«L’Expo lo fanno in Arabia, qui c’è il patriarcato»

Il quarto libro di Federico Palmaroli, in arte #lepiubellefrasidiosho, s’intitola «Er pugno se fa co la destra o co la sinistra?» (Rizzoli). A chiederlo in copertina è un’amletica Elly Schlein, segretaria del Partito democratico. Sottotitolo: splendori (e miserie) di un anno italiano.

Insomma, lei proprio non lo vuole capire.

«Che cosa?».

Che in Italia c’è il patriarcato.

«Ero convinto di no, ma pian piano ci sto arrivando».

Alla buon’ora.

«Ero rimasto alla resilienza».

Non avrà qualcosa contro la resilienza?

«Io ho qualche problema solo con l’alcol» (ride).

Dopo quello con Giorgia Meloni, questo con la Schelin è il secondo libro consecutivo con una donna in copertina: è ora di finirla.

«Mi rendo conto. Ma questo dovrebbe dimostrare che non c’è il patriarcato. Oppure è la conferma che c’è? Ditemelo voi quello che devo fa’».

Si vede anche dalla pubblicità che in Italia comandano sempre gli uomini.

«I miei amici sposati dicono che in casa decide sempre la moglie».

Balle. Negli spot gli uomini scelgono l’anticalcare per la lavatrice, la merendina della colazione, il patriarcato è inarrestabile.

«La famiglia si è evoluta, in parte si è disgregata e i separati sono la maggioranza. Così gli uomini devono occuparsi di tutto. C’è l’interscambio di ruoli e pure l’indipendenza della donna».

È qui che la volevo. Le piace Elodie militante contro l’oggettificazione della donna?

«Non voglio certo fare il bacchettone. Ma se vuole battersi contro l’oggettificazione della donna, l’esibizione di Elodie ne è un gran bell’esempio. Ha duettato anche con trapper che cantano proprio quello che si vorrebbe condannare».

Con Elly Schlein in copertina la inviterà anche Fabio Fazio?

«Sicuramente. Forse mi ha già chiamato, ma non ho sentito lo squillo».

Perché ha scelto la vignetta in cui chiede se «er pugno se fa co la destra o co la sinistra»?

«Nei precedenti libri c’erano Giuseppe Conte, Mario Draghi e Giorgia Meloni, tutti premier, diversi ogni anno a dimostrazione di quanto poco durano i governi. Ora non mi sembrava il caso di rimettere la Meloni. Perciò ho scelto la Schlein, primo segretario pd donna».

Ma la domanda della vignetta?

«Per ricordare che, come retaggio, la Schlein non viene dal mondo operaio e ha qualche difficoltà a ricordare le basi di un partito di sinistra. Non a caso, i circoli non avevano scelto lei».

E anche per segnalare che è più interessata alla forma che alla sostanza?

«Che sia molto interessata all’estetica l’abbiamo visto con la faccenda dell’armocromista».

Il fatto di non essere una segretaria di apparato le sta giovando?

«Teoricamente potrebbe essere un vantaggio e portare nuove idee. In realtà, usando le sue parole, possiamo dire che non l’abbiamo ancora vista arrivare».

Non sta riuscendo ad aprire il partito alla società civile?

«Stando ai sondaggi, non mi sembra che abbia catturato quell’elettorato che la sinistra ha perso. Mentre Fdi continua a crescere e la luna di miele con il premier non è ancora finita, secondo i sondaggi il Pd è in discesa. Non fa presa sull’area che vuole riconquistare».

Che cosa pensa del casting in vista delle europee? Si parla di Chiara Valerio, Patrick Zaki…

«Persone che hanno una storia delicata alle spalle e che meritano rispetto come Zaki vengono usate come ariete per le elezioni».

Poi c’è la corte serrata, finora respinta, a Roberto Saviano.

«Da Saviano me l’aspetterei di più perché si contrappone sempre al governo. Però, insomma… Come quando hanno messo in giro la voce che mi sarei candidato anch’io con Fdi… Il motivo per cui personalmente non ci penso è lo stesso per cui critico questo tipo di candidature».

Candidare scrittori e intellettuali vuol dire essere sempre in modalità armocromista?

«Nel senso della prevalenza dell’immagine sulla sostanza? Un po’ sì. Magari funzionano come calamita di voti, hanno un loro seguito…».

Gli elettori abboccano ancora?

«È un meccanismo che c’è sempre stato. La notorietà e la visibilità possono pagare anche alle urne. Io contesto l’opportunità delle scelte individuali, soprattutto se si è consapevoli di finire in un territorio estraneo».

La rivelazione di avere l’armocromista è la gaffe più clamorosa dell’anno o ce ne sono state di peggiori?

«È stata un’imprudenza. La gaffe è concedere un’intervista a Vogue, rivolgendosi a un pubblico lontano dal proprio mondo di riferimento. Non sono tra quelli che credono che i comunisti debbano vestirsi da straccioni. Ma penso che la lacuna maggiore sia la mancanza di memoria, non ricordarsi delle cose dette. L’accusa sballata al governo Meloni di aver voluto il mercato libero delle bollette, mentre è un provvedimento deciso dal governo Draghi e votato dal Pd su invito dell’Europa, mi disturba più dell’armocromista».

Anche stare al telefono mezz’ora con due comici russi credendo di parlare con diplomatici africani non è male come infortunio.

