«Grazie a Jovanotti ora la poesia svetta in classifica»

Breve storia di un’idea geniale. S’intitola Poesie da spiaggia. È un libriccino con la copertina bianca e due grandi consonanti beige, la C e la J, le iniziali dei due autori: Nicola Crocetti, editore raffinato, e Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, il cantautore positivo che conosciamo. Una strana coppia: nobilmente artigianale e incline al basso profilo il primo, estroverso e catalizzatore il secondo. Questa idea geniale ha già battuto tutti i record di vendite per una pubblicazione di poesia. Così, eccomi nella sede della Crocetti editore, il cui fondatore, nato a Patrasso, grecista e sofisticato traduttore (anche della ciclopica Odissea di Nikos Kazantzakis), ha fatto a lungo il giornalista. Come secondo lavoro, però, perché il suo cuore ha sempre pulsato per il marchio nato nel 1981. E che sette anni dopo ha partorito Poesia, la più apprezzata e diffusa rivista europea, che metteva in copertina i volti dei poeti. Era una scelta voluta «perché i poeti hanno dignità pari o superiore a quella degli attori e dei divi della tv che campeggiano sui settimanali che troviamo in edicola», rimarca Crocetti. Per il quale questa idea geniale ha un certo sapore di rivincita.

L’altra sera avete presentato il libro al Salone di Torino, com’è andata?

«Molto bene. C’erano 600 persone attente e partecipi per merito di Jovanotti».

Avete fatto altre presentazioni?

«Una ai Quartieri spagnoli a Napoli, nel monastero della Foqus (Fondazione quartieri spagnoli), dove delle suore accolgono figli di camorristi: c’erano 500 persone. Poi siamo stati ospiti del programma di Massimo Gramellini, io in studio e Lorenzo in collegamento».

Gramellini su Rai 3, gli elogi di Concita De Gregorio su Repubblica… Jovanotti apre tante porte?

«Avremmo dovuto andare anche da Fabio Fazio che però voleva una performance di Lorenzo. Invece lui avrebbe preferito parlare solo del libro, così ha declinato».

Jovanotti è un ciclone.

«È la prima volta che un libro di poesia entra nella top ten delle vendite, tanto più a pochi giorni dall’uscita. Le 20.000 copie della prima tiratura sono andate esaurite in un giorno. Dopo una settimana, è alla terza ristampa».

Com’è nata l’idea?

«L’ha avuta Jovanotti. Si è rivolto a Feltrinelli chiedendo di contattarmi. Gianluca Foglia, capo degli editor, temeva che dicessi di no invece abbiamo fatto un incontro online e ho accettato con entusiasmo».

Perché?

«Da anni Lorenzo segue il profilo su Facebook della Crocetti editore. Ogni giorno pubblichiamo una poesia, lui mette i like e commenta. Quando esce un nostro libro lo compra e lo consiglia. Perciò sapevo che ama e conosce la poesia».

Un buon socio.

«Assolutamente. Questa è un’antologia fatta da una persona competente come me e da un lettore forsennato di poesie come lui. Lorenzo conosce la poesia più di tanti poeti affermati».

Ha recitato versi di Mariangela Gualtieri all’ultimo Festival di Sanremo.

«Da cinquant’anni sento dire che la poesia non vende. Perché mai dovrebbe? Sui giornali nessuno ne parla se non occasionalmente e spesso a sproposito. In televisione solo Rai 5 fa dei programmi su Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo, i classici del Novecento, ma quasi mai parla di poesia contemporanea. Quando nel 2017 diedero un tema alla maturità su Giorgio Caproni nessuno lo conosceva, non dico i ragazzi, nemmeno gli insegnanti. Dunque, se la scuola non ne parla, gli insegnanti, salvo rare eccezioni, non la conoscono, nelle librerie la poesia è relegata negli scaffali più remoti, come fa a vendere un prodotto che non si trova e di cui non si parla in tv?».

Abbiamo la prova contraria?

«Ogni volta che se ne parla in tv o c’è un film che cita un autore le vendite schizzano. Come avvenne con L’attimo fuggente e Capitano, mio capitano di Walt Whitman. Il libro con le sue opere vendette parecchio. Se con un cavallo di Troja si introduce la poesia nelle mura della fortezza, la fortezza cade. Il cavallo di Troja è stato Jovanotti con la sua performance a Sanremo e con questo libro».

Un contenuto elitario proposto in un contesto e con un linguaggio popolare. Quando l’ha visto recitare Bello mondo a Sanremo cos’ha pensato?

«Ho sempre sostenuto che la poesia ha bisogno della ribalta del primetime televisivo. Se le dai un palcoscenico importante vengono smentiti tutti i luoghi comuni sulla sua invendibilità».

Perché ci sono tanti lettori e aspiranti poeti?

«Se digita poesia su un motore di ricerca escono oltre 300 milioni di pagine. Se digita poetry ne escono 950 milioni. Di fronte a questi numeri è difficile dire che la poesia non interessa. Qualcuno obietta: se sul Web ci sono 300 milioni di pagine, i libri dovrebbero vendere decine di migliaia di copie. Invece, in Italia ci sono 3 milioni di poeti dilettanti che scrivono, ma non leggono».

È un fenomeno figlio del sentimentalismo e dell’egocentrismo dei social?

«È figlio dell’incultura che parte dalla scuola e arriva ai media. Negli Stati Uniti alla cerimonia di insediamento alla Casa Bianca i presidenti si fanno affiancare da un poeta. Cominciò John Fitzgerald Kennedy chiamando Robert Frost, l’ultimo è stato Barack Obama…».

