fuori dal coro 7 (Rete 4)
Il mio giudizio è sicuramente viziato, ma credo che negli Stati Uniti un conduttore eccentrico come Mario Giordano sarebbe studiato dagli altri media. Invece il perbenismo ci fa alzare il sopracciglio. Meglio il giochino di Bianca Berlinguer con Mauro Corona? O la passerella gauchiste chez Giovanni Floris? Basterebbe l’inchiesta sulle case occupate dagli abusivi per conferirgli uno dei tanti premi di giornalismo che vanno sempre ai soliti. Spettinato.
L’Ora 7 (Canale 5)
Lenta ma seducente, era una serie diversa e forse per questo meritava più coraggio nella promozione. Ispirata da Nostra signora della Necessità (Einaudi) di Giuseppe Sottile, racconta, tra atmosfere dark e cadenze jazz, la lotta senza retorica dei giornalisti del quotidiano palermitano contro le cosche, prima che venisse scritta la parola mafia. Sarà il direttore di quel foglio a stamparla la prima volta. Notturna.
Playlist 7 (Netflix)
La storia di Spotify diventa un gioco di ruolo. Ogni episodio zooma su un protagonista dell’avventura che ha sconvolto il mondo della musica. Quello centrale è il nerd informatico e ultra intransigente che ha l’idea geniale e l’intuizione di contornarsi delle persone giuste. Compreso il tecnico ancora più bravo di lui e l’imprenditore visionario con lieve disturbo della personalità. Un’ascesa entusiasmante, fino a svelare anche tradimenti e cinismi, rovescio della medaglia del successo. Appassionante.
Quarta Repubblica 7 (Canale 5)
Nicola Porro ha il passo della riflessione a lunga gittata. Le interviste one to one (Paolo Scaroni, monsignor Massimo Camisasca…) sono vero approfondimento. La parte di talk non contempla risse e litigi sebbene coinvolga interlocutori molto bipartisan. Qualche volta si apprezzerebbe un pizzico di velocità in più. Comunque, avercene. Equilibrato.
Marco Cattaneo 6 (Dazn)
Uno dei pochi giornalisti sportivi che non se la tira nonostante la competenza. Il suo Sunday night square dopo il posticipo domenicale è un talk senza la gigioneria e l’autoreferenzialità che inquinano alcuni programmi gemelli. Con Massimo Ambrosini e Marco Parolo equilibrio e autorevolezza sono garantiti. Un po’ dimesso lo studio, si potrebbe osare di più. Asciutto.
Amadeus dovunque 5 (Rai 1)
Più di Pippo Baudo e di Carlo Conti nei loro momenti di massimo splendore. Entra nelle nostre case tutte le sere all’ora di cena con I soliti ignoti. Conduce lo show dell’ultimo dell’anno, le serate di revival all’Arena di Verona oltre, inevitabilmente, Sanremo Giovani. Talmente presente da rischiare di diventare un oggetto di arredamento. Ubiquo.
Lilli Gruber 5 (La7)
Il voto è la media tra l’autorevolezza di ospiti come Massimo Cacciari e Lucio Caracciolo e la faziosità monocorde della conduttrice. Che spesso sconfina in una sorta di punteggiatura, di balbuzie parossistica: ma Salvini… e Salvini… oggi Salvini… ha sentito Salvini… intercalata da: e la Meloni… oggi la Meloni… Il resto, a eccezione della partnership con i colleghi del Fatto quotidiano, è contorno. Rosicante.
Lotta continua 4 (Raiplay e Rai 3)
Tratta da I ragazzi che volevano fare la rivoluzione (Mondadori) di Aldo Cazzullo, la docu-serie è una ricostruzione molto indulgente del periodo che precedette gli anni di piombo e che Erri De Luca chiama «anni di rame». In realtà, l’assassinio del commissario Luigi Calabresi (17 maggio 1972) inaugurò la stagione del terrorismo. Tra le tante voci interpellate solo quella di Giampiero Mughini è ragionevolmente critica. La meglio gioventù siamo noi. Autoassolutoria.
Servitore del popolo 4 (La7)
La serie sulla biografia di Volodymyr Zelensky doveva essere l’evento dell’anno… Sembrava interessante il gioco di specchi tra fiction, realtà e politica tanto che il suo partito si chiama come la serie, ignorata a lungo su Netflix prima di essere proposta dalla rete di Urbano Cairo. Forse si poteva prevedere che, essendo la realtà più cruda della finzione, sarebbe presto scivolata nel dimenticatoio. Pleonastica.
Alessandro Cattelan 4 (Rai 2)
Dopo il flop di Da grande su Rai 1 è arrivato il mezzo flop di Stasera c’è Cattelan su Rai 2. Il programma è uguale a Epcc, visto su Sky: interviste a molti amici, giochini, giovanilismo a cascata. Il punto è proprio questo: non aver capito la differenza tra una pay tv digitale e la tv generalista. Doveva essere il David Letterman italiano. Doveva… Un po’ meglio la serie Netflix Una semplice domanda. Eterna promessa.
Il Circolo dei mondiali 4 (Rai 1)
Salottino arcobaleno à côté dei Mondiali di calcio qatarioti. Ci sono la direttrice di Rai Sport specializzata in ciclismo, le vecchie glorie olimpioniche di salto in alto e ginnastica artistica, un giornalista che compulsa i social e una band per gli stacchetti. In collegamento un inviato e un ex calciatore con la barba dovrebbero parlare della partita appena finita tra una gag e l’altra. Braccialetti dei diritti in bella vista. Che noia.
Cristiano Malgioglio 3 (Rai 2)
Difficilmente un titolo è stato più smentito di Mi casa es tu casa. Primo perché Malgioglio parla soprattutto di sé. Poi perché, come certificano gli ascolti, non c’è casa più lontana della sua da quelle degli italiani. Momento cult: Leonardo Pieraccioni che lo bacchetta: «Me l’avevano detto: guarda che lui fa il programma per sé… Ma io ti metto le mani addosso se nun me fai parla’…». Dopo Heather Parisi e Ilona Staller, lo scoop è l’intervista a Mara Venier in una pausa di Domenica in: almeno è costata poco. Carnevalesco.
Marco Damilano e Diego Bianchi senza voto (Rai 3 e La7)
Esempio da manuale di cosa succede quando l’ideologia entra nel giornalismo e l’informazione diventa militante. La nostra tv è piena di conduttori, anchorman e intrattenitori auto-investiti della missione di riparare il mondo e insegnare agli altri a starci. Ma più Propaganda live di così… Inqualificabili dopo l’invenzione di Soumahoro salvatore della sinistra. Anzi, squalificabili (dal video).
La Verità, 30 dicembre 2022