Pd e Corriere alleati alla conquista della Rai
I giochi in Rai sono quasi fatti. Il Pd di Enrico Letta e il Corriere della Sera di Urbano Cairo hanno deciso. Eleonora «Tinny» Andreatta diventerà amministratore delegato della Rai e Ferruccio De Bortoli presidente. È una coppia da establishment blasonato, che compiace i poteri forti della politica e del mondo della comunicazione. Resta da vedere se Mario Draghi ci metterà la firma o vorrà sparigliare. Il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli e il capo di gabinetto Antonio Funiciello, delegati al dossier, stanno esaminando i curriculum per impiattare il ticket da servire al premier. La prima regola da rispettare è la composizione mista, un uomo e una donna per soddisfare il nuovo verbo dell’inclusività, subentrato a quello della meritocrazia. Il «quasi» che lascia ancora un margine d’incertezza sull’esito finale dipende dalla sopravvivenza di un paio di abbinate outsider. Come quella che vedrebbe in Paolo Del Brocco, stimato capo di Rai Cinema, un amministratore anti piattaforme dello streaming, e in Paola Severini Melograni un presidente in grado di valorizzare il mondo del sociale. Un’altra alternativa ipotizza Monica Maggioni nel ruolo di ad e l’economista Alberto Quadrio Curzio in lizza per la presidenza. Spifferi incontrollati e autocandidature a parte, entro fine maggio il premier cercherà di trovare la quadra della composita maggioranza per avvicendare Fabrizio Salini e Marcello Foa al vertice della tv pubblica.
Diversamente dai precedenti giri di nomine, stavolta De Bortoli non si è defilato. Il due volte direttore del Corriere della Sera e attuale presidente dell’editrice Longanesi potrebbe avere l’aplomb giusto per la Rai delle larghe intese. Nella casella più importante si accomoderebbe invece la Andreatta, figlia di Beniamino, maestro riconosciuto di Letta. Eleonora ed Enrico, affini nei modi lievemente alteri, sono come fratello e sorella. Per una vita, lei ha disposto a piacimento della fiction Rai e dei suoi budget multimilionari. Poi, improvvisamente, nel giugno scorso, ha preso baracca e sceneggiature e si è trasferita a Netflix per uno stipendio tra i 700 e gli 800.000 euro. Le cose, però, non sono andate come sperava. Ecco perché, nonostante l’inevitabile ridimensionamento del cachet, vorrebbe rientrare dalla porta principale di Viale Mazzini. L’aspirazione si è vieppiù consolidata con il rientro di Letta a Roma per guidare il Pd. Un ritorno tira l’altro. E se poi c’è anche la benedizione da lontano dello zio Gianni, consigliere di Berlusconi, il cerchio si può chiudere. «Ma come, è passato meno di un anno dal suo addio alla Rai», è sbottato qualcuno in commissione di Vigilanza appena si è fatto il nome di Tinny. Così è stata fissata una clausola di non concorrenza per chi ha da poco lasciato Mamma Rai.
Ma il progetto è solo rallentato. Chi ha incrociato il segretario dem lo ha visto determinato. Altre ipotesi non intende considerarle. Qualche giorno fa ha avuto grande evidenza sul giornale diretto da Luciano Fontana il colloquio di Aldo Cazzullo con Filippo Andreatta, fratello vero di Eleonora, docente a Bologna e consigliere economico di Letta. Non tutti possono intervistare qualcuno senza spiegare perché ai lettori. Il Corriere può. Pochi giorni dopo, un’altra mega intervista a Luca Bernabei, amministratore delegato di Lux Vide, la società «principale azionista della fiction Rai» targata Andreatta, ha consolidato l’operazione. Don Matteo, Un passo dal cielo, Che Dio ci aiuti, Doc – Nelle tue mani, I Medici, Sotto copertura e Leonardo sono solo alcune delle serie prodotte dalla casa. L’intervista del figlio di Ettore Bernabei e fratello di Matilde, presidente di Lux Vide e moglie di Giovanni Minoli, si concludeva così: «Quando il governo si è insediato abbiamo mandato a tutti… un cofanetto con scritto “Whatever it takes” contenente la prima stagione dei Diavoli, la serie sulla finanza in cui c’è un passaggio fondamentale attorno alla frase con cui Draghi ha salvato l’euro e l’Europa. Ora deve salvare l’Italia e poiché per farlo serve energia, abbiamo riempito la scatola di cioccolatini». La manovra avvolgente sul premier è a uno stadio avanzato e una filiera di potenti famiglie è pronta a salire sul cavallo di Viale Mazzini. C’era una volta il partito di Repubblica, ora c’è quello del Corriere. Già proprietario di La7, anche Cairo caldeggerebbe l’operazione perché, con De Bortoli, farebbe capolino pure in Rai.
Si vedrà. In commissione di Vigilanza c’è chi è pronto alle barricate e ottenere il quorum dei due terzi dei voti, necessario per il presidente di garanzia, non è facile per nessuno. Anche la Andreatta potrebbe trovare qualche ostacolo nel percorso inverso a quello fatto un anno fa. Chissà se Draghi approverà simile concentrazione di poteri. Magari anche pensando a cosa potrebbe succedere nel domino delle direzioni di reti e testate. Ecco perché qualcuno sussurra che a bordo campo starebbe scaldando i muscoli Salvatore Nastasi, segretario del Mibact, in quota Dario Franceschini. Se toccasse a lui la casella di amministratore delegato, a quel punto, seguendo la regola del ticket misto, tornerebbe in discussione De Bortoli…
Insomma, i giochi sono fatti. O quasi.
La Verità, 27 aprile 2021