Purtroppo Joe Biden ha chiamato Amanda Gorman…

«Giusto, c’è di meglio… In America i poeti insegnano nelle università, scrivono sui giornali e sono riconosciuti. In Grecia poeti come il premio Nobel Odysseas Elitis, Giorgos Seferis, altro Nobel, e Ghiannis Ritsos sono stati musicati da un musicista come Mikis Teodorakis».

In Italia la consideriamo un prodotto d’élite.

«Con l’eccezione di Alda Merini che era un fenomeno mediatico perché andava da Maurizio Costanzo, da noi prevale l’idea che i poeti siano degli straccioni, non degni di essere paragonati agli altri intellettuali».

La spiaggia è un posto di casino, la poesia predilige il tramonto o l’alba?

«Lorenzo ha detto proprio questo: voglio che insieme ai gialli o ai fumetti, negli zaini di chi va al mare o viene ai miei concerti, ci sia anche un libro di poesia».

Per essere apprezzata necessita di alcune condizioni?

«Che qualcuno la sappia porgere bene, cosa che in pochissimi sanno fare».

E di un contesto che aiuti la contemplazione?

«L’ascolto, la meditazione, virtù neglette».

Come avete scelto le 115 liriche dell’antologia?

«Volevamo fare un libro che costasse poco, con un numero contenuto di pagine. Foglia aveva chiesto 50 poesie a testa. Ognuno ha creato la propria playlist, ma ci siamo fatti un po’ prendere la mano. Pian piano ne abbiamo tolte alcune».

Ognuno ha scelto da solo.

«Quando ce le siamo scambiate abbiamo scoperto che metà degli autori scelti da Lorenzo coincidevano con i miei».

Avete discusso su qualcuno?

«Abbiamo fatto delle aggiunte quando ci siamo accorti che mancava qualche autore che meritava».

Non solo poesia contemporanea.

«Poesie di ogni tempo e di ogni Paese».

Poteva starci anche Giacomo Leopardi?

«Capisco, ma per me era troppo scontato».

Se è per questo c’è il Cantico delle creature, pur in una bellissima versione.

«È una scelta di Lorenzo. Volevamo proporre un’antologia che stupisse per i contenuti».

Il gusto della poesia va educato o si è predisposti?

«È frutto di lavoro e di educazione. Quelli che pensano che la poesia nasca spontaneamente davanti a un bel tramonto o quando si è afflitti dal dolore di un amore finito quasi sempre producono balbettii da dilettanti».

Siamo abituati a fruizioni istantanee a tutti i livelli: che spazio può avere la poesia oggi?

«La poesia ti fa fermare a meditare perché da sempre dà risposte ai grandi interrogativi della vita, come la filosofia».

Confina con il senso religioso, la ricerca delle risposte alle domande fondamentali?

«Certo, di questo si occupa. C’è un’opera di Aldo Nove, scelta da Lorenzo, che s’intitola Maria».

Un libro così fa svoltare il lavoro di una vita?

«Gli dà un senso. Da tutta la vita mi occupo di poesia, ma anche se ritengo di aver pubblicato ottimi testi non era mai accaduto che un mio libro diventasse un bestseller».

Quello con Capitano, mio capitano si era avvicinato?

«Sì, ma non avevo una distribuzione paragonabile a quella di adesso con Feltrinelli».

Ha fatto svoltare la sua attività anche l’ingresso in Feltrinelli?

«Naturalmente. Sono passato da una dimensione artigianale a una più contemporanea. Dopo l’acquisizione di Feltrinelli Crocetti editore ha raddoppiato il fatturato in un anno».

Aveva mai chiesto aiuto alla politica?

«Non mi sono mai occupato di politica. Questo è il motivo per cui non ho mai goduto di finanziamenti come la stragrande maggioranza degli editori che prendono o hanno preso finanziamenti a pioggia dallo Stato».

Non c’è mai stata considerazione?

«Alla politica non frega nulla della poesia. Mediamente i nostri politici sono ignoranti e disinteressati alla poesia. Se sono interessati alla cultura, lo sono ai musei e ai siti archeologici. È un po’ brutale, ma è così».

Abbiamo avuto come ministro della Cultura Sandro Bondi che era un poeta.

«Non ho memoria di sue azioni significative per la poesia».

Quante copie vende la rivista?

«Poche migliaia. Prima andava in edicola con una tiratura di 15.000 copie. Adesso è venduta nelle librerie Feltrinelli e in alcune altre, perciò è difficile raggiungere i numeri delle edicole. Il passaggio da mensile a bimestrale ha aumentato i costi da 5 a 13 euro».

Chi sono i poeti?

«La poesia è come l’acne, durante l’adolescenza viene a tutti, poi passa. Quelli a cui non passa e rimangono con la faccia butterata, quelli sono i poeti».

In una lirica intitolata Il poeta, Marina Cvetaeva li descrive come figure del margine.

«Sono quelli che dicono la verità. Prendiamo Osip Madel’stam, uno dei più grandi poeti russi del Novecento. Aveva scritto dei versi contro Stalin definendolo “il montanaro georgiano”. La lesse una sera davanti a un gruppo di amici fidati. Il giorno dopo fu arrestato, per dire quanto erano fidati quegli amici».

C’è qualche momento in cui ha realizzato che i poeti sono necessari?

«Tutti i giorni. È una consapevolezza che non è condivisa dalle istituzioni, ma dai veri poeti e basta. Distinguere tra quelli veri e chi ogni tanto va a capo, è un’arte che richiede studio e applicazione».

Ha mai provato a cimentarsi?

«No, perché mi sono posto come mission di diffondere la poesia, non di scriverla. Sono già troppi quelli che lo fanno».

 

La Verità, 21 maggio 2022