«Altroché. Alla Meloni non è certo arrivata la chiamata sul cellulare con scritto “Sospetto Spam”. Avrà dato per scontato che sia stata filtrata prima dall’apparato della sicurezza. Però, certo, è un infortunio».

Il premier è troppo vittimista nel rapporto con i media?

«Vedo riflettori con lenti molto più sensibili rispetto a prima. Si aspetta solo che qualcuno sbagli, e il minimo errore ha un’eco enorme. Con Draghi c’era un altro ossequio, non questa attenzione su come venivano condotte le conferenze stampa, per dire… Sul centrodestra c’è più pressione e quindi anche maggiore suscettibilità».

Giorgia Meloni ha gestito bene la vicenda di Giambruno o, come dice Nichi Vendola, doveva esprimere solidarietà alle colleghe che il suo ex compagno ha importunato?

«Sono state pronunciate frasi infelici, certamente. Ma non credo fossero il preludio di chissà quali azioni malvagie. Il ruolo determina il clamore. Scusarsi lei? Non sappiamo nemmeno le dinamiche interne, magari erano battute che facevano parte del cameratismo della redazione… Per chiedere scusa bisogna conoscere le dinamiche relazionali, al di là del fatto che potessero essere espressioni fuori luogo».

Quanto a gaffe, anche il cognato Francesco Lollobrigida non si risparmia.

«In Italia l’etica non gode di buona salute. Era immaginabile quello che sarebbe successo: “Lollo, la prossima volta vacci col Falcon”».

Invece, dopo la scelta di Riad per l’Expo 2030, in una sua vignetta il sindaco Roberto Gualtieri è a colloquio con Bergoglio.

«Il Papa lo ha convocato per comunicargli di aver ricevuto un’offerta irrinunciabile per fare anche il prossimo Giubileo a Riad».

A proposito di Francesco, la Provvidenza sotto forma di una bronchite, gli ha evitato un viaggetto fino a Dubai per la Cop28.

«Fosse andato avrebbe potuto definire i dettagli del Giubileo arabo».

Ma secondo lei Roma non farà l’Expo a causa della spazzatura, dei cinghiali o di un altro motivo?

«Forse perché da noi c’è il patriarcato. Sarà per questo che l’hanno spuntata gli arabi…».

Il più furbo di tutti è Luca Casarini, l’ex leader delle Tute bianche che fa accoglienza con i soldi dei vescovi?

«Se confermate, sono situazioni che lasciano stupefatti. Tanto più dopo il caso di Soumahoro… fai il paladino dell’accoglienza e poi i migranti stanno in situazioni penose. Una cosa “troppo regalata”, come si dice a Roma. A sinistra nessuno si è sentito in dovere di condannare l’assalto alla sede di Pro Vita, un’associazione lontana dal mio sentire. Quando accadde per la Cgil la condanna fu bipartisan».

Speriamo che il caso Casarini non sia simile al caso Soumahoro.

«Non credo che i cattolici siano felici di vedere i loro soldi finire in mano a Casarini».

È contento che ci sia un grande ritorno di politici?

«Rientrano Nichi Vendola, Gianni Alemanno e Alessandro Di Battista. Spero che ci pensi anche Luigi Di Maio. Era il mio prediletto, la mia guest star».

Che cosa si potrebbe fare per convincere al gran (ri)passo anche gli incerti come Roberto Formigoni e Michele Santoro?

«Forse garantire loro di essere protagonisti delle mie vignette».

Basterà?

«Temo di no, ma potrebbe essere un piccolo incentivo».

Il generale Roberto Vannacci ha scritto anche cose buone?

«Non ho letto il suo libro, ma al di là di quello che ha scritto, se si rimane nella legalità ognuno dev’essere libero di esprimere ciò che pensa. Basta doversi allineare a un unico pensiero».

Se persino Mussolini ha fatto cose buone come si dice ironicamente, anche Vannacci…

«Al di là delle sue esagerazioni, mi disturba che ci sia un controllo delle opinioni per cui si cammina come elefanti in cristalleria. O la pensi come la maggioranza oppure, anche se fai un ragionamento strutturato e senza slogan, ma personale, passi per un estremista e vieni additato. Come sul cambiamento climatico, partono subito le accuse di negazionismo».

Ce la farà Giorgia a ribbartare l’eggemonia de sinistra?

«Non sono per l’egemonia né di sinistra né di destra, ma per l’integrazione e il dialogo. Se è vero che, in passato, in tanti ambiti è stata di sinistra, sarebbe un bene se si riequilibrasse un po’, portando competenze di segno diverso. Non è solo una questione di numeri, come se fossero quote rosa, posti assegnati per rappresentanza, ma di contenuti».

Intanto con Lorella Cuccarini co-conduttrice la destra si è già presa mezzo Festival di Sanremo.

«Beh sì… Ma poi chi la conosce ’sta Cuccarini? Vedrà che sarà un’amica della Meloni».

Dopo la Schlein, al Nazareno vede meglio Maurizio Landini, Filippo Gentiloni o Dario Franceschini?

«Stimo personalmente Gentiloni che, per altro, apprezzava la mia satira senza offendersi. Ma penso anche al beneficio politico del Pd perché lo ritengo una persona per bene».

E il fatto che le darebbe molte soddisfazioni non guasta…

«Me ne ha già date tante, è stato il mio primo amore vignettistico».

 

 

La Verità, 2 dicembre 